L’ex consigliere di Obama, Kupchan: «Usa e Europa devono dialogare sulla Cina da subito». E sulla squadra: «Biden ha scelto bene» – L’intervista
Charles A. Kupchan, attualmente professore di Relazioni internazionali alla Georgetown University, ha alle spalle due esperienze nell’amministrazione americana, dove ha anche lavorato con Joe Biden. La prima volta è stata quando alla Casa Bianca c’era Bill Clinton e Kupchan si occupava di Affari europei all’interno del Consiglio di sicurezza nazionale, una carica che ha mantenuto successivamente anche con Barack Obama di cui è stato assistente speciale dal 2014 al 2017.
Conosce bene la Casa Bianca così come conosce bene il presidente eletto e alcune delle persone da lui scelte negli ultimi giorni, come il nuovo segretario di Stato Antony Blinken, per reinventare la politica estera americana. Raggiunto al telefono da Open, alterna momenti di riflessione a frasi di rivalsa. «Assisteremo a una rinascita dell’atlantismo negli Stati Uniti e in Europa – dichiara -. Gli ultimi quattro anni sono stati davvero duri per gli europei e per molti americani. Personalmente, è stato molto doloroso vedere gli Stati Uniti insultare i loro alleati. Tutto questo finirà il 20 gennaio».
Professore, lei conosce bene alcune delle persone nominate da Biden. Cosa possiamo aspettarci?
«Questa sarà una squadra che lavorerà bene insieme. Tony Blinken, Jake Sullivan, Avril Haines sono tutti esperti nel proprio campo e persone che si conoscono bene tra di loro, quindi possiamo aspettarci una macchina di politica estera ben oleata. Sicuramente non sarà una squadra di rivali. Non si prenderanno a gomitate, non ci saranno sotterfugi come nella attuale amministrazione. E aggiungerei che nominare un diplomatico di carriera alle Nazioni Unite aiuterà a risollevare il morale al dipartimento di Stato, mentre la nomina di un inviato speciale per il clima [John Kerry ndr] comunica immediatamente al mondo che si tratta di una questione a cui il presidente americano tiene profondamente».
È finita l’era della disfunzione al Dipartimento di Stato? Cosa cambierà?
«La macchina ricomincerà a funzionare. Ci sarà un chiaro processo politico che coinvolgerà il dipartimento di Stato, il Dipartimento della Difesa, quello del Commercio, della Sicurezza interna e via discorrendo. I funzionari si parleranno tra loro, faranno proposte che arriveranno fino al Consiglio di sicurezza nazionale, terremo riunioni, lavoreremo sui vari dossier e alla fine arriverà un pezzo di carta davanti al presidente che a quel punto prenderà una decisione. Negli ultimi quattro anni non ha funzionato così. Non c’è stato un vero processo politico: il sistema è stato rotto».
Il nuovo segretario di Stato Antony Blinken avrà il compito di riavvicinare gli Stati Uniti all’Europa? Ha il passato giusto per farlo.
«Il signor Blinken ha radici europee, ha una famiglia a Parigi, parla correntemente il francese. Inoltre, non esiste un politico più atlantista di Biden. Quando ho lavorato per lui e per il presidente Obama, Biden era costantemente al telefono con gli europei. Sono andato con lui in Ucraina sei volte. Viaggiava spesso nei Balcani. Parliamo di una persona che ha a cuore l’Europa e credo che molti europei stiano tirando un sospiro di sollievo perché sanno che i giorni di Trump sono contati. È stato un momento spaventoso per molti americani, abbiamo visto quanto sia vulnerabile e fragile la democrazia e penso che il primo ordine del giorno sarà correre ai ripari e ricostruire la solidarietà tra le democrazie occidentali».
Richiederà un impegno reciproco. Cosa si aspetterà Biden dagli alleati europei?
