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Coronavirus. Il «modello svedese» e gli inutili confronti con l’Italia

16 Novembre 2020 - 15:36 David Puente
«Andrà peggio». Non è ottimista il Primo Ministro svedese annunciando dei nuovi divieti per fermare la diffusione del virus

Possiamo dire che il «modello svedese» sia il migliore o fallimentare? Questa era la domanda che ci siamo posti già a maggio, soprattutto a seguito di un aumento del tasso di mortalità riscontrato durante la prima ondata della Covid19. La risposta? In quel periodo non era possibile dirlo, oggi possiamo fare delle stime anche se bisognerà attendere la fine della pandemia per valutare tutte le misure attuate dai vari Paesi colpiti, ma non è una cosa affatto facile perché in gioco ci sono molteplici variabili.

Siamo arrivati a novembre, è passato molto tempo e ora dobbiamo occuparci – purtroppo – della seconda ondata. In questo articolo terremo in considerazione i diversi aspetti, dalle misure attuate in Svezia alle falle del suo «modello», soprattutto considerando la situazione attuale, come il numero dei test e il cattivo confronto effettuato da chi vuole sostenere che l’Italia avrebbe fatto bene ad applicare le stesse strategie.

Le misure svedesi

Il «modello svedese» viene rilanciato soprattutto da coloro che si dichiarano contrari al lockdown e all’utilizzo delle mascherine, con relativi bias di conferma dettati da bufale scientifiche diffuse durante il 2020. In che cosa consiste? Potremmo parlare di un rapporto di fiducia tra Stato e cittadini, dove questi ultimi vengono responsabilizzati a seguire delle linee guida e non un lockdown deciso dall’alto. Ecco le principali linee guida, definite «raccomandazioni», pubblicate ad aprile dal Governo svedese:

  • fare attenzione con l’igiene personale, soprattutto delle mani;
  • mantenere le distanze tra le persone;
  • evitare eventi con più di 50 persone;
  • stare a casa quando si è malati;
  • evitare viaggi lunghi;
  • evitare le visite nelle case di cura per gli anziani;

Il Governo svedese ritenne come non efficace la chiusura delle scuole per gli studenti sotto i 16 anni, preferendo tenerle aperte come bar, ristoranti e altri servizi commerciali. L’importante, insomma, era stare attenti e investendo i cittadini ad essere il più responsabili possibile anche senza l’uso delle mascherine.

Questa scelta viene preferita da coloro che non accettano le misure di contenimento attuate in altri paesi, come l’Italia, sostenendo che i Governi non si fidino dei propri cittadini. Sono considerazioni superficiali perché vengono ignorate le molteplici variabili che dimostrano come ogni Paese possiede caratteristiche diverse come, ad esempio, la densità di popolazione.

Il rischio endemico

Una delle teorie privilegiate è quella della ricerca dell’immunità di gregge attraverso la libera circolazione del virus, ma questo metodo è quello tipicamente spalleggiato dai NoVax con i cosiddetti «Morbillo Party» con la pretesa che i propri bambini sviluppino gli anticorpi in maniera naturale. Di fatto, però, mettono a rischio la salute dei piccoli e nel caso del nuovo Coronavirus c’è un pericolo reale che si sta cercando in tutti i modi di evitare: l’endemia, di cui abbiamo parlato in un precedente articolo.

Se vi siete abituati a sentir parlare e a temere parole come epidemia e pandemia, l’endemia è la peggiore. Il virus endemico è un patogeno come quelli influenzali o il Coronavirus HCoV-OC43, responsabile del comune raffreddore. La Covid19, sviluppata dal Sars-Cov-2, non è una comune influenza e non è un comune raffreddore, colpisce in maniera brutale e senza pietà lasciando tracce dannose in organi come cuore e polmoni anche nelle persone asintomatiche.

In questo 2020 abbiamo visto schizzare il numero di morti con l’arrivo di questo nuovo patogeno, renderlo endemico come i comuni Coronavirus umani vuol dire che per anni dovremmo far fronte non solo a decessi che si potrebbero evitare: c’è anche l’aspetto economico e sanitario, dove le spese ospedaliere e la necessità di nuovo personale – carente in Italia – graverebbero nelle casse dello Stato che gradualmente sarà costretto a riequilibrare un sistema sanitario al fine di garantire le cure a tutti, anche dei pazienti non Covid19 colpiti anch’essi dalla diffusione del virus.

Il vaccino, o i vaccini se saremo fortunati, non basterà per fermare il virus. Per questo l’immunità di gregge pretesa dal Governo svedese risulta sconsigliabile. Non solo, rischia di essere insensato anche per un altro motivo: non è stato dimostrato che l’immunità anticorpale duri abbastanza per evitare un secondo contagio.

