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Recovery Fund, scontro sui tecnici di Palazzo Chigi. Il «Corriere della Sera» in campo per un governo di responsabilità nazionale

30 Novembre 2020 - 16:06 Redazione
Le forze di maggioranza sono sempre più irrequiete. Non piace il tentativo del premier di accentrare su di sé la gestione del dossier europeo. E da Via Solferino arriva l’appello per il superamento del Conte 2

È una partita a due facce quella che si gioca all’ombra delle insistenti voci di rimpasto. Una partita ben più importante, che si decide sul delicatissimo equilibrio tra tecnici e politica. Da un lato, le manovre per l’allestimento della grande macchina che sarà incaricata di gestire i 209 miliardi di euro in arrivo dall’Unione europea nell’ambito del Recovery Fund. Dall’altro lato, le pressioni crescenti sul governo Conte 2 affinché, nel tentativo di affrontare al meglio una emergenza senza precedenti com’è quella scaturita dalla pandemia di Covid-19, favorisca uno sforzo di responsabilità nazionale e – è l’appello odierno del direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana – «coinvolga largamente le forze politiche e tutte le energie migliori del Paese». Esperti, menti eccelse, tecnici per l’appunto.

L’attrazione del governo per le task force

Le due questioni sono legate a doppio filo, perché se Giuseppe Conte preme per inglobare la struttura piramidale adibita alla gestione del Recovery Fund sotto l’ombrello di Palazzo Chigi è anche per mettersi al riparo da sviluppi imprevisti sul fronte politico. Per farsi scudo dai tecnici – lo spettro di Mario Draghi incombe minaccioso e non da oggi – con altri tecnici. La struttura in questione sarà coordinata al vertice da un triumvirato formato dallo stesso Conte e dai ministri Roberto Gualtieri (Economia) e Stefano Patuanelli (Sviluppo Economico), tra i più vicini al premier all’interno della compagine governativa. Sotto di loro, un organo tecnico composto da sei manager, ciascuno espressione degli ambiti strategici indicati dalla Commissione Ue: digitalizzazione, istruzione, transizione ecologica, salute, infrastrutture, inclusione sociale e territoriale.

Questi manager, garantiscono dal governo, saranno «indipendenti». E gestiranno una maxi task force da 300 persone, 50 ciascuno. Esperti della materia che andranno a maneggiare, si assicura, come già i 12 selezionati per il Comitato tecnico-scientifico, i 39 facenti capo al commissario straordinario per l’emergenza Coronavirus Domenico Arcuri, i 76 chiamati all’Innovazione dalla ministra Paola Pisano e i 22 scelti per la task-force di Vittorio Colao. In attesa di conoscerne nomi e profili, quel che più fa discutere è il tentativo di Conte di porre questa intera struttura alle dipendenze di Palazzo Chigi. La manovra è controversa, tant’è vero che all’interno della maggioranza di governo c’è chi – il Partito democratico in testa – preme perché venga costituita una società ad hoc, partecipata dal Tesoro, per muovere ingranaggi tanto delicati.

I malumori di Pd e Italia Viva

L’inquadramento della cabina di regia non è l’unico motivo di tensione all’interno della maggioranza sul Recovery Fund. Un altro nodo spinoso riguarda l’ipotesi che i sei manager vengano investiti di poteri speciali, che permettano loro di non rimanere impigliati nelle fitte maglie della burocrazia nazionale. «La tecnostruttura avrà poteri sostituitivi», ha detto Conte. «Se un progetto ritarda o rischia di essere realizzato male, subentrano i tecnici e commissariano l’opera». L’idea non piace a tutti. Italia Viva, messa ai margini del processo decisionale sul Recovery Fund e già in pressing sul premier per un rimpasto, fa muro: «Evitiamo un commissariamento dei ministri con qualche burocrate a decidere al posto loro», è l’attacco di Ettore Rosato.

Anche dagli ambienti più dialoganti dell’opposizione si registrano i primi mugugni. «Ci sarà un grande confronto pubblico e coinvolgeremo tutto il Parlamento», assicura Conte, nel tentativo – vano – di calmare le acque. «Conte dice di voler coinvolgere il Parlamento», ribatte la presidente dei senatori di Forza Italia, Anna Maria Bernini, «ma intanto sta per nominare un altro maxi comitato di esperti che gli serve come cortina fumogena per accentare su di sé tutte le decisioni». Le promesse di coinvolgimento di alleati scontenti (leggi rimpasto) e opposizione sembrano non bastare più, a chi sta in Parlamento ma non solo.

La presa di posizione del Corriere

Emblematica – e pesante – in questo senso è la presa di posizione del primo quotidiano nazionale, con il direttore Fontana che sul Corriere di oggi mette sul tavolo due carichi da novanta. Chiedendo il superamento del governo Conte 2 e la messa in campo di un esecutivo di responsabilità nazionale. Il primo nodo, scrive, «riguarda la solidità di questo governo: è in grado di affrontare la sfida decisiva di far ripartire il Paese?», si chiede il direttore del Corriere della Sera, rispondendosi poche righe dopo. «Trovino i partiti, e soprattutto la maggioranza, la formula più giusta, senza cadere soltanto nell’opportunismo e nelle esclusioni di principio». «Il tema», dice Fontana, «è ineludibile», ma non risolutivo. C’è una seconda questione «altrettanto rilevante». Secondo il direttore del Corriere, «andrebbe promosso, da parte del premier, un appello alle energie migliori per coinvolgerle in ruoli di governo e di responsabilità».

La presa di posizione è di quelle che fanno rumore. E che non passano inosservate nei corridoi di Palazzo Chigi. Anche perché l’appello del Corriere della Sera e le manovre di Conte sul Recovery Fund, a dispetto delle apparenze, vanno in direzioni opposte. Se è vero che il premier ha annunciato che l’esecutivo si rivolgerà ad esperti che rappresentano «il meglio del Paese», il tentativo di porre loro e la struttura di coordinamento alle esclusive dipendenze di Palazzo Chigi è in netto contrasto con la necessità di «coinvolgerle in ruoli di governo e di responsabilità» evidenziata dal primo quotidiano nazionale. Che su questo dossier sembra intenzionato a non fare sconti al premier, al pari delle sempre più irrequiete forze di maggioranza. E il rischio, per Conte, è che non basti un rimpasto a lavare via ogni polemica.

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