Sospetto positivo al Covid? A Milano con 540 euro puoi avere visita e esami a domicilio. Piloni: «Un far west lecito»
«Assistenza e Diagnostica domiciliare per i pazienti Covid». Nella home page del sito dell’ospedale San Raffaele di Milano questo è il secondo banner che appare. Seguito dal un servizio più generico di telemedicina e poi le offerte per il tampone faringeo, il test sierologico e ancora un altro test per il Covid ma questa volta in inglese e in arabo. L’assistenza domiciliare per chi è positivo al Coronavirus si basa su due passaggi: una visita specialisitica in video o al telefono dal costo di 90 euro e un pacchetto di esami da 450 euro. Tra gli esami proposti ci sono un prelievo ematico, una radiografia toracica, la misurazione della saturazione e un consulto medico finale.
Tutto lecito, ovviamente. Ma l’offerta dell’ospedale privato ha sollevato le critiche di Matteo Piloni, consigliere regionale della Lombardia eletto nelle liste del Pd. Su Facebook ha pubblicato uno screenshot con l’offerta del S. Raffaele, commentando: «Sei positivo al Covid e in isolamento? Le Usca non funzionano come dovrebbero? Tranquilli, ci pensa il privato. Il pubblico arranca e il privato ingrassa».
Usca,
medico di base e infermiere di comunità: la strada del pubblico
Il servizio del San Raffaele si rivolge a chi ha già una diagnosi positiva di Coronavirus e si trova in isolamento domiciliare. La strada del pubblico, racconta a Open Piloni, sarebbe comunque accidentata: «Chi non vuole ricorrere al privato, può rivolgersi a tre figure: il medico di base, le Usca e l’infermiere di comunità. Il problema è che Regione Lombardia non ha mai creduto abbastanza in questo tipo di medicina di territorio. Guardiamo le Usca, le unità formate da tre medici create per l’assistenza domiciliare. Dovrebbe essercene una ogni 50 mila abitanti, quindi dovrebbero essere 200 in tutta la regione. Ne contiamo circa 50».
Le
convenzioni tra pubblico e privato
Il sistema sanitario della regione Lombardia si basa anche sulle convenzioni tra sanità pubblica e sanità privata. È di poche ore fa la notizia che il 7 dicembre Fedez e Chiara Ferragni riceveranno l’Ambrogino d’oro, massima onorificenza di Milano, per aver promosso una raccolta fondi da quasi 4,5 milioni di euro per la costruzione di un nuovo reparto di terapia intensiva proprio al S. Raffaele di Milano. Posti che nella fase più acuta dell’epidemia sarebberto stati a disposizione di tutti.
Secondo Piloni però, il problema è che in questa seconda ondata, dove la medicina si è spostata sul territorio e non più solo in ospedale sarebbe necessario cambiare il sistema delle convenzioni sanitarie per permettere di far rientrare anche le visite a domicilio: «Il meccanismo delle convenzioni tra pubblico e privato è basato su un sitema di budget ed è sbilanciato sulle prestazione ospedaliere. Manca totalmente un meccanisimo che regoli le prestazioni domiciliari e ora questo settore è diventato il far west. Lecito, certo. Ma comunque far west».
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