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I cardiologi lanciano l’allarme: «Reparti riconvertiti per Covid-19. Rischiamo più vittime per infarto che per il contagio»

23 Novembre 2020 - 18:04 Redazione
I medici parlano di una «situazione gravissima»: «Dalla Lombardia alla Sicilia vengono ridotti i posti letto». Ricciardi: «Pressione terribile sugli ospedali»

La saturazione dei reparti ospedalieri a causa della pandemia di Coronavirus rischia di avere serie ripercussioni sui pazienti cardiologici. «Denunciamo la gravissima situazione che si sta determinando negli ospedali», è l’allarme lanciato oggi 23 novembre dalla Federazione degli oncologi, cardiologi e ematologi. «Dalla Lombardia alla Sicilia vengono ridotti i posti letto cardiologici per fare posto ai pazienti Covid, addirittura vengono chiuse intere unità di terapia intensiva cardiologica e convertite in terapie intensive Covid. Il rischio concreto è di avere nelle prossime settimane più morti per infarto che per Covid».

Secondo il vicepresidente della Federazione Ciro Indolfi, «non possiamo permettere il depotenziamento delle cardiologie ed è necessario riorganizzare negli ospedali percorsi ad hoc per i pazienti cardiopatici acuti che dal territorio si ricoverano in urgenza». In Lazio, aggiunge il segretario Francesco Romeo, «mi risulta che si stiano penalizzando le strutture cardiologiche e si stiano chiudendo anche alcuni dei centri che eseguono elevati numeri di angioplastiche primarie. Più in generale, il numero di ricoveri per patologie cardiovascolari è crollato. Invece, va preservata la rete dell’emergenza cardiologica».

In un mese 27.000 contagi tra medici e infermieri

Sulla situazione negli ospedali è intervenuto anche Walter Ricciardi, consulente del ministero della Salute, che ha evidenziato come l’emergenza si ripercuota – oltre che sui pazienti – anche sul personale sanitario: «In questo momento la pressione in tutta Italia sugli ospedali è terribile. Solo in un mese si sono contagiati in 27.000 contagiati tra medici e infermieri, 900 al giorno, se continua questa pressione non solo rende impossibile curare i pazienti ma sguarnisce la prima linea».

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