«Vorrei incoraggiare gli europei a prepararsi e rispondere di conseguenza, adoperandosi di più per essere buoni partner, aumentando le loro capacità di difesa, facendo un passo avanti per dire: “Sappiamo che stai cercando di alleggerire il tuo carico a livello internazionale, ti assisteremo in Libia, in Siria, piuttosto che in Nagorno-Karabakh o nel Mediterraneo orientale”».
Niente isolazionismo “light” come nell’era Obama?
«Quando Obama si è ricandidato alla presidenza ha detto chiaramente che si sarebbe concentrato sulla politica interna. È lui che ha cercato di uscire dall’Afghanistan e dall’Iraq per poi essere tirato indietro, in parte dallo Stato islamico. Trump ha fatto altrettanto, anche se in modo sempre più brusco dopo essersi scontrato con il Pentagono. A quel punto ha ordinato alle truppe statunitensi di uscire dalla Siria settentrionale e dall’Afghanistan. Non credo che Biden invertirà la rotta. Gli americani sono stanchi delle “guerre eterne” – si tratta di una priorità bipartisan. L’esperienza in Afghanistan, Iraq, Siria, Libia è stata fallimentare. Biden cercherà di sopperire al disimpegno militare con la diplomazia».
Sempre che la pandemia di Coronavirus non si metta di traverso…
«Direi che il presidente americano avrà un’agenda interna molto impegnativa. La pandemia imperversa, le scuole chiudono, i ristoranti chiudono. Attualmente negli Stati Uniti si è aperto un grande dibattito sull’opportunità che le famiglie si riuniscano per la festa del ringraziamento. Gli ospedali sono sopraffatti. Nel suo primo anno Biden trascorrerà molto del suo tempo ad affrontare la pandemia e cercherà di far ripartire l’economia americana. Ciò non significa che la politica estera non sarà ambiziosa, ma il presidente nel primo anno si occuperà di questioni interne».
È una notizia degli ultimi giorni la visita di Netanyahu con il segretario di Stato Mike Pompeo in Arabia Saudita, che ha smentito, ma con poca decisione. Si tratta di un’operazione in chiave anti-iraniana?
«Penso che ci siano diverse partite in gioco. Una di queste è la normalizzazione dei rapporti tra Israele e i paesi del Golfo. Da questo punto di vista Trump e Pompeo hanno compiuto importanti passi in avanti. In secondo luogo, ci sono le ambizioni politiche di Pompeo, visto che una delle sue principali fonti di sostegno è la comunità evangelica a cui sono molto cari i rapporti di Israele con i suoi vicini. E poi c’è la partita che riguarda l’Iran e la minaccia che pone per la regione».
Biden sarà meno duro con l’Iran?
«Mi aspetto che il team di Biden si metta a rinegoziare l’accordo nucleare. Non sono sicuro di quale forma potrebbe prendere, ma onestamente oggi ci troviamo in una posizione molto peggiore rispetto a quando Trump si è ritirato dall’accordo. Gli iraniani hanno accumulato una quantità significativa di uranio arricchito e di recente hanno avviato una nuova generazione di centrifughe che può aumentare più rapidamente l’arricchimento e la purezza dell’uranio. Non sarà facile. La situazione in Iran è cambiata, gli iraniani vogliono essere compensati per i costi economici associati alle sanzioni di Trump».
L’Italia è stato il primo paese europeo a firmare il memorandum sulla Belt and Road Initiative, suscitando nuove tensioni con gli Stati Uniti. Come risponderà l’amministrazione Biden?
«Una delle questioni più controverse per la comunità transatlantica sarà la Cina. Penso che Biden proverà ad avviare un dialogo strategico con la Cina e tenterà di creare una vera e propria “politica cinese”. Non è detto che il rapporto tra i due Paesi migliori. Le differenze negli interessi geopolitici e commerciali non scompariranno. E Biden si preoccupa più dei diritti umani di Trump. Se il rapporto Usa-Cina dovesse peggiorare, l’Europa dovrà scegliere da che parte stare. A mio avviso gli Stati Uniti e l’Europa dovrebbero iniziare dal primo giorno un dialogo strategico su come trattare con la Cina e cercare di rimanere sulla stessa pagina».
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