Coronavirus, la Cina sfrutta lo studio dell’Istituto Tumori di Milano per togliersi le colpe della Pandemia
Lo «studio» dell’Istituto Tumori di Milano sta ottenendo un certo risultato a livello internazionale, ma non in senso positivo. Il britannico The Times pubblica un articolo in cui pare che la Cina incolpi l’Italia per la diffusione del nuovo Coronavirus, ma l’accusa non è così diretta e rivolta a più Paesi. Nonostante il documento italiano non dimostri affatto che il patogeno circolasse in Italia già a settembre del 2019, la diffusione scorretta della «notizia» ha comunque fornito alla Cina il pretesto per deviare nuovamente le accuse sull’origine del virus e tentare di togliersi di dosso le proprie responsabilità sulla Pandemia. Secondo quanto riportato dal South China Morning Post, l’ex capo epidemiologo del CDC cinese ha citato lo «studio» italiano per sostenere l’ipotesi, non provata di fatto dallo stesso documento, che il virus fosse circolato tra gli asintomatici in Italia nel 2019 «rimodellando la storia della Pandemia». Prima di citarlo avrebbe fatto bene a leggerlo attentamente, scovandone le criticità, consultando precedenti studi simili che a loro volta non provano affatto la presenza del Sars-Cov-2 in luoghi diversi dalla Cina e mesi prima dai fatti di Wuhan.
Siamo consapevoli che il virus sia stato pubblicamente identificato per la prima volta a Wuhan, così come siamo ben consapevoli che le istituzioni cinesi abbiano giocato un ruolo di irresponsabilità, nei confronti dei propri cittadini e del mondo intero, negandone l’esistenza in un primo momento. Si è parlato tanto del mercato di Wuhan come «paziente uno» dell’inizio epidemia in Cina, ma non si può ignorare che al suo interno possano essere giunti prodotti provenienti da altre aree del territorio cinese dove potrebbe essere scovato il «paziente zero». Il Governo di Pechino, nonostante dichiari di voler individuarlo al suo interno, preferisce guardare oltre confine.
Di fronte alle sue colpe, la Cina ha cercato più volte di rifarsi un’immagine anche a colpi di fake, come avvenuto con il video manipolato «Grazie Cina» condiviso su Twitter dalla portavoce del Ministro degli Esteri cinese, Hua Chunying. Un altro funzionario del Ministero degli Esteri cinese, Zhao Lijian, insinuò che gli Stati Uniti potessero aver importato il virus a Wuhan travisando un intervento del direttore del CDC americano, Robert Redfield.
Un altro fronte aperto dalla Cina è quello del cibo surgelato proveniente dall’estero vietandone l’importazione dal Brasile, Ecuador, Indonesia e Russia dopo che alcuni prodotti sono risultati positivi al test PCR. Nonostante il rischio contagio sia basso, questa situazione ha fatto si che gli imballaggi e i trasporti di prodotti surgelati debbano essere disinfettati al fine di ridurre al minimo le possibilità della formazione di nuovi focolai.
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