Ritorno a scuola, Nardella: «Fate gestire a noi sindaci. Prima o dopo Natale? Pensiamo prima a trasporti più sicuri» – L’intervista
Trovare una quadra per riportare al più presto i giovani in classe. Ma nessuno, almeno tra gli amministratori, ha intenzione di sbilanciarsi su una data che, mentre l’esecutivo prova a trovare la quadra su tutto il periodo natalizio, appare sempre più lontana. E se i pareri divergono anche all’interno della maggioranza, tra chi spinge per un’apertura simbolica di due settimane a dicembre – come la ministra Azzolina – e chi vorrebbe evitare un ritorno sui banchi di scuola per un così breve periodo, c’è chi invece, chiede che prima di tutto vengano definite linee guida chiare e concrete. È questo l’appello fatto all’incontro con la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, dal sindaco di Firenze Dario Nardella, coordinatore delle città metropolitane, per provare a riportare la didattica in presenza nel più breve tempo possibile.
Sindaco Nardella, quali sono le proposte dei sindaci presentate alla ministra dell’Istruzione per un ritorno in classe?
«Vogliamo che venga risolto una volta per tutte il nodo dei trasporti e per questo abbiamo chiesto che venga fatta una necessaria chiarezza su chi debba gestire i fondi. Chiediamo allo Stato e alle Regioni che la gestione di sia affidata ai sindaci. Questo è un punto cruciale perché abbiamo visto, soprattutto in ambito metropolitano, come il trasporto pubblico urbano ed extraurbano sia uno dei problemi più grossi per la mobilità degli studenti».
C’è ancora un grande caos sull’isolamento dei positivi e il ruolo degli istituti e delle Asl. Come pensate di risolverlo?
«Per noi è fondamentale che i ragazzi, e gli insegnanti, tornino a scuola in una condizione di sicurezza. Per questo abbiamo proposto uno screening totale degli studenti delle scuole superiori via via che tornano in classe. Questo consentirebbe tra le altre cose un tracciamento dell’epidemia, aiutando le scuole e le Asl. Vanno fatti test rapidi e prese decisioni veloci sull’isolamento di uno studente, o di un’intera classe. Non si può scaricare ancora il peso dei problemi delle attività delle Asl sulla scuola. Abbiamo inoltre proposto che la decisione di applicare o meno fasce orarie non rimanga facoltativa, ma che venga stabilita una griglia di orari validi per tutto il territorio. Lasciando però al singolo istituto l’autonomia su quale fascia scegliere».
Sindaco, a luglio diceva che la scuola era la priorità. Ma vista la nuova chiusura è chiaro che nei mesi estivi molte cose non sono state fatte
«Sono sinceramente allibito del fatto che in Italia dopo quello che hanno vissuto i ragazzi c’è ancora qualcuno che mette in discussione la priorità della scuola. Quando un Paese non mette davanti a ogni cosa i bisogni dei giovani – e quindi il futuro – è un Paese che perde la sua anima. Noi così stiamo bruciando un’intera generazione di 4 milioni di ragazzi, ed è una responsabilità che come sindaco di Firenze non voglio portare. E se questa classe politica nazionale non lo capisce perderà per sempre la fiducia dei giovani. Questa è l’ultima spiaggia».
Che confronto hanno avuto i sindaci con il governo visto che le amministrazioni locali sono la prima linea della gestione dell’emergenza?
«Sicuramente ci sono state richieste che sono state ascoltate, altre no. Sui buoni spesa, per esempio, c’è stata grande cooperazione. Anche sul risanamento dei nostri bilanci. Ma sulla scuola evidentemente no, perché quello che abbiamo detto alla ministra Azzolina lo diciamo da mesi. E se, e quando, ripartirà la scuola non voglio sentire le solite polemiche sull’inefficienza a cui abbiamo assistito a ottobre. Non ci sono più alibi per nessuno. In ogni caso voglio essere ottimista, possiamo ancora recuperare: ci stiamo giocando il futuro dei nostri giovani. E ci tengo a dire che in questa emergenza i sindaci non hanno mai litigato tra di loro, c’è sempre stato un grande livello di collaborazione. Abbiamo lavorato in sintonia ed è quello che ci rende anche credibili agli occhi dei nostri cittadini».
Non c’è il rischio di entrare in circolo vizioso con nuove chiusure della scuola a febbraio e marzo?
«Possiamo evitarlo se facciamo ciò che non è stato fatto negli scorsi mesi: trasporti più efficienti, test rapidi e orari scaglionati. Non vedo altra strada se vogliamo tenere aperte le scuole e non chiuderle dopo due mesi. Credo che l’anno scolastico si possa ancora salvare, e penso che lo dobbiamo a questi ragazzi che ingiustamente indichiamo come responsabili del contagio. La chiusura della scuola è stata giustamente condivisa da parte del mondo scientifico. Quello su cui dobbiamo in realtà interrogarci è sul perché in questa emergenza abbiamo deciso, contrariamente agli altri Paesi europei, di sacrificare la scuola. Non credo sia solo un problema della politica».
C’è una data per la riapertura?
«No, quello che ci interessa è che si ritorni in classe presto ma nel modo più efficiente e in sicurezza. Non abbiamo mai parlato con la ministra Azzolina di una data. Prima vogliamo la garanzia che le condizioni che abbiamo presentato siano rispettate. Se saremo pronti prima di Natale ben venga, altrimenti aspetteremo qualche giorno. È inutile litigare su una data se ancora non sono stati chiariti i requisiti. Rischia di essere dannoso».
Ha detto che una gestione delle risorse da parte dei sindaci è più efficace. Vale anche per il Recovery Plan?
«Siamo davanti a un’opportunità storica. L’impiego del Next Generation Eu per la scuola del nostro Paese equivale a quanto venne fatto con il Piano Marshall dopo la seconda guerra mondiale. Non a caso, allora il governo italiano affidò ai comuni la gran parte della realizzazione delle opere del dopo guerra e furono ricostruite centinaia di scuole. Il piano di aiuti può essere l’occasione per costruire la scuola diciamo 2.0, una scuola sostenibile, connessa, moderna anche dal punto di vista delle tecnologie, dei linguaggi digitali e sicura».
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