L’urlo dell’infermiera, l’arrivo delle ambulanze: il retroscena del Clarín su cosa è successo negli ultimi minuti di vita di Maradona
«Morto Diego Armando Maradona». Bastano poche parole, asciutte e concise, per far fare all’articolo di Clarín il giro del mondo. Passano pochi secondi tra la pubblicazione della breaking news e il rimbalzo della notizia tra i vari Paesi. Spagna, Italia, Stati Uniti, Brasile, Inghilterra, Israele, Messico. La stessa manciata di secondi che era passata tra il messaggio inviato dal direttore Mariano Verrina al caporedattore della sezione sportiva, Martín Voogd. «Morto», diceva il testo inviato alle 13:05. Cinquantotto secondi dopo, alle 13:06, la notizia era online sul primo quotidiano argentino.
È lo stesso giornale a raccontare, in un articolo di Héctor Gambini, «il viaggio al cuore di uno scoop». La prima informazione che qualcosa non andava in Maradona era arrivata 17 minuti prima alla redazione Sport. A quel punto la macchina si mette in moto. L’esito drammatico potrebbe arrivare un minuto dopo, ma anche dopo un anno, un mese o qualche settimana. «Tutti sono pronti, la macchina è oliata», scrivono. «I giornalisti si preparano per tutta la vita per uno scoop che potrebbe non arrivare», dice. «Loro lavorano, il resto è destino».
I primi dati sulla morte sono anche i primi fatti. Prima due ambulanze che arrivano sotto casa di Maradona, nel quartiere di San Andrés de Tigre. Poi un’infermiera che esce in strada, scuote la testa e ripete: «No, non può essere…». Subito dopo arriva un’altra ambulanza, stavolta, dice Gambini, a sirena spiegata. Julio Chiappetta, editore di Clarín, capisce che i medici stanno cercando di rianimarlo. Il giornale si prepara: alle 13:04 pubblica la notizia che le condizioni di Maradona sono gravi. Tutto si gioca nel giro di qualche secondo.
La prima fonte smentisce la morte, la seconda la conferma. A quel punto, alle 13:05, arriva il messaggio a Voogd con scritto: «morto». La notizia viene pubblicata e arriva sui display di tutto il mondo. Perché tutti sono coinvolti: «Inutile negare – scrive Gambini nel suo racconto – che migliaia di coloro che lo hanno seguito hanno contratto un debito emotivo con Maradona. Un debito che ha superato il tempo».
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