Il mare, l’amore per Clara, il dolore. La storia di Yvan Molinari: «La mia transizione da donna a uomo bloccata dal Covid»
«A novembre mi sarei dovuto operare per rimuovere utero e ovaie, ma dall’ospedale di Pavia mi hanno fatto sapere che non è possibile perché “sono in difficoltà”. La mia è un’operazione ritenuta non urgente, non essenziale ma nessuno, in realtà, pensa all’aspetto psicologico che può essere devastante. Nel mio caso, ad esempio, ho anche una necessità fisica, visto che le ovaie vengono “bloccate” dalla cura ormonale a base di testosterone. E, invece, è tutto fermo a causa del Covid». A parlare a Open – nella settimana della Transgender Awareness – è Yvan Molinari, 24 anni, studente di Varese, con il sogno di diventare biologo marino, che a 19 anni ha iniziato il suo percorso di transizione. Da donna a uomo.
L’operazione
Un problema, quello dello stop alle cure ormonali e alle operazioni per le persone transgender, che «non riguarda solo l’Italia ma tutto il mondo», come ci conferma lo stesso Yvan che, tra l’altro, nella prima fase della pandemia, avrebbe dovuto sottoporsi, in una struttura pubblica, alla mastectomia (ovvero all’asportazione chirurgica della mammella) ma poi, a causa della sospensione delle operazioni e dopo essersi sentito dire «forse se ne parla nel 2022», ha preferito recarsi da un privato. «Non vedevo l’ora, è stata una liberazione, non potevo più aspettare», ci ha confidato. E dal video, girato subito dopo l’intervento, si vede tutta la sua felicità.
«Dietro al mio vecchio nome c’è tanta sofferenza»
La vita di una persona transgender, è inutile nasconderlo, non è affatto semplice: «”Guardi, ha sbagliato fila”, dicevano quando mi mettevo in fila per andare a votare, considerata la suddivisione tra uomini e donne ai seggi. Senza dimenticare l’università dove sul libretto avevo ancora il nome femminile. Ogni volta, infatti, il giorno prima dell’esame, scrivevo ai professori per spiegare che non era una truffa, che non avrebbero dovuto sconvolgersi ma che, dietro a quel nome femminile, c’era un uomo». Il vecchio nome di Yvan non lo scriviamo, riteniamo inutile e superfluo specificarlo: «Dietro a quel nome c’è un vissuto di sofferenza e scriverlo servirebbe solo ad alimentare il gossip».
La storia d’amore con Clara
Yvan, tutto sommato, è stato fortunato: ha avuto una famiglia che non lo ha mai abbandonato e una fidanzata, Clara, che lo ha supportato, fin dal primo momento, in questo difficile percorso di transizione. Perché in Italia cambiare sesso non è semplice. Già a 3-4 anni Yvan giocava con le macchinine, nella lettera per Babbo Natale non ha mai inserito una bambola. Voleva il grembiule blu e non quello rosa. Per lui era tutto chiaro, fin dall’inizio. I problemi sono arrivati dopo, durante l’adolescenza quando, per essere accettato dal gruppo, Yvan si è trovato costretto a fingere di provare attrazione per gli uomini. «Mi truccavo, mi vestivo come le ragazze. “Devi comportarti da signorina”, mi dicevano», ci racconta. «Sono sbagliato, passerà, pensavo io». Tutte bugie che ha continuato a ripetersi fino all’incontro con Clara, la sua attuale fidanzata a cui ha confessato tutto e con la quale ha cominciato il percorso di transizione.
«Un giorno le ho detto “se mi dici sei bellissima ci sto male”, vorrei che lo dicessi al maschile. E lei, con grande serenità, mi ha risposto “sei bellissimo”. Mi ha spiazzato, avevo paura di perderla», ci racconta. Da lì sono cominciati gli incontri con lo psicologo per la disforia di genere (il malessere percepito da una persona che non si riconosce nel proprio sesso fenotipico o nel genere assegnatogli alla nascita, ndr): «I miei genitori pensavano che volessi andare dallo psicologo per “curarmi”. Io, invece, volevo solo imparare ad accettarmi per com’ero». Poi sono arrivate le prime iniezioni di testosterone. «Al momento, nonostante l’apertura dell’Aifa, le terapia ormonali sono tutte a mio carico», ci confida.
Il lungo e tortuoso percorso per cambiare sesso
Così è cominciata la lunga trafila (qui vi spieghiamo in cosa consiste) per il cambio di sesso tra psicologi, endocrinologi, avvocati, giudici ed eventuali operazioni chirurgiche. «Ci vogliono almeno 3 anni e tanti soldi». Per Yvan, fortunatamente, sta filando (quasi) tutto liscio: a novembre la sentenza, a marzo i documenti con il nome da uomo, a settembre la mastectomia (in una struttura privata). Ora resta in attesa della rimozione dell’utero e delle ovaie. Su un possibile intervento finale, ci va cauto: «Penso di sì ma è un’operazione molto invasiva e delicata. Quindi vedremo». Infine ci tiene a lanciare un messaggio forte e chiaro: «Non siamo alieni, io sono una persona normale, un ragazzo qualunque. Spero che essere trans non sia uno “stigma”».
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