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«Dateci priorità, perché noi siamo una priorità». La protesta degli studenti di Milano: lezione all’aperto contro la Dad

25 Novembre 2020 - 18:18 Redazione
L’iniziativa nel cortile del liceo scientifico Piero Bottoni. La testimonianza di Sara: «Ci siamo seduti rivolti verso il portone, in attesa che si riapra per farci tornare. Perché il nostro non è un capriccio»

Giovanna Mezzatesta, preside del liceo scientifico Piero Bottoni di Milano, ha accolto la proposta degli studenti di poter svolgere una lezione all’aperto, con mascherine e distanziamento sociale, per protestare pacificamente contro la Didattica a distanza (Dad), che coinvolge gli istituti superiori ormai dallo scorso 26 ottobre. Un’iniziativa simbolica che si è svolta nel cortile della scuola e ha visto la partecipazione di studenti provenienti anche da altri istituti, rispetto alla quale la preside ha spiegato: «I ragazzi sono arrabbiati perché si sentono dimenticati, durante l’estate non si è lavorato abbastanza su temi come i trasporti pubblici e il tracciamento dei contagi».

Adesso la dirigente si augura che le lezioni in presenza possano riprendere «almeno un giorno prima della riapertura delle sale bingo». Ma teme una terza ondata di Coronavirus che «tra piste da sci e appunto sale bingo abbia il risultato di tenere ancora chiusa la scuola superiore». E i ragazzi, che cos’hanno da dire? I loro pensieri li hanno messi nero su bianco in una lettera indirizzata al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, alla ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, al presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana e al sindaco di Milano Beppe Sala, firmata dai rappresentanti d’istituto di 14 scuole superiori milanesi, in cui si legge:

L’articolo 34 della Costituzione ci garantisce il diritto allo studio, che in questo momento ci viene negato o quanto meno notevolmente limitato. Siamo consapevoli dell’attuale situazione e della continua evoluzione della crisi sanitaria, tuttavia non riteniamo corretto che la scuola sia il primo ente? ?a subire restrizioni, anzi pensiamo che debba essere tutelato da queste, come avviene in molti altri paesi. La nostra richiesta è che ci venga garantita un’istruzione adeguata, che si concretizzi con un ritorno fisico a scuola. Non ci sembra giusto che per avere inviolato il diritto alla sanità, quello all’istruzione venga meno, considerando anche uno studio dell’Istituto di Sanità, secondo il quale le scuole non sarebbero ambienti a maggior rischio di contagio

Gli studenti chiedono, tra le altre cose, connessioni wi-fi in tutte le classi, una formazione specifica per i professori messi in difficoltà dalla Dad, un piano per aumentare i mezzi del trasporto pubblico, più controlli sugli ingressi scaglionati e una cura particolare per le quinte, che dovranno affrontare l’esame di maturità al termine di un anno scolastico pieno di ostacoli.

Open ha intervistato Sara del liceo scientifico “Albert Einstein”: «La lezione all’aperto è iniziata alle 9, le prime due ore avevo un tema che ho svolto tranquillamente nel cortile, c’erano dei banchi a nostra disposizione. Ci siamo connessi e abbiamo seguito i prof a distanza. L’iniziativa è stata organizzata principalmente da studenti e docenti del liceo Bottoni, però i ragazzi hanno fatto girare la voce per far partecipare anche altri studenti, perché il problema è comune a tutti. Ci siamo seduti rivolti verso il portone, come a dire: seguiamo le lezioni in attesa che riapra per farci tornare. Perché il nostro non è un capriccio, vogliamo tornare a scuola perché sappiamo è possibile farlo in sicurezza. E quindi vogliamo che le istituzioni si impegnino in questo senso».

Sara ha anche qualche suggerimento concreto: «Si potrebbero fare i doppi turni, investire nel trasporto pubblico per distribuire gli studenti su più mezzi oppure trovare modalità alternative. A me e ad altri rappresentanti d’istituto è venuta in mente un’idea molto semplice: rendere il BikeMi gratuito per gli studenti e incentivarli così a prendere la bici. Mentre per chi viene da fuori Milano, bisogna far passare più autobus».

Il problema della Dad, del resto, non è tanto la Dad in sé: «Per quanto riguarda la mia scuola, sono stati dati i dispositivi elettronici a chi non li aveva e la rete wi-fi è stata rafforzata. Ma il punto è tutto quello che sta attorno alla Dad. Io, ragazza di 17 anni che non esco di casa da quando sono in Dad… se prima potevo uscire solo per andare a scuola, adesso non posso più fare nemmeno quello. Mi viene negato un contatto sociale che a scuola, per quanto mantenendo le distanze interpersonali, sarebbe possibile. Le lezioni a distanza sono molto poco interattive, spesso diventano del tutto nozionistiche… ma la cosa che ci fa arrabbiare di più è che alla nostra condizione non pensa nessuno: vi cacciamo in Dad e vi lasciamo lì. Perché non ci si impegna per farci tornare a scuola? Non riusciamo a spiegarcelo. La nostra richiesta è semplice: dateci priorità, perché siamo una priorità. E la scuola è una priorità».

Video: Facebook / AGTW

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