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La rivolta degli streamer di Twitch: inizia il #nostreamday. Mr. Marra: «È un lavoro, vogliamo più diritti»

09 Dicembre 2020 - 11:22 Felice Florio
Uno dei performer più seguiti sulla piattaforma, cofondatore del programma “Cerbero”, racconta a Open le ragioni della mobilitazione, il cui manifesto è stato sottoscritto anche dal cantante e influencer Fedez

C’è uno strano silenzio sull’app con il logo viola, quella dove la gen Z si svaga e si informa e dove i boomer provano a fare qualche incursione per attrarre la loro attenzione. Le trasmissioni più seguite sono offline, i loro protagonisti si muovono su altre piattaforme e invitano tutti gli utenti a scollegarsi da Twitch: è il #nostreamday. Gli streamer, ovvero i creatori di contenuti che lavorano su questa piattaforma, hanno iniziato una mobilitazione che inizia mercoledì 9 dicembre e durerà a lungo.

«Fino a quando non avremo più tutele», dice Davide Marra a Open, uno degli streamer italiani più conosciuti della piattaforma. Lui e i suoi colleghi si sono organizzati sullo stesso Twitch, piattaforma di proprietà di Amazon, sulle chat di Discord e Whatsapp. Sono più di 50 gli streamer che hanno aderito alla protesta e il loro manifesto porta persino la firma di Fedez. L’obiettivo? Chiedere una regolamentazione dell’utilizzo di Twitch più chiara ed equa per i performer che, sulla piattaforma, lavorano.

La questione è proprio questa: Twitch, per decine di persone, è diventato un vero luogo di lavoro da cui dipendono le entrate mensili. Per questo è in corso una vera battaglia sindacale, di quelle tipiche del terzo millennio con cui si chiede di regolamentare professioni nuove e con caratteristiche sconosciute alle occupazioni del secolo scorso. La sollevazione è partita in seguito al permaban – un divieto permanente di comparire sulla piattaforma – inflitto al noto streamer Sdrumox.

«Sia chiaro – scrivono gli autori del manifesto – non stiamo contestando il ban, che è legittimo, bensì la modalità con il quale è stato perpetrato. Non è pensabile bannare uno streamer inizialmente per sei mesi e poi comunicargli, al termine della scadenza, l’allontanamento perenne dalla piattaforma. Allontanamento che, chiaramente, prevede l’interruzione dell’attività lavorativa su Twitch e la conseguente impossibilità a tornare a utilizzare il proprio canale. Riteniamo che sei mesi di attesa siano inconcepibili visto che stiamo parlando di un’attività che per noi è una professione a tutti gli effetti», spiegano.

I performer lamentano la modalità «assolutamente discrezionale» con cui la piattaforma di Amazon valuta chi bannare e per quali ragioni farlo. Inoltre, dicono gli streamer in rivolta, Twitch punisce con ban o permaban anche chi parla nelle proprie live delle sanzioni comminate ad altri creator. «Chiudere un profilo ha delle conseguenze serie: danni economici, possibile perdita del lavoro e della credibilità – e chiariscono -. Gli streamer inciampano spesso in errori involontari, ma questi potrebbero essere tranquillamente evitati se ci fosse maggiore chiarezza e maggiore trasparenza».

Il “Manifesto degli streamer”

L’intervista a Mr. Marra

Mr. Marra durante una