I numeri in chiaro. La fisica Paolotti: «Con le riaperture a Natale, la terza ondata a gennaio sarà inevitabile. Con altre migliaia di morti»
Sarà pure che il lunedì i nuovi casi di Coronavirus registrati, abitualmente, sono inferiori rispetto al resto della settimana. Ma è da qualche tempo oramai che l’impennata dei contagi sembra aver frenato. Oggi, 23 novembre, le nuove infezioni sono state 22.930, a fronte di 148.945 tamponi analizzati. Daniela Paolotti, fisica della Fondazione Isi, pone però l’accento sul numero dei decessi, «ancora troppo elevato». E fissa a giovedì il punto di svolta per capire l’andamento dell’epidemia in Italia: «Se inizierà un calo costante delle vittime, allora vorrà dire che i lockdown regionali hanno funzionato. Se così non fosse – mette in guardia – ci troveremmo nei guai».
Paolotti, partiamo dal dato dei contagi. Possiamo dire di aver raggiunto il cosiddetto plateau?
«Questi dati sembrano inchiodati da qualche settimana e, certamente, abbiamo notato una stabilizzazione dei contagi. Se vogliamo provare a interpretare i numeri, possiamo dire che le misure del governo di ottobre hanno aiutato pochissimo nel contenimento del contagio. Ma il primo vero effetto l’abbiamo ottenuto con il Dpcm di novembre: adesso, con i lockdown di fatto estesi a molte regioni, dobbiamo alzare l’attenzione sulla quota di decessi giornalieri».
Come mai?
«Perché i decessi sono la cartina tornasole dell’andamento reale dell’epidemia: è un dato che, a differenza dei contagi, è incontrovertibile. I tamponi, lo sappiamo, fluttuano tanto e altresì i dati delle regioni relativi ai ricoveri sono spesso difficili da interpretare. Tuttavia, se tra mercoledì e giovedì di questa settimana i decessi iniziano a diminuire e il calo si mantiene costante anche nel weekend, allora vorrà dire che l’ultimo Dpcm ha funzionato».
A proposito di fluttuazioni, oggi, 23 novembre, sono morte 630 persone. Ieri i decessi erano stati 562. È solo la volatilità del dato analizzato giorno per giorno?
«Sì, vale sempre la regola che i trend non si possono calcolare con i dati di 24 ore. Certo, una fluttuazione che da un po’ oscilla tra i 50/100 morti in più o in meno ogni giorno è incredibile. È incredibile perché, tralasciando l’andamento, stiamo parlando di 5mila persone morte in 10 giorni. Sono numeri che devono diminuire e, se a dicembre si procede con le riaperture, è bene che ci prepariamo a subire una terza ondata a gennaio. Con altre migliaia di morti».
Per lei non bisogna passare a una classificazione più light delle regioni.
«Mettere tutte le regioni nella fascia di rischio arancione a inizio dicembre vuol dire gettare al vento tutti gli sforzi fatti a novembre con i diversi lockdown».
Capirà che ci sono delle ragioni sociali ed economiche che spingono verso questa scelta.
«Lo so bene che è importante stimolare l’economia con gli acquisti natalizi. Dal punto di vista scientifico, però, non posso che ribadirlo: dopo un mese di lockdown, riaprire i negozi e consentire lo shopping natalizio senza restrizioni sociali precise e senza controlli, è quantomeno pericoloso».
Abbiamo ignorato l’ipotesi che giovedì i decessi possano non calare. Cosa significherebbe?
«Se i decessi non diminuiscono a tre settimane dall’inizio del lockdown, allora siamo nei guai. Significherebbe che le misure del governo sono servite a poco. Se ciò accadesse, il calo dei nuovi casi che, invece, abbiamo riscontrato, vorrebbe dire che non riusciamo più a tracciare i contagi e che il sistema di monitoraggio è ancora in tilt».
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