Coronavirus, i numeri in chiaro. Il fisico Sestili: «Troppi morti, indice che i contagi reali erano molti di più di quelli registrati»
L’ultimo bollettino della Protezione civile non può che essere letto con un sospiro di sollievo: nonostante i tamponi analizzati siano 40 mila in più rispetto a ieri, 23 novembre, il numero dei nuovi casi è rimasto stabile, intorno alle 23 mila unità. Per Giorgio Sestili, fisico e divulgatore scientifico che dall’inizio della pandemia analizza i dati relativi alla diffusione del Coronavirus, «oggi sono molte le notizie positive, ma non possiamo dimenticarci di quelle profondamente negative».
Ovvero?
«Preferirei partire da quelle buone. Il 24 novembre è il primo giorno, in questa seconda ondata, in cui i ricoveri hanno il segno meno davanti: per la prima volta i posti letto Covid si sono svuotati invece di riempirsi. Parliamo di -120 ricoverati con sintomi lievi. Inoltre, se ne sono aggiunti solo 6 in terapia intensiva: possiamo dire che siamo vicini al momento in cui inizieranno a liberarsi anche le rianimazioni».
Con molti ospedali, però, che lamentano una pressione insostenibile.
«Siamo arrivati a 3.816 posti letto occupati in terapia intensiva a livello nazionale. Seppur vero è che ci sono grosse differenza su scala regionale e siamo oltre la soglia critica fissata dal governo, direi che è un numero sostenibile se la curva delle terapie intensive si arresta adesso. Non superare, e non supereremo, la soglia di 4.000 terapie intensive Covid è rassicurante».
Quali sono le altre notizie positive a cui faceva riferimento?
«I casi attualmente positivi aumentano, ma di poco: sono solo 1.500 in più rispetto a ieri. Ciò deriva dal fatto che sta crescendo costantemente il dato relativo ai dimessi. Oggi, sono circa 21 mila le persone guarite. Siamo prossimi, anche in questo caso, all’inizio della discesa dei casi attualmente positivi: posso dire con abbastanza sicurezza che non arriveremo alla soglia del milione di persone con un’infezione attiva».
Il numero di tamponi, però, non è elevatissimo.
«E ci addentriamo nell’ultimo aspetto positivo di oggi: c’è stato un crollo importante del rapporto tamponi/positivi. Il 24 novembre siamo al 12,3%, percentuale che non si registrava da circa un mese. Vero, il numero dei tamponi è basso, circa 70 mila in meno rispetto al record di 250 mila tamponi, ma in proporzione vengono trovati meno positivi».
853 morti nelle ultime 24 ore: da quanto tempo non raggiungevamo questa cifra?
«La cattiva notizia, appunto, è quella dei decessi. Oggi è stato registrato il record di morti di questa seconda ondata: 853. Non è, semplicemente, un triste record di questa fase dell’epidemia, ma è un dato molto vicino al picco assoluto di 919 morti registrati lo scorso 27 marzo. Allora dobbiamo chiederci, visto che in molti si sono spesi per rimarcare le differenze tra prima e seconda ondata, perché si registrano ancora tutti questi morti?».
Ecco, perché?
«Certamente non basta ripetere quello che spesso sentiamo dire, ovvero che i decessi sono l’ultimo parametro a rallentare dopo l’introduzione delle misure di contenimento. In questo caso non è una spiegazione valida, e non perché sia sbagliato il concetto in sé, ma perché 853 morti non possono derivare soltanto dai casi positivi individuati nelle settimane precedenti. Piuttosto, è evidente che il tasso di letalità stia aumentando, e il motivo è che abbiamo contato meno casi di quelli reali.
Quando, un po’ di tempo fa, abbiamo visto rallentare la curva del contagio, non stava effettivamente rallentando la curva, ma la nostra capacità di fare tamponi a sufficienza. A un certo punto si è saturata la capacità di monitoraggio e ci siamo persi tantissimi casi per strada. Di fatto, i contagi erano molti di più anche dei 40mila che registravamo nella fase più acuta di questa seconda ondata».
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