La fallace svedese

Chi sostiene che il sistema adottato venga dimostrato dal numero dei contagiati minore rispetto agli altri Paesi non considera un elemento che rende fallace tale narrativa: il numero dei test.

Non fatevi ingannare dal grafico sopra riportato, la Svezia non ha fatto molti test rispetto ad altri paesi vicini e in qualche modo simili come la Norvegia e la Finlandia, ma che hanno adottato misure più restrittive.

Test giornalieri ogni mille persone. Dall’alto: Finlandia, Norvegia e Svezia.

Per comprendere un altro elemento dobbiamo fare un confronto con la Danimarca, che in fatto di test ha fatto quasi cinque volte tanto la Svezia:

Se da una parte i test erano pochi rispetto a Norvegia, Finlandia e soprattutto della Danimarca, ecco il grafico che mostra i nuovi casi giornalieri confermati dove la Svezia oggi registra un aumento vertiginoso:

Non è chiaro, dunque, quanto si sia propagato il virus nel territorio svedese, molti potrebbero essere gli asintomatici contagiosi non riscontrati che dimostrerebbero l’inefficacia del contenimento del virus attraverso le strategie adottate. C’è, inoltre, un dato che potrebbe confermare la presenza massiccia del virus è il risultato dei test PCR effettuati sulle acque reflue (di scarico) campionate da aprile ad oggi. Ecco, ad esempio, il grafico che raffigura la presenza del virus nelle acque reflue di Stoccolma tra metà aprile e fine settembre 2020 dove si registrano i picchi, ma in particolare l’aumento del rilevamento a partire da fine agosto.

Quello che dobbiamo considerare adesso è un altra variabile, ossia quella relativa ai decessi.

Il dato dei decessi

L’obiettivo principale del contenimento del virus è ridurre il più possibile il numero delle vittime. La Svezia non se l’è cavata bene, come abbiamo riportato nel nostro articolo di maggio riportando il seguente grafico sui totali decessi confermati, il tutto attraverso un confronto con Paesi come la Norvegia, la Danimarca e altri simili in fatto di numero di abitanti come l’Ungheria:

Veniamo ora al numero dei morti totali confermati da inizio 2020 ad oggi per vedere cosa è cambiato rispetto a maggio, tenendo conto degli stessi Paesi presenti nel grafico sopra riportato:

Dal grafico notiamo che Danimarca, Norvegia e Finlandia hanno tenuto, mentre la Svezia è schizzata. In aumento l’Ungheria, ma peggio ancora l’Ucraina e la Rep. Ceca che nel tempo hanno superato i casi svedesi. Ogni Paese ha applicato misure diverse, più o meno dure, ma a queste vengono aggiunti altri fattori che ne determinano il risultato.

Il confronto dei morti totali tra Svezia e i suoi vicini di casa Danimarca, Norvegia e Finlandia.

Veniamo al numero dei decessi giornalieri confermati da inizio 2020 ad oggi, dove il dato non è affatto confortante effettuando ancora gli stessi confronti con i Paesi vicini.

Il punto dolente: gli anziani

Tra le raccomandazioni del Governo svedese c’era quella di evitare i luoghi di residenza degli anziani, isolandoli di fatto da una vita sociale rispetto ad altre fasce di età «privilegiate». Il modello svedese, in questo caso, si è rivelato errato perché non si è affatto protetto gli anziani. In un articolo di Science, pubblicato il 6 ottobre 2020, viene confermato l’impatto sulla popolazione in termini di positivi e decessi, ma soprattutto è lo stesso Governo ad aver ammesso di non aver protetto affatto gli anziani.

La corsa ai ripari

Anders Tegnell, l’epidemiologo a la Svezia fa riferimento, non credeva a una seconda ondata. In data 9 novembre 2020, secondo quanto riportato in un articolo di Svt.se, c’è stato un aumento del 60% dei pazienti Covid19 ospedalizzati rispetto alla settimana precedente, toccando quota 1004, una situazione definita grave da Bjorn Eriksson, direttore dei servizi sanitari di Stoccolma. Anche Tegnell, di fronte ai numeri, conferma l’aumento dei casi piuttosto elevato e si registra che il 13 novembre 2020 sono state intraprese raccomandazioni (non obblighi) più stringenti in alcune regioni svedesi:

