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Un anno di Sardine, parla il capo ufficio stampa del movimento: «Che lo vogliate o no, ci rivedrete presto»

15 Novembre 2020 - 13:09 Felice Florio
La Sardina Adriano Dossi ha coperto più ruoli dal 14 novembre a oggi. Adesso che il movimento si è strutturato, trovando la sua vera dimensione, assicura: «Non diventeremo mai un partito»

Possono stare simpatiche o meno, ma alle 6000 Sardine che il 14 novembre 2019 si riunirono, spontaneamente, in piazza Maggiore a Bologna, va riconosciuto il merito di aver avuto un peso importante per l’elezione di Stefano Bonaccini, il 27 gennaio scorso, a presidente dell’Emilia-Romagna. Mattia Santori e gli altri tre fondatori misero in moto una macchina in grado di riempire le piazze che nemmeno il Partito democratico, nella regione più rossa di Italia, riusciva ad affollare.

Quell’entusiasmo, nel giro di un mese, divenne di portata nazionale, con le Sardine riconosciute da tv e giornali come nuovi stakeholder dell’area politica di centrosinistra. Poi, a causa della pandemia di Coronavirus e del declino del consenso di Matteo Salvini, del quale erano diventate il principale contraltare, il mare di partecipazione ha iniziato a evaporare. Scissioni e gaffe hanno minato la tenuta del movimento.

Fino ad oggi: per molti, quel mare è diventato un rigagnolo senza capacità di incidere nel panorama della società italiana. Per altri, da entità politica, le Sardine si sono trasformate in una sorta di laboratorio culturale, una scuola di formazione. Il capo ufficio stampa del movimento, Adriano Dossi, ha coperto dal primo momento svariati ruoli: guardia del corpo di Santori, mattatore della ressa di giornalisti nelle piazze, digital strategist, capo della comunicazione. Oggi, è l’addetto stampa delle Sardine e, nella sua prima intervista, parla del passato e del futuro del movimento, a un anno dalla sua nascita.

Le Sardine compiono un anno dalla loro nascita. L’idea iniziale, che vedeva nella neonata associazione un riferimento politico antagonista ai partiti di centrodestra, è cambiata: adesso siete più simili a un laboratorio culturale, una scuola di formazione. Concordi?

«“L’idea iniziale”, la matrice del nostro essere “Sardine” non è di essere antagonista a qualcuno o a qualcosa. Noi siamo nati per affermare con forza e con gioia determinati valori e un certo modo di fare politica. Non a caso, dalla piazza di Bologna al Tour in giro per tutta l’Italia abbiamo utilizzato lo slogan “-Selfie +Politica”. Le Sardine hanno saputo tradurre quel grido che già da tempo risuonava dentro le persone. Per far politica servono cultura e formazione e, fortunatamente, queste parole non si esauriscono dentro i confini dei partiti».

Sembra esserci più ritrosia all’agone politico, avete cambiato atteggiamento nei confronti delle campagne elettorali?

«Le ultime campagne elettorali le abbiamo vissute al 100%. I cinque eventi in una settimana organizzati in Toscana, oppure le piazze di Bari e dell’intera Puglia, il tour che ci ha visto protagonisti con 30 ragazzi e ragazze per 1.300 km totalmente autofinanziato ne sono la prova concreta. Forse quello che vi stranisce è che non vedete le Sardine appoggiare un nome o un simbolo ma bensì un’ideale».

Sono due gli elementi di contesto che hanno imposto un cambiamento all’azione delle Sardine: il primo, è la pandemia. Vi ha danneggiati nella vostra dimensione nazionalpopolare?

«Chi non è stato danneggiato dalla pandemia? Un anno fa abbiamo radunato circa un milione e mezzo di persone nelle piazze. Ovviamente questa pandemia ci ha rallentati nella nostra espressione fisica, ma oggi possiamo osservare tutte le crepe che questa difficile situazione sta provocando, dalle relazioni umane, alle tante difficoltà di imprenditori, commercianti, artigiani, artisti, studenti e studentesse che stanno vivendo con fatica uno degli step fondamentali della loro vita: la formazione».

Il secondo elemento è il declino del consenso di Matteo Salvini: si è esaurita insieme a lui la vostra forza di contrasto?

«Mi fa sempre sorridere quando leggo articoli o riflessioni dove ci chiedono: ma che fine avete fatto? Ora che Salvini non è più il protagonista mediatico voi a cosa servite? Parliamoci chiaramente: l’onda mediatica che ha travolto le Sardine in Emilia Romagna è servita a tutti. Anche se l’essenza delle Sardine non è essere contro Salvini, ma contro quella politica prettamente populista che punta alla pancia del paese e non alla sua testa, che vive della voracità delle notizie, che premia colui o colei che è più veloce mediaticamente e non chi è più competente. Le Sardine e Matteo Salvini sono due universi opposti».

Le Sardine, benché animate dallo sforzo di riportare le persone in piazza, dopo le elezioni del 27 gennaio 2020 in Emilia-Romagna hanno visto concentrarsi nel web la loro potenza di fuoco. Era previsto?

«Non essere consapevoli della potenza del web, nel 2020, significa non essere propriamente con i piedi per terra. Le sardine non sono nate un anno fa come progetto da laboratorio dove si sono previsti tutti i possibili scenari e dove ogni singolo passo è stato calcolato. La genuinità della nascita di questo movimento ne è l’essenza. Spontaneamente le persone sono scese in piazza e spontaneamente hanno iniziato ad aprire in ogni città, paesino e borgo una pagina Facebook o Instagram raccogliendo più di un milione e mezzo di persone. Per rispondere alla tua domanda, non era voluto ma era previsto».

Ci sono stati momenti delicati per la tenuta del movimento: le prime scissioni, l’allontanamento di alcuni referenti che cercavano troppi personalismi, alcuni errori comunicativi come la fotografia con Benetton. Tornando indietro, cosa non rifareste?

«Gli errori ci sono stati e abbiamo imparato sulla nostra pelle. Ma saremo sempre contro l’individualismo di alcune persone che sfruttano le Sardine per una propria carriera. Personalmente, ho avuto notti insonni a causa di questi errori ma in un movimento così ampio e versatile ci sta anche il dissenso. L’importante è saper affrontare le difficoltà, farlo con competenza e passione».

Siete finiti in un cono d’ombra nel dibattito pubblico, per responsabilità non solo vostre ovviamente: ciò implicherà un cambio di strategia o, semplicemente, l’accettazione di un ridimensionamento inevitabile?

«È cambiata la strategia perché, ad oggi, non siamo più l’oggetto di un ping pong mediatico che utilizzava le Sardine per un punto in più di share o per entrare nel dibattito mediatico. Ci siamo strutturati all’interno per valorizzare le tantissime persone che collaborano con noi, per raccogliere i numerosi stimoli che arrivano dalla nostra community online. Quindi che si voglia o no, ci rivedrete».

Le istanze iniziali sono state superate da altre urgenze nel corso di quest’anno?

«È logico che le istanze bisognava calarle nella realtà profondamente modificata a causa della pandemia. Ma la nostra battaglia su una moderazione del linguaggio, sui temi e su come alcuni soggetti utilizzano il web continua. Ancora, la proposta di Gino Strada come commissario della Sanità calabrese avanzata da Jasmine Cristallo già a marzo, la battaglia con lavoratori e lavoratrici della Whirlpool di Napoli, le istanze che stiamo portando avanti con il Movimento nazionale docenti specializzati e specializzandi sul sostegno. Ecco, forse alcune cose non fanno troppo rumore, ma noi continuiamo ad impegnarci».

Ci sono domande ancora inevase sulle Sardine. Diventerete mai un partito? Ci sarà una sorta di segreteria che coordinerà, a livello nazionale, il movimento, con l’elezione di un direttivo?

«Un direttivo le Sardine lo hanno: ci riuniamo ogni settimana, in questo periodo a distanza, incontriamo anche tutti gli attivisti presenti nelle varie regioni, province e città e, a breve, inizieremo anche il tesseramento all’associazione 6000 Sardine. Per quanto riguarda l’ipotesi del partito, le Sardine sono Piazze, Persone, Politica e Parole, da un anno stiamo continuando a coltivare dei legami di affinità politica, ma diventare un partito non è il nostro obiettivo».

A livello di rapporti con la politica tradizionale, quali sono le forze politiche a cui fate riferimento? Sostenete il governo Conte II?

«Non si può sostenere un governo a prescindere da quello che propone e fa. Lo abbiamo sostenuto e continueremo a farlo sulle istanze che rispecchiano le nostre istanze, ma su temi come le politiche del Mediterraneo e tutto quello che sta accadendo al largo delle nostre coste, gli ostacoli alle nostre Ong, i 18 pescatori di Mazzara del Vallo detenuti in Libia e i loro parenti, madri, padri, figli e mogli fuori da Montecitorio a dormire per terra, su questo non possiamo restare in silenzio».

Le Sardine sono Mattia Santori o potrebbero esistere anche senza di lui?

«Di Mattia, Giulia, Andrea e Roberto, i quattro matti che hanno dato il via a tutto questo, sicuramente Mattia è quello più carismatico, che prende la situazione in mano, che sa far gruppo, che con poche parole ti fa appassionare e ti coinvolge, ma si è preso sulle spalle oneri e onori. Tutti siamo fondamentali per mantenere saldo e forte questo movimento. Lorenzo, Juri, Micol, Martina, Joy, Giulia, Andrea, e potrei andare avanti per almeno tre pagine. Nessuna di queste persone è secondaria».

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