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Il balzo in avanti di Johnson, la rabbia di Trump, i freni della Ue: la corsa al vaccino è già una lotta per la supremazia

03 Dicembre 2020 - 14:44 Giada Giorgi
Raggiungere le tanto attese autorizzazioni delle formule anti virus non è più solo una questione sanitaria

Gli Stati Uniti speravano di arrivarci prima di tutti, la Cina ha provveduto da sé, l’Europa ha chiuso 5 contratti e il Regno Unito ha battuto mezzo mondo in nome dell’effetto Brexit. È la partita a scacchi dei vaccini, a oggi non solo pista da corsa per gli scienziati, ma difficile campo di prova per tutti i governi in cerca di uno scacco matto definitivo. Il vaccino anti SARS-Cov-2 si è ufficialmente aggiunto alla lista delle più importanti innovazioni al centro di una competizione geopolitica più agguerrita che mai.

La mossa inglese

EPA/FACUNDO ARRIZABALAGA | Boris Johnson

La scelta di MHRA, dell’ente regolatore britannico che ha fatto del Regno Unito il primo Paese occidentale ad aver ufficialmente autorizzato la formula anti Covid Pfizer, non ha tardato ad acquistare colore politico. «È merito di Boris Johnson», si sono affrettati subito a dire i sostenitori del governo britannico, in barba alle numerose critiche riversate negli ultimi otto mesi sul primo ministro conservatore.

Ma un passo di valutazione politica ulteriore è stato fatto quando, nella questione dell’autorizzazione inglese al vaccino anti Covid, è entrata ufficialmente la parola Brexit. «La Brexit ha consentito al Regno Unito di approvare un vaccino Covid più rapidamente rispetto ad altri Paesi dell’Unione europea». Il segretario alla sanità Matt Hancock ha parlato chiaro, spostando ancora e di molto il tema su un unico piano geo-politico. A fargli da eco il tweet del leader della Camera dei Comuni, Jacob Rees-Mog: «Potevamo approvare questo vaccino solo così rapidamente perché abbiamo lasciato l’UE», ha sentenziato.

Il riferimento degli esponenti politici citati è alla norma secondo cui un Paese può utilizzare una procedura di emergenza che gli consente di distribuire un vaccino per uso temporaneo all’interno del proprio mercato, e prima di un’autorizzazione dell’Ema. Una legge sbandierata dagli inglesi come vessillo di indipendenza dalle regole dell’Unione ma che, come ribadisce anche Bbc, rientra invece a pieno nella legislazione europea, a cui il Regno Unito è ancora soggetto fino alla fine dell’anno. In ogni caso la decisione dell’ente regolatorio Medicines and Healthcare products Regulatory Agency, ha sigillato il primato di Londra davanti agli occhi del mondo, con conseguente fastidio da parte di Washington e Bruxelles.

Se è vero però che quello di Johnson è uno scacco matto riuscito, è anche vero che buona parte della macchina dell’approvvigionamento inglese ora necessario dovrà dipendere ancora dall’Ue. Come ribadisce anche il Financial Times, gran parte delle dosi che arriveranno nel Regno Unito saranno prodotte dagli stabilimenti Pfizer a Puurs, in Belgio. L’accordo commerciale sulla Brexit, di fatto non ancora firmato, sarà quindi ancora più decisivo per lo svolgimento in tempi più o meno rapidi della campagna vaccinale inglese.

L’America in scacco

Ansa | Donald Trump

Dalle stanze segrete dei funzionari della Casa Bianca trapela una certa irritazione. La patria della FDA, uno degli enti regolatori più seri e affidabili del mondo, la stessa che ha sviluppato alcuni dei principali vaccini che potrebbero essere approvati presto in Europa e già in Gran Bretagna, è ferma. La notizia dell’autorizzazione del Regno Unito arrivata prima di quella dell’FDA, non ha fatto piacere ai funzionari della sanità americana, che vedono svanire la golosa occasione di un primato da vantare sul mondo.