  • evitare (se possibile) assembramenti ed eventi, come feste e occasioni simili, soprattutto attività che non possono essere svolte senza distanza fisica dagli altri;
  • astenersi da concerti, spettacoli, eventi sportivi o competizioni sportive;
  • astenersi da luoghi come negozi, centri commerciali, musei, biblioteche, piscine, palestre, ad eccezione di negozi alimentari e farmacie per ovvie ragioni;

Misure stringenti anche per i luoghi di lavoro, mentre nelle regioni come Dalarna, Varmland e Vastmandland i cittadini vengono invitati a evitare lunghi viaggi per evitare che il virus si diffonda altrove avviando nuovi focolai. Non a caso il 16 novembre si è annunciato un’ulteriore intenzione a fare maggiore attenzione, così come la possibilità che tali misure possano essere prorogate anche oltre il 13 dicembre.

Non è finita perché oggi, lunedì 16 novembre 2020, il Governo svedese ha deciso di vietare gli eventi pubblici con più di otto persone. «Andrà peggio. Fate il vostro dovere e assumetevi la responsabilità di fermare la diffusione dell’infezione. Lo ripeto. Andrà peggio. Fate il vostro dovere e assumetevi la responsabilità di fermare la diffusione dell’infezione» ha dichiarato il Primo Ministro Stefan Lofven durante la conferenza stampa. Non si parla ancora di lockdown, nazionali o locali, ma queste misure fanno comprendere che prendono sul serio l’aumento dei casi per evitare un ritorno al passato dove la situazione era ancora più grave.

Bias di conferma

Capita spesso che vengano diffuse immagini per sostenere che in Svezia ci sia una sorta di tranquillità. Anche in Italia ci sono episodi dove alcuni cittadini non rispettano le norme di contenimento del virus, ma questo si scontra con la realtà dei numeri.

La diretta Facebook da Stoccolma di Riccardo Palleschi, sottoposto a verifica da Facta.

Il 26 ottobre un cittadino italiano, di nome Riccardo Palleschi, aveva diffuso un video in diretta in cui sosteneva che in Svezia «non sanno nemmeno cos’è il Covid, altro che tutte le cazzate che raccontano in Italia» e che in tutto il Paese ci sono zero decessi dovuti alla Covid19. Purtroppo, come fanno notare anche i colleghi di Facta, che si sono occupati del caso, la Svezia sia la dodicesima nazione al mondo per decessi da Covid ogni 100 mila abitanti.

La video intervista di Palleschi a Martina D’Orazio, pubblicata da SocialTV il 7 novembre.

A inizio novembre è comparso l’intervento della psichiatra Martina D’Orazio, residente in Svezia e intervistata da Riccardo Palleschi per la pagina Facebook «Italiani nel mondo» che lui stesso gestisce. L’obiettivo di questi video è quello di confrontare il paese scandinavo con l’Italia, ma c’è il solito problema in cui non vengono affatto considerate tutta una serie di variabili – dalla densità di popolazione, al numero dei test effettuati e via dicendo – anziché effettuare un confronto con i paesi più simili e vicini che rispetto alla stessa Svezia stanno decisamente meglio a livello sanitario.

La trasmissione del 12 novembre di Radio Radio con i grafici aggiornati al 2 novembre in cui si pretende di fare un confronto tra Italia e Svezia.

A seguito della video intervista, la psichiatra interviene durante una trasmissione di Radio Radio, andata in onda il 12 novembre, dove vengono mostrati dei grafici in cui si pretende, ancora una volta, di confrontare la realtà italiana con quella svedese. C’è un problema, perché i grafici si fermano al 2 novembre quando il giorno della trasmissione, che ripetiamo essere il 12, la situazione era peggiorata (fatto confermato nello stesso periodo con le nuove disposizioni del Governo svedese).

La trasmissione del 12 novembre di Radio Radio con i grafici aggiornati al 2 novembre.

Conclusioni

Visto quanto accaduto da maggio ad oggi, il «modello svedese» risulta lontano dal definirsi efficace dal punto di vista sanitario. La situazione attuale non è grave come durante la precedente ondata, ma il Governo è consapevole che non va affatto bene e che potrebbe peggiorare. Risulta scorretto effettuare un confronto tra la situazione svedese e quella di paesi come l’Italia, la Germania, la Francia e gli Stati Uniti per sostenere che la situazione nel paese scandinavo sia migliore e il metodo adottato più convincente.

Ciò che risulta certo è che ognuno di noi ha la propria responsabilità nella lotta contro il virus e la sua diffusione, che non dobbiamo adagiare di fronte ai primi dati confortanti e attendere il vaccino, o meglio ancora i vaccini, nella speranza che non si passi da una situazione di pandemia a endemia.

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