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Coronavirus, ecco perché l’indice RT da solo non è sufficiente per abbassare la guardia in vista del Natale

17 Novembre 2020 - 15:50 Juanne Pili
Invece di concentrarci su un singolo indice in vista delle festività natalizie, dovremmo impegnarci per salvare tutte le feste future

Come accennavamo nel maggio scorso, riguardo a un presunto peggioramento della pandemia in Umbria, considerare l’indice Rt come unico parametro, per misurare la gravità di una emergenza sanitaria, è del tutto errato. Visto che il tema è tornato recentemente in auge, vale la pena fare un piccolo ripasso. Chiariamo subito che sarebbe meglio concentrarsi piuttosto sul bilancio terapie intensive/morti, come abbiamo fatto nella nostra indagine sui due picchi epidemici in Italia. Il professor Enrico Bucci nell’ultima intervista per Open, ricorda che «la curva dei morti, in linea di principio, ci aiuta a capire un po’ di più cosa sta succedendo. Se comincia a diminuire di velocità potrebbe essere un segnale un po’ più affidabile».

R0, Rt e modello SIR

Indici come R0 e Rt sono molto utili per gli epidemiologi nello studio delle epidemie, nell’ambito del modello SIR, a cui devono attenersi anche le amministrazioni per far fronte all’emergenza sanitaria. Non sono certo inutili, solo che rispondono a domande diverse. Come per tutto il resto, se la domanda è sbagliata, anche la risposta, per quanto precisa e accurata, sarà sbagliata. Non possiamo capire cosa sia l’indice Rt se non chiariamo cos’è R0. Con questo termine si intende il «tasso di riproduzione». Se R0 = 2, allora mediamente una singola persona sarà capace di contagiarne altre due, e così via, con un andamento esponenziale. Ed è il problema in cui ci troviamo oggi. In una epidemia avremo quindi persone suscettibili di venire contagiate; infetti che a loro volta possono contagiare altre persone; rimossi o guariti.

Questi sono i parametri del modello SIR (Suscettibili, Infetti, Rimossi). Sulla base di tali valori è possibile costruire modelli volti a fornire delle proiezioni sull’andamento di una epidemia, in modo da studiare strategie per contenerla, come in questo caso il distanziamento sociale. Attenzione: come abbiamo imparato nell’affrontare le questioni riguardanti il Cambiamento climatico, proiezione non significa previsione. La proiezione mi dice che, se un certo numero di fattori noti resteranno invariati, allora avrò probabilmente un certo risultato. Se in ragione di questo ci adoperiamo a cambiare i fattori noti, otterremo risultati diversi; oppure potrebbero incorrere altri fenomeni prima ignoti, eccetera.

La madre di allarmismi e ottimismi infondati

Quindi, quando entrano in gioco le misure di distanziamento sociale, occorre considerare l’indice Rt, ovvero l’indice di trasmissione, che ci dà informazioni su quanto sia diminuita o aumentata mediamente, la probabilità di un infetto di contagiarne altri in un certo numero. Per esempio, agli inizi di maggio Rt in Umbria era pari a 0,19 (una persona mediamente aveva scarse possibilità di contagiarne anche solo un’altra); a metà mese era salito già a oltre 1 (la probabilità era mediamente aumentata). L’errore di fondo – nel caso dell’Umbria come in altri – sta nell’usare questo indice per dedurre il numero effettivo di contagi, ricoverati in terapia intensiva e vittime.

Così al massimo creiamo solo allarmismo e sfiducia ingiustificata, verso dei provvedimenti che magari stanno invece funzionando, o viceversa, delle false speranze, abbassando precipitosamente la guardia. Più precisamente, Rt considera generalmente a livello probabilistico, il numero di contagi derivati da un singolo infetto, durante tutto il periodo in cui risulterà contagioso. Matematici e statistici sanno, che questo permette a piccole fluttuazioni nel conteggio dei positivi (dovute magari a un aumento dei tamponi eseguiti) di far impennare Rt, anche se la situazione complessiva è sotto controllo, oppure l’esatto contrario.

Quel che conta – e che se ignorato genera i falsi miti, per esempio riguardo al modello svedese – è che a noi preoccupa tenere la curva dei casi gravi, sotto il livello di capienza massima delle terapie intensive negli ospedali. Per questo non possiamo comparare popolazioni diverse. I relativi metodi adottati devono essere valutati conoscendone bene il contesto, che non può essere rappresentato meramente da Rt.

Indice Rt «rallentato» per salvare il Natale?

Secondo quanto riportato in diverse testate, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte auspicherebbe di ridurre Rt sotto 1, salvando così il nostro Natale. Ma, come dovrebbe essere ormai chiaro, forse è più credibile considerare la reale esistenza di Babbo Natale, piuttosto che affidarci solamente a un indice per evitare ulteriori coprifuoco. L’assessore al Welfare in Lombardia Giulio Gallera non sembra meno ottimista, annunciando venerdì scorso che «l’indice Rt in Lombardia è rallentato», auspicando ulteriori cali di Rt. 

L’epidemiologo Pier Luigi Lopalco pone invece un freno all’indice di ottimismo che queste dichiarazioni emanano. «Il problema è che, se tutti lo ripetono, la gente alla fine ci crede», glissa il Professore. Quel che forse non risulta ancora chiaro, persino a chi amministra la cosa pubblica, gestendo l’emergenza sanitaria, è che con una pandemia come questa non è pensabile abbassare la guardia, immediatamente dopo aver visto che un singolo indice sembra calare. 

I letti negli ospedali non si moltiplicheranno in ragione di Rt. Il virus non smetterà di essere in grado di diffondersi, attraverso pochi superdiffusori asintomatici, o presintomatici. La Covid-19 continuerà a essere la stessa malattia. Sarebbe forse più lungimirante salvare le future feste natalizie, permettendo ad anziani e pazienti con patologie pregresse, di essere ancora in famiglia e in salute per allora.

Foto di copertina: geralt | Babbo Natale durante la pandemia di Covid-19.

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