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Un milione di utenti italiani praticano quotidianamente su Telegram violenza contro le donne – Il report

25 Novembre 2020 - 09:00 David Puente
Non solo revenge porn, il social network è diventato il «covo sicuro» dove gli italiani condividono materiale pornografico non consensuale. L’indagine dell’associazione PermessoNegato

La «Giornata contro la violenza sulle donne» venne istituita dall’Onu nel 1999, ma all’epoca non avevano idea di come si sarebbe evoluta la tecnologia e soprattutto il mondo dei social. Nel 2013 due russi, Nikolaj e Pavel Durov, fondano e finanziano il servizio gratuito di messaggistica istantanea Telegram che, nel tempo, è diventato il «covo sicuro» di fenomeni come il «Revenge Porn» che la giornata di oggi, 25 novembre, cerca di contrastare.

Ci siamo, purtroppo, abituati a parlare e soprattutto a comprendere il significato di «Revenge Porn», che identifica le «vendette di relazione», ma dobbiamo essere consapevoli che si tratta di un tassello di un fenomeno molto più vasto chiamato «Pornografia Non-Consensuale» (NCP). L’associazione no-profit PermessoNegato APS, nata nel 2019 per supportare a livello tecnologico e legale le vittime di NCP, pubblica oggi un report di questo fenomeno radicato nel Telegram italiano.

Il branco italiano

PermessoNegato ci racconta, attraverso il suo report, lo «Stato dell’Arte del Revenge» attraverso le analisi svolte su Telegram in Italia. Parliamo di 89 gruppi e canali italiani attivi nella condivisione di Pornografia Non Consensuale (NCP) dove il più seguito annovera oltre 997 mila utenti unici iscritti. Il totale degli iscritti a questi 89 gruppi e canali supera di gran lunga la somma dei 6 milioni di account non unici.

La Pandemia Covid19 ha, purtroppo, portato a una crescita del fenomeno. Nel solo mese di febbraio 2020 i gruppi e canali rilevati erano 17 per un totale di oltre un milione di account non univoci. Due mesi dopo, i gruppi erano 29 e c’erano canali per oltre 2 milioni di account. Ad aumentare la crescita e la nascita di nuove realtà sono soprattutto i fatti di cronaca, spesso veicolati dai media che forniscono al pubblico gli elementi che permettono una facile individuazione dei contenuti online e attraverso social come Telegram.

L’operazione della Polizia Postale contro tre canali Telegram che, purtroppo, non collabora: per individuare i proprietari dei canali si sfruttano altre strategie che hanno portato all’arresto di un 29enne bergamasco per Revenge Porn nei confronti della sua ex

Il fenomeno della Pornografia Non-Consensuale non esclude classi sociali o demografica, molti sono gli adolescenti come adulti, cittadini semplici o personaggi noti, o ancora che fanno parte delle Istituzioni. Il materiale diffuso varia: dalle immagini destinate a rimanere private e riprese consensualmente durante il rapporto sessuale a foto rubate da telecamere nascoste o rubate dai dispositivi delle vittime. Purtroppo, non mancano le immagini di stupro riprese durante il corso della violenza sessuale.

Le ricerche dei contenuti pornografici per parola chiave nelle chat Telegram. Screenshot fonte Report 2020 PermessoNegato

PermessoNegato spiega che questi gruppi e chat si auto-alimentano, attraverso l’incoraggiamento degli iscritti a caricare video e immagini pornografiche con i loro attuali o ex partner affinché vengano «valutati» all’interno della community. Una sorta di «gara al miglior fornitore», dove nella peggiore delle ipotesi è la cospicua abitudine di corredare questi contenuti con nome, cognome o collegamenti ai profili social delle vittime. In alcuni casi vengono fornite le email delle vittime o addirittura i loro numeri di cellulare.

Le ricerche dei contenuti pedopornografici per parola chiave «bambine» nelle chat Telegram. Screenshot fonte Report 2020 PermessoNegato

Un altro lato oscuro si nasconde dietro queste realtà, la pedopornografia dove i minori vengono contattati tramite messaggi privati e convinti in cambio di denaro, o costretti tramite forti pressioni, a diffondere materiale porno che riguarda loro o i loro coetanei.

Il ruolo dei social e dei media

Sono oltre i 400 casi seguiti da PermessoNegato in Italia durante questo primo anno di attività, ma a differenza di Facebook con la sua «tolleranza zero», la piattaforma Telegram «fa orecchie da mercante» evitando di collaborare con le autorità, la Polizia Postale, e rendendosi complice delle violenze che le vittime subiscono all’interno della loro piattaforma 24 ore su 24, sette giorni su sette e per tutto l’anno. I media hanno un ruolo importante nella tutela delle vittime di violenza, di Revenge Porn e di tutte le altre forme di Pornografia Non-Consensuale. Basta una notizia in cui vengano rilasciati dettagli come il nome della vittima o la sua attività lavorativa legata ad altre parole chiave come il luogo di residenza e parte la caccia al video, alla foto, a quel contenuto da fornire al branco affamato nei gruppi e nelle chat Telegram.

I due titoli di Libero: «La ragazza stuprata da Genovese è stata ingenua» di Vittorio Feltri e «Uno stupro è uno stupro, ma chi va al mulino si infarina» di Filippo Facci

Un altro punto dolente riguarda certi media e personaggi influenti che, anziché tutelare le vittime, le dipingono come «colpevoli» della violenza subita attraverso le formule narrative del tipo «se l’è cercata» o «è stata ingenua», mettendo in secondo piano il focus sul carnefice e fornendo una giustificazione morale a coloro che poi diffondono i contenuti pornografici all’interno delle loro community. L’esempio più classico? «È colpa sua, poteva evitare e non è colpa nostra se circola online».

La mossa di Facebook

Facebook, al contrario di Telegram, è intenzionato a combattere il fenomeno e lo fa attraverso un Programma pilota sulle immagini intime condivise senza autorizzazione che coinvolge diverse realtà nazionali di diverse parti del mondo – in Italia troviamo proprio PermessoNegato – con l’obbiettivo di tutelare le persone che temono la diffusione senza il loro consenso delle proprie immagini intime. In che maniera? Inviandone una copia in modo sicuro e protetto per impedire che questi contenuti vengano condivisi sul social, su Messenger e Instagram.

Il funzionamento illustrato nell’area dell’iniziativa Facebook.

La persona che si sente minacciata può contattare l’organizzazione partner di Facebook del proprio Paese affinché possa segnalare l’eventuale rischio e definire l’assistenza per partecipare al progetto pilota. Una volta compilati gli appositi moduli, la persona denunciante riceverà un link monouso dove poter caricare e inviare le immagini e i video compromettenti in proprio possesso a Facebook.

Un team dedicato di dipendenti Facebook esaminerà personalmente i contenuti che, se soddisfatti determinati criteri, ricorrerà alle proprie tecnologie capaci di scovare la corrispondenza dei video e delle immagini per bloccarne la condivisione su Facebook, Messenger e Instagram. In questo modo, se una persona estranea cerca di condividere il contenuto su una delle tre piattaforme sarà impossibilitato a farlo.

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