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Cannabis, la sentenza della corte di Giustizia europea che sancisce la libera circolazione del cannabidiolo: «Non è un narcotico»

20 Novembre 2020 - 00:48 Giulia Marchina
La decisione è stata presa dopo aver esaminato un caso francese contro un’azienda ceca che vendeva Cbd estratto dall’intera pianta di cannabis da utilizzare nelle cartucce di sigarette elettroniche

Il cannabidiolo (Cbd) – metabolita della Cannabis con effetti rilassanti – non è un farmaco narcotico. A stabilirlo, la più alta corte dell’Unione europea, la corte di Giustizia. La sentenza mette quindi la parola fine ai tentativi di alcuni paesi Ue che in questi anni hanno cercato di reprimere l’uso del Cbd, sostenendo che fosse dannoso per la salute delle persone. La decisione è stata presa dopo aver esaminato un caso francese contro un’azienda ceca che vendeva Cbd estratto dall’intera pianta di cannabis da utilizzare nelle cartucce di sigarette elettroniche. La Francia consente l’estrazione solo da semi e fibre di cannabis, non dall’intera pianta.

Il tribunale ha spiegato che l’azione legale contro l’azienda ceca altro non è che una restrizione inutile alla libera circolazione delle merci perché la sostanza non rappresenta una minaccia per la salute umana.

Una decisione per vietare la commercializzazione della Cbd, che costituisce effettivamente l’ostacolo più restrittivo al commercio di prodotti legalmente fabbricati e commercializzati in altri Stati membri, può essere adottata solo se tale rischio appare sufficientemente accertato.

Vietare la vendita di prodotti Cbd non rispetta lo «spirito generale» delle convenzioni delle Nazioni Unite, una su tutte proteggere la salute delle persone. Il Cbd, a differenza del Thc psicoattivo, «non sembra avere alcun effetto psicotropo o alcun effetto dannoso sulla salute umana». La Corte ha dunque sottolineato che uno Stato membro non può vietare la commercializzazione del cannabidiolo legalmente prodotto in un altro Stato membro, nel caso in cui sia estratto dalla pianta di Cannabis sativa nella sua interezza e non soltanto dalle sue fibre e dai suoi semi. Un paese può mettere un freno alla libera circolazione delle merci sulla base di «interesse pubblico […] a condizione che tale legislazione sia appropriata […] e non vada al di là di quanto necessario».

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