Coronavirus, i numeri in chiaro. Sebastiani: «I morti giornalieri andranno anche oltre quota mille, entro dieci giorni il picco»
Mai così tanti morti, in Italia, causati dalla Covid-19 in un solo giorno. Il 3 dicembre, il bollettino della Protezione Civile e del Ministero della Salute segnala un incremento di 993 vittime, per un totale di decessi che raggiunge quota 58.038. «È un dato che addolora», esordisce il matematico Giovanni Sebastiani, ricercatore del Cnr, che si occupa di studiare l’applicazione di modelli statistici alla medicina.
Professore, abbiamo raggiunto il picco delle vittime giornaliere?
«Purtroppo no. Dalle stime matematiche, sembrerebbe che tra cinque-dieci giorni raggiungeremo il livello massimo di questa ondata. Fino ad allora, è probabile che supereremo quota mille. Per avere una misura della specificità italiana di questo fattore, basti pensare che il 2 dicembre solo Stati Uniti e Messico avevano un numero quotidiano di decessi più alto del nostro. Stiamo parlando, però, di Paesi che hanno una popolazione rispettivamente più di cinque e due volte superiore a quella italiana».
A cosa può essere dovuta una mortalità così elevata?
«I medici dicono che una delle cause può essere l’età media molto alta della popolazione italiana. Ma anche i tedeschi hanno un’età media elevata, eppure in Germania i morti giornalieri sono meno della metà dei nostri. Un’altra ragione potrebbe risiedere nelle condizioni di salute degli italiani che superano la soglia degli 80 anni, con più comorbidità rispetto ai coetanei di altri Stati. In Europa, per valore assoluto dei decessi, siamo sopra tutti, anche al Regno Unito che è più popoloso dell’Italia. È importante avere una vita lunga, ma è importante anche stare bene: questo sarà un punto fondamentale per la medicina del post pandemia. Evidentemente, oggi, la nostra medicina preventiva è più carente rispetto a quella tedesca».
Cosa legge, invece, negli altri dati del bollettino nazionale?
«Ricoveri e terapie intensive hanno numeri confortanti, in discesa continua. Se non cambiano le cose, e mi riferisco ai comportamenti dei cittadini, la tendenza dovrebbe proseguire. Bisogna osservare il rigore. Per me, tuttavia, il parametro principale è un altro».
Ovvero?
«Il tracciamento dei casi: se non riusciamo a individuare il maggior numero possibile di infezioni, i positivi sfuggono alle maglie dell’isolamento, contagiano altre persone e tutti i dati tornano a salire. Adesso, la priorità è scendere sotto i 10mila contagi giornalieri per riprendere la capacità di tracciamento».
Con questi andamenti delle curve, ci arriveremo a questa soglia?
«Non è detto, dobbiamo limitare più possibile le occasioni di contagio nel prossimo periodo di vacanze e va considerato che il peggio, per noi, deve ancora arrivare. Storicamente, a gennaio-febbraio si verificano i picchi di circolazione dei virus, così come accade per l’influenza. Anche in vista della vicinanza a quei mesi è necessario riprendere il controllo del tracciamento adesso. Altrimenti, la terza ondata potrebbe essere peggiore della seconda».
Quando finiremo di preoccuparci di curve e trend?
«Mi piace usare questa metafora: siamo nel pieno della salita di una corsa. La pianura la raggiungeremo a primavera inoltrata: dobbiamo stringere i denti fino alla primavera, quando inizieremo ad allentare le misure man mano che aumenta la percentuale di popolazione vaccinata».
Guardando all’autunno, invece, i numeri ci possono dire in cosa abbiamo sbagliato?
«A settembre eravamo in piena crescita lineare, la curva della percentuale dei positivi sui casi testati era inferiore al 3%. Il 14 settembre abbiamo riaperto le scuole e, dopo due settimane, i dati hanno iniziato la loro crescita esponenziale. Ormai è certo che le scuole hanno avuto un’influenza sul contagio: è l’unico fattore a essere cambiato a metà settembre, esattamente due settimane (il tempo medio tra un’infezione e la sua registrazione) prima che la diffusione del virus assumesse un trend esponenziale».
Poi come si è evoluto l’andamento?
«Il 13 ottobre è stato introdotto il primo vero Dpcm della seconda ondata. Dopo circa due settimane, la curva esponenziale ha cominciato a flettersi. La decelerazione era lenta, ma evidente. Il 3 novembre è stato fatto il Dpcm per la scuola a distanza, dopo undici giorni, il 14 novembre, abbiamo raggiunto il picco dei contagi. Ecco, credo fortemente che le scuole in senso lato, comprendendo il tema dei trasporti e gli assembramenti dei ragazzi fuori dai plessi, abbiano contribuito pesantemente alla diffusione del virus».
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