Il vademecum su come curare a casa i pazienti Covid in Lombardia c’è già: le regole per i medici su diagnosi e farmaci – Il protocollo
Mentre il governo discute ancora sulla bozza di un protocollo guida per curare a casa gli infetti con sintomi lievi da Coronavirus, in Lombardia è stato stilato un vademecum per provare a mettere ordine. Si tratta di un documento messo a punto dalla Federazione regionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri della Lombardia che, di fatto, spiega ai medici di famiglia come comportarsi nel caso di trattamento domiciliare dei pazienti sintomatici. Dalla classificazione dei pazienti Covid ai farmaci da utilizzare fino all’importanza della vaccinazione antinfluenzale e antipneumococcica. A coordinare il gruppo di lavoro è stato il presidente dell’Ordine dei medici di Varese, Marco Cambielli.
Il protocollo in Lombardia
Classificazione dei pazienti
Il protocollo anzitutto fa una classificazione dei pazienti con infezione da Covid:
- Caso accertato: si tratta di pazienti con tampone nasofaringeo molecolare o antigenico positivo;
- Caso sospetto: è il caso di soggetti con sintomatologia compatibile con infezione da SARS-CoV-2 e con un esito del tampone non ancora effettuato o di soggetti con esito tampone nasofaringeo (con test molecolare e/o antigenico) negativo ma con elevata probabilità pre-test di infezione, cioè contatto di soggetto con infezione accertata da SARS-CoV-2.
I farmaci da usare
Nel documento si legge che:
- «è fondamentale il raggiungimento di una diagnosi definitiva nel minor tempo possibile». Insomma, senza perdere tempo è consigliato l’utilizzo del metodo diagnostico che fornisca «un risultato attendibile nel minor tempo possibile»;
- nel caso di paziente con elevato sospetto clinico e con un tampone antigenico rapido negativo, bisogna «eseguire subito un tampone molecolare»;
- in caso di paziente con sintomatologia persistente o valutato a elevata probabilità di progressione clinica, come i pazienti di età superiore ai 50 anni, malattie croniche o immunosoppressive, «deve scattare il monitoraggio quotidiano della saturimetria percutanea ove disponibile».
Nel caso di trattamento a domicilio è consigliato:
- «l’uso del paracetamolo nel trattamento della febbre, abbondante idratazione per via orale se non controindicata e sedativi per la tosse al bisogno»;
- viene ricordata, inoltre, l’importanza di una corretta alimentazione.
«Al momento – si legge sul protocollo – nessun trattamento ha dimostrato un chiaro beneficio in pazienti la cui severità imponga l’ospedalizzazione. Vi sono in ogni caso alcune terapie che sono controindicate poiché non hanno dimostrato nessun tipo di efficacia in nessun setting (né ospedaliero né territoriale) ed espongono il paziente a potenziali rischi ingiustificati se somministrate senza adeguato monitoraggio: tra questi sono da citare l’antiretrovirale lopinavir/ritonavir, l’antibiotico azitromicina ( a esclusione dei casi di sospetta infezione batterica) e l’antimicrobico/immunomodulante idrossiclorochina».
La vaccinazione antinfluenzale e antipneumococcica
Infine viene ricordata l’importanza della vaccinazione antinfluenzale e antipneumococcica. La vaccinazione antinfluenzale, infatti, ha dimostrato «la riduzione delle mortalità e delle ospedalizzazioni nei soggetti di età superiore ai 65 anni». Vaccinazione che, dunque, resta fortemente consigliata per le categorie a rischio o per i pazienti con età superiore ai 60 anni. Determinante, nella redazione del documento, la partecipazione della Clinica di Malattie Infettive –Dipartimento di Scienze Biomediche e Cliniche Sacco – Università degli Studi di Milano, diretto dal prof. Massimo Galli.
Foto in copertina di repertorio: ANSA/ANDREA FASANI
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