La versione di Arcuri: «Nessuna pressione sulle terapie intensive». Ma 11 Regioni sono oltre la soglia critica di saturazione
Non c’è alcuna pressione sui reparti di terapia intensiva. Parola di Domenico Arcuri: «In Germania a marzo c’erano 30 mila posti di terapia intensiva, sei volte di più che in Italia, dove erano 5 mila; al picco abbiamo avuto nel nostro Paese circa 7 mila pazienti in rianimazione, duemila di più della totale capienza dei reparti. Oggi abbiamo circa 10 mila posti di terapia intensiva e arriveremo a 11.300 nel prossimo mese. Attualmente ci sono circa 3.300 ricoverati in terapia intensiva». Per il commissario all’emergenza Covid – che è intervenuto alla conferenza Finanza e sistema Paese un anno dopo della Digital Finance Community Week -, quindi, «la pressione su questi reparti non c’è».
Se è vero che rispetto a marzo la situazione è meno allarmante, le parole di Arcuri stridono tuttavia con i dati che arrivano da alcune Regioni: ben 10 di queste, oltre alla Provincia autonoma di Bolzano, sono al momento sopra la soglia critica di saturazione (fissata al 30% del posti letto occupati), come evidenzia l’ultimo rapporto (aggiornato al 13 novembre) dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) che dipende dal ministero della Salute. La situazione più preoccupante è in Umbria (dove il 54% dei posti letto in terapia intensiva è occupato). Poi la Provincia autonoma di Bolzano (53%); Lombardia (52%); Piemonte (49%); Liguria (47%) e Toscana (45%). Oltre il 30% anche Valle d’Aosta, Marche, Emilia-Romagna, Abruzzo e Puglia.
Siamo il decimo Paese per numero di contagiati
Arcuri ha poi spiegato che «l’Italia è stata l’epicentro europeo della prima ondata, a marzo eravamo il secondo paese del mondo per numero di contagiati, il primo d’Europa a essere colpito e quello che nella prima ondata ha pagato di più i costi dell’epidemia». Insomma, sostiene Arcuri, il miglioramento c’è stato, visto che oggi «siamo il decimo Paese del mondo per numero di contagiati, nonostante la recrudescenza di queste settimane. Da questo confronto abbiamo la cifra di come l’Italia, anzitutto i cittadini, hanno reagito alla pandemia».
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