Noi fuorisede non siamo untori, ci facciamo i tamponi (a spese nostre) e non abbracciamo le nonne
L’esodo, la grande fuga dal Nord, gli aerei e i treni strapieni, 70 mila agenti sulle strade. Ancora una volta i fuorisede vengono presi di mira come fossero schegge impazzite, untori della peggior specie che vanno in giro ad abbracciare chiunque e a infestare di Covid le regioni del Sud. Il quotidiano La Stampa parla addirittura di «mammoni del brindisi». Niente di più falso. Nel corso della prima fase – come ricorderete – il Sud si è letteralmente blindato, dalla Sicilia alla Calabria, passando per la Campania. I fuorisede hanno lanciato il loro grido d’allarme, molti non riuscivano nemmeno ad arrivare a fine mese (visto che non potevano più lavorare, ad esempio, nella ristorazione). Intanto facevano il giro del Paese le immagini della stazione di Milano presa d’assalto dai fuggitivi. E così si scatenavano le critiche, le polemiche, i soliti pregiudizi. Facile trovare il capro espiatorio. La realtà, però, è un’altra.
Nessuno dice, ad esempio, che i treni viaggiano a una capienza ridotta, al 50 per cento, e che quindi è normale che si riempiano facilmente. Nessuno dice che trascorrere il Natale con la propria famiglia, dopo mesi di reclusione in casa, è un desiderio più che legittimo. Non è un capriccio. Nessuno dice che la maggior parte dei ragazzi che rientrano al Sud rimangono a casa nelle ultime due settimane prima di partire, nessuno dice che si sottopongono sempre a un tampone appena giunti a destinazione. In molti casi, proprio i fuorisede che rientrano in famiglia sono i più rispettosi delle regole, vedono gli amici più intimi solo se strettamente necessario (e sempre con mascherina) e hanno paura di infettare i genitori, nella stragrande maggioranza anziani o con patologie. Molti, ad esempio, ed io tra questi, ricorrono ai tamponi molecolari o ai tamponi rapidi che devono ovviamente pagare di tasca propria: nessun sostegno da parte di uno Stato che chiede prudenza ma non fornisce strumenti, soprattutto a chi non ha le possibilità economiche per pagare un tampone 50 euro, quando va bene. Insomma, una prudenza solo a parole.
Nessuno dice che i fuorisede, proprio in queste ore, anziché andare in giro, si sono barricati in casa in attesa di poter raggiungere la propria residenza, tutto in sicurezza e senza fuggire da alcunché (la “fuga” verrà spalmata in due settimane, non in due giorni). Perché, diciamolo senza timore di essere smentiti, con responsabilità e buonsenso si può fare tutto. La nonna non si abbraccia, si resta con le mascherine in casa e la pasta al forno, per Natale, si mangia a distanza. Dimostrare amore, oggi, significa non abbracciarsi, non baciarsi, prestare massima attenzione fuori e dentro casa, come ha detto Alberto Villani del Comitato tecnico scientifico in un’intervista a Open. E lo si fa, lo facciamo, anche nel rispetto degli amici che hanno una madre fragile, magari malata di tumore, o verso nipoti piccoli che non vedi da tempo e che hanno tutto il diritto di giocare con il padre o con lo zio rientrato dal Nord per Natale. Sempre in sicurezza. Ci chiediamo, invece, come mai lo Stato non si sia preoccupato di gestire, in maniera controllata, un prevedibile e legittimo “esodo” – se proprio vogliamo chiamarlo così – verso il Sud.
Al contrario, anche quest’anno ci troviamo davanti la vergognosa, e mai risolta, situazione dei costi proibitivi dei biglietti di aerei e treni. L’anno scorso ci ha dovuto pensare un ragazzo di 25 anni a organizzare un bus a prezzi accessibili (poi totalmente azzerati grazie agli sponsor) per consentire ai terroni di tornare a casa. Lo Stato era, ed è, assente. Adesso restiamo in attesa delle tariffe sociali che, ci dicono dal ministero dei Trasporti, dovrebbero arrivare presto ma ancora non c’è una data. E poi sia chiaro: quasi nessuno ha scelto di trasferirsi al Nord per ragioni estetiche. La maggior parte dei fuorisede è stata costretta alla fuga da un Sud depredato dalla mala politica dal malaffare. E a chi continua a chiederci, in queste ore, se è possibile rientrare a Natale nella propria residenza la risposta è sì: l’ultimo Dpcm fa salvo il rientro alla propria residenza, domicilio o abitazione, sempre con autocertificazione.
Infine una doverosa precisazione. Anche tanti giornalisti sono fuorisede. Per quanto mi riguarda, durante la prima ondata, ho deciso di restare lontano dalla mia famiglia per sei mesi. Una volta rientrato, ad agosto, mi sono sottoposto a un tampone molecolare che ho pagato 50 euro. Prima dell’esito negativo, che per fortuna ho avuto dopo poche ore, non ho incontrato nessuno (no ho chiaramente abbracciato i miei genitori all’aeroporto) e sono rimasto in isolamento. Per la seconda ondata, invece, ho optato per una “reclusione” forzata di due settimane in casa – la mia ora d’aria era andare a fare la spesa – salvo poi tornare al Sud sottoponendomi a un tampone rapido di 25 euro. Anche in questo caso non ho giocato con mio nipote prima dell’esito negativo del test. E – ma cosa lo dico a fare, penso sia superfluo – non ho mai abbracciato mia nonna in tutti questi mesi. Nemmeno adesso. Non si sa mai.
Foto in copertina di repertorio: ANSA/MASSIMO PERCOSSI
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