Caso Zaki, domani l’esito dell’udienza sul rinnovo della detenzione. Pessimisti i suoi legali: «Patrick rimarrà in prigione»
Per Patrick Zaki un’altra notte di angoscia – l’ennesima – prima di sapere se verrà scarcerato o resterà in carcere. Si è conclusa l’ultima udienza al Cairo per discutere della proroga della custodia cautelare dello studente egiziano dell’Università di Bologna arrestato lo scorso 7 febbraio all’aeroporto della città. Ma l’esito non si conoscerà prima di domani. Pessimisti i suoi avvocati, usciti dall’edificio poco prima delle 17 (le 16 ora italiana).
In particolare, la sua legale Hoda Nasrallah ha fatto sapere di aver notato, durante l’udienza, diversi elementi che porteranno con molta probabilità a una proroga della detenzione. «Spero che venga rilasciato domani ma non lo prevedo – ha commentato Nasrallah – perché è stato sollevato il problema dei libri e il giudice ha risposto “mi presenti una domanda”. Questo significa che Patrick rimarrà in prigione». Se la scarcerazione fosse imminente, è la deduzione della legale, il giudice avrebbe evitato di sollecitare un’istanza specifica.
Le accuse a suo carico
«Stava facendo uno stage in Italia ed è stato arrestato quando è sceso dall’aereo al Cairo a febbraio. Non comprende le accuse mosse contro di lui, perché si trova in carcere e quali sono le prove a suo carico», così l’avvocatessa ha sintetizzato le parole del giovane studente in aula, questa mattina. «Patrick ha chiesto al giudice di accertarsi se i documenti all’origine delle accuse siano realmente attribuibili a lui – ha proseguito – e, in caso contrario, di “scagionarlo”». Il riferimento è ai famosi post che i giudici egiziani attribuiscono a Zaki e sulla base dei quali lo accusano di propaganda sovversiva.
L’udienza di oggi
Come ha riferito l’associazione Free Patrick oltre ai legali di Zaki, all’udienza nella sede dell’istituto di polizia all’interno del complesso carcerario di Tora, hanno partecipato anche il procuratore dell’Ue e i rappresentanti delle ambasciate italiana, tedesca, olandese e canadese. Davanti all’accademia di polizia, nel corso dell’udienza, hanno sostato una decina di attivisti egiziani venuti per seguire da vicino il caso.
L’udienza del 21 novembre
Sono passati più di trecento giorni da quando Patrick Zaki è stato fatto prigioniero con l’accusa generica di «aver tentato di rovesciare il regime al potere» per una serie di post critici del regime di Abdel Fattah al-Sisi pubblicati sui social media. Da allora lo studente e ricercatore è stato detenuto nel carcere detto «la tomba», a 30 chilometri dal Cairo, in condizioni durissime, senza un letto né un materasso.
Nell’ultima udienza, il 21 novembre, la Corte d’assise del Cairo aveva deciso di prolungare la sua detenzione preventiva in carcere per altri 45 giorni, attirando nuove critiche e denunce da parte delle organizzazioni per la difesa dei diritti civili, tra cui Amnesty International Italia, il cui portavoce Riccardo Noury aveva definito il prolungamento della detenzione cautelare un «accanimento giudiziario».
Congelati gli asset dei tre attivisti scarcerati
Nei giorni scorsi, però, qualcosa si è mosso. Le autorità egiziane hanno scarcerato i tre manager dell’Ong Egyptian Initiative for Personal Rights (Eipr), per cui Zaki lavorava come ricercatore, a seguito di una serie di petizioni e di appelli, da Hollywood a Bologna. La scelta non è stata così lineare come potrebbe apparire. Come riferisce l’Eipr, nonostante la loro scarcerazione, le autorità egiziane hanno congelato tutti i conti dei tre attivisti Mohamed Basheer, Karim Ennarah e Gasser Abdel Razek.
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