Crisanti tiene il punto: «Per quel che sappiamo oggi non mi vaccino. Dalle società mi aspetto dati oltre i proclami»
Nessuna marcia indietro di Andrea Crisanti sui vaccini contro il Coronavirus. Dopo le dichiarazioni rilasciate venerdì scorso, 20 novembre, che hanno scatenato una pioggia di polemiche, e dopo essere stato attaccato persino da alcuni colleghi, il microbiologo torna sull’argomento. «Senza dati, non me lo faccio, perché voglio essere rassicurato che è stato testato e soddisfi tutti i criteri di sicurezza ed efficacia. Come cittadino ne ho diritto, non sono disposto ad accettare scorciatoie», aveva detto durante Focus Live, il Festival della divulgazione scientifica di Focus.
Oggi affida le stesse frasi a una lettera aperta al Corriere della Sera. «Ho formulato un concetto di buonsenso che non esprimeva alcun giudizio negativo sulla bontà del vaccino né tantomeno metteva in discussione la validità della vaccinazione come il mezzo più efficace per prevenire la diffusione delle malattie trasmissibili», ha scritto. Per Crisanti la questione è strettamente legata alla forma di comunicazione che è stata utilizzata per diffondere i dati sui test dei vaccini. «La trasparenza è la misura del rispetto che si nutre nei confronti degli altri e genera un bene prezioso, la fiducia. In questi giorni le aziende produttrici, invece di condividere i dati con la comunità scientifica, hanno fatto proclami non sostanziati da evidenze», dice.
E ancora: «Se le aziende in questione sono in possesso di informazioni che giustificano annunci che possono apparire rivolti in particolare ai mercati finanziari, queste devono essere rese pubbliche anche in considerazione del fatto che la ricerca è stata largamente finanziata con quattrini dei contribuenti. La notizia che dirigenti delle due aziende produttrici abbiano esercitato il loro diritto, ne sono certo legittimo, a vendere le azioni per sfruttare i vantaggi legati al rialzo di prezzo non ha contribuito a generare fiducia». Il virologo invita infine a non considerare il vaccino «un oggetto sacro. Lasciamo la fede alla religione e il dubbio ed il confronto alla scienza che ne sono lo stimolo e la garanzia».
Quel «No» ripetuto ancora oggi
Il microbiologo mette poi un ulteriore carico, intervenendo stamattina, 23 novembre, a Sky Tg24. «Non dubito che tutto verrà fatto con buona fede e rigore, ma il difetto sta nella procedura affrettata. Ad esempio il Remdesivir di Gilead è stato approvato, ma è un farmaco che ha importanti effetti collaterali e oggi si scopre che non va bene e ora la procedura di approvazione è in revisione. Ci sono procedure accelerate che hanno intrinsecamente dei rischi», spiega alla giornalista.
La giornalista gli chiede allora come abbia preso l’attacco di alcuni suoi colleghi. «Questo è un Paese provinciale, se uno dice una frase con cui chiede soltanto trasparenza, si scatena un putiferio. Quella che ho detto io è una cosa ovvia». E ha ribadito che «sulla base delle conoscenze che abbiamo oggi non me lo faccio». E le scuse alla comunità scientifica? «Io non chiedo scusa. Dovrebbe chiedere scusa chi ha approvato il Remdesivir in modo frettoloso e poi non è risultato essere buono. Chiedessero scusa loro di questo, che è molto più importante. E’ una questione di trasparenza, se si vuole generare fiducia bisogna essere trasparenti», ha aggiunto.
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