L’agenzia regolatoria non autorizzerà un vaccino fino a dopo il 10 dicembre, circa un mese dopo che Pfizer ha riferito per la prima volta dell’efficacia del suo vaccino candidato oltre il 90% e circa 3 settimane dopo anche lo stesso annuncio di Moderna. Nella partita geo-politica dei vaccini, gli Stati Uniti appaiano adesso indeboliti su più fronti e superati dagli avversari. A indebolirli per prima è stata la decisione di ottobre della stessa Fda.

Le linee guida diffuse dall’agenzia hanno stabilito la necessità di un’ulteriore raccolta di dati da parte delle aziende produttrici, obbligando al monitoraggio della metà dei partecipanti alla sperimentazione clinica per almeno 2 mesi dopo la loro dose finale di vaccino o placebo, prima di richiedere l’autorizzazione di emergenza. Non solo. Gli sviluppatori di vaccini dovrebbero aspettare per somministrare la dose candidata fino a quando almeno 5 casi gravi di Covid-19 non saranno stati segnalati tra i partecipanti allo studio che hanno ricevuto il placebo.

La reazione di Trump all’atteggiamento rigoroso di FDA non è stata certo delle migliori. Niente America First ma una lista d’attesa che il presidente ha subito interpretato come una chiara mossa politica. Le direttive dell’agenzia sarebbero state per Trump uno strumento per metterlo in cattiva luce nei confronti del Paese e del mondo e ostacolare le sue elezioni presidenziali.

Cina, la partita solitaria

EPA/ANDRE COELHO | Xi Jinping

Arrivare al vaccino anti Covid significa molte cose. La possibilità fra tutte di uscire da un incubo sanitario e sociale, ma anche l’opportunità di una supremazia, per chi conquisterà la meta per primo, a livello globale. In un contesto di pesi così importanti in gioco, la Cina non poteva certo tirarsi indietro, portando avanti una partita tutta sua. CanSino, SinoPharm, Sinovac e l’Istituto Biologico di Wuhan sono tutte realtà giunte alla fase conclusiva della sperimentazione, con quasi 1 milione di persone che hanno già ricevuto la dose nell’ambito di un programma di somministrazione d’emergenza.

I media cinesi riportano notizie sui programmi di vaccinazione anti Covid che starebbero andando avanti ormai da settimane, con buona priorità riconosciuta al personale militare e sanitario, ma anche a diplomatici e dipendenti delle aziende statali. Intanto l’ultima notizia arrivata da SinoPharm è quella di una richiesta di ampliamento della diffusione su larga scala.

In tutto questo il dato dell’Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) ha registrato per le economie dei Paesi del G20 un calo senza precedenti nel secondo trimestre dell’anno in corso. L’unica nazione a registrare una crescita positiva è stata la Cina con un Pil incrementato del 3,2%, in un aumento dell’11,5% rispetto ai tre mesi precedenti. Un dato, che a fronte delle condizioni drammatiche della maggior parte dei sistemi economici nazionali, acquista un valore enorme anche e ancora una volta sul piano geo-politico mondiale.

La mossa d’anticipo europea

Ansa | Ursula von der Leyen

Per l’Europa ora l’obiettivo è avere voce in capitolo. Oltre alle dosi dei nuovi vaccini, si spera. Le aziende farmaceutiche con le quali ha concordato milioni di dosi sono le stesse in attesa di avere un’autorizzazione definitiva da parte dell’Ema. La serie di pre-ordini effettuati dalla Commissione europea dunque ha chiaramente mostrato i segni di un tentativo di non rimanere indietro sul tavolo delle trattative e di essere tra i primi ad accaparrarsi l’ambìto bottino di fiale.

La conquista del vaccino è stata più volte associata dalla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, alla possibilità di riprendere il controllo della situazione attraverso l’utilizzo del piano di risorse Next Generation Eu. Una ripartenza economica e sociale che, secondo lo scenario politico tracciato dalla presidente, gli europei saranno in grado di ottenere anche grazie alla strategia vaccinale messa in campo.

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