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Usa 2020, ora anche il sito usato dai trumpiani per contestare la vittoria di Biden dà ragione al presidente eletto

15 Novembre 2020 - 10:34 David Puente
I repubblicani contavano su Real clear politics per sostenere che le elezioni non erano affatto concluse, ma a distanza di pochi giorni ricevono un duro colpo. Quanto pesano i media nello spoglio elettorale?

Joe Biden vince anche in Georgia e sale a quota 306 grandi elettori contro i 232 di Donald Trump, il quale aveva battuto nel 2016 Hillary Clinton 304 a 227. Il 10 novembre 2020, in piena propaganda a sostegno della teoria dei brogli elettorali, l’avvocato Rudy Giuliani aveva pubblicato un tweet in cui sosteneva che il sito Real Clear Politics avesse tolto a Biden la vittoria in Pennsylvania, portando agli onori della cronaca un sito ritenuto dai pro Trump come attendibile. La sua era una notizia falsa e oggi quel sito segna 306.

Il tweet con bufala dell’avvocato Giuliani

Stesso discorso per la CNN, anch’essa abusata dai pro Trump per sostenere che avessero tolto la vittoria di Biden in Arizona. Anche questa, alla fine, è stata assegnata al democratico toccando, insieme alla Georgia, quota 306.

Il sito Real Clear Politics segna, il 14 novembre 2020, i 306 grandi elettori a Biden.

C’è ancora chi non ha segnato Biden vincente in Georgia, come Fox News e Associated Press che furono le prime a dare a Biden la vittoria in Arizona dichiarandolo Presidente eletto, destando le critiche dei pro Trump soprattutto contro il «fuoco amico» di Fox che successivamente aveva interrotto la trasmissione dell’intervento di Kayleigh McEnany per «fake news» elettorali. Persino The Donald aveva contestato gli ex alleati di Fox News in un tweet del 12 novembre: «La più grande differenza tra le elezioni del 2016 e del 2020 è stata Fox News».

In molti si pongono la domanda sul perché i media assegnino la vittoria di un candidato Presidente nei vari Stati americani. Non è propriamente così! Ogni Stato gestisce le elezioni autonomamente nel proprio territorio e non risulta esserci un organo unico federale che fornisca i dati in tempo reale come siamo abituati in Italia con il Ministero dell’Interno. Dal 1848 Associated Press annuncia il vincitore delle elezioni, il tutto raccogliendo e sommando i voti forniti dai funzionali elettorali di ogni Stato. Da allora il ruolo delle testate giornalistiche è stato quello di riportare matematicamente i dati forniti seggio per seggio.

Fox News non ha ancora segnato la Georgia a Biden, ma aveva già proclamato vincitore Biden ben prima di Real Clear Politics e CNN.

La matematica era stata usata da Associated Press per il voto in Arizona, assegnandolo a Biden proprio in virtù che a conti fatti non c’erano margini di recupero da parte di Trump. Un duro colpo, soprattutto perché Biden risulta essere il secondo candidato Presidente democratico a vincere nella roccaforte repubblicana negli ultimi settant’anni.

La conferma è arrivata il 12 novembre quando, ormai a giochi fatti per Biden, i funzionari statali hanno decretato la vittoria in Arizona escludendo presunti brogli elettorali. Risulta strano come in tre contee dello Stato americano i repubblicani non abbiano designato i loro osservatori ai seggi, una grave mancanza soprattutto di fronte alle successive denunce di Trump in cui vuol far credere che sia stato loro negato l’accesso.

Perché Fox News e Associated Press non assegnano ancora la Georgia? Biden ha vinto con uno scarto dello 0,3% dei voti e al momento il conteggio a mano dei voti, iniziato venerdì 13 novembre, risulta essere quello più lungo e costoso nella storia americana secondo quanto riportato dal Washington Post. Uno piccolo scarto che pesa in uno Stato storicamente repubblicano, nonostante ad oggi non risulti determinante. Forse è bene attendere la fine della verifica manuale che per assurdo Donald Trump ha definito in un tweet «una perdita di tempo» (il supervisore dell’apparato elettorale in Georgia è il Segretario di Stato repubblicano Brad Raffensperger).

Sembra che agli americani piaccia complicarsi la vita. La certificazione ufficiale dovrà avvenire entro l’8 dicembre, data in cui il Congresso non potrà più contestarne il risultato (salvo sorprese legali). Quella dei media è un annuncio del vincitore, ma l’elezione effettiva si concretizzerà a gennaio quando il Congresso eleggerà il Presidente, un po’ come il voto di fiducia di Governo che diamo in Italia attraverso le due camere. Il 20 gennaio, sempre se tutto procederà senza intoppi, Joe Biden giurerà in Campidoglio.

Così come avviene dalle nostre parti, risulta difficile che i neo eletti votino contro la propria coalizione, ed è raro e controproducente che negli Stati Uniti un grande elettore voti contro il candidato Presidente eletto che ha appoggiato durante le elezioni. Chi non rispetta questa prassi viene etichettato come «infedele», come è successo nelle precedenti elezioni a due elettori repubblicani texani che dovevano votare per Trump.

Vittoria all’ultimo voto?

Si pensava a una corsa all’ultima scheda, in un certo senso lo è stato. Rispetto alle elezioni passate ci son volute diverse giornate per individuare un vincitore, iniziando dalle prime assegnazioni del 3 novembre fino a quella della Pennsylvania il 7 novembre (qui la cronologia di Associated Press). Oggi le azioni legali intraprese da Trump potrebbero scombussolare tutto, ma il piano risulta di difficile riuscita visto la mancanza di prove a sostegno dei brogli da lui più volte denunciati. E’ la conclusione fornita a The Atlantic da Rick Hasen, professore di diritto presso l’Università della California-Irvine, riguardo la possibilità di un ribaltone: «Trump needs three consecutive Hail Mary passes» (il lancio della disperazione, lunghissimo e raramente fortunato, famoso nel football americano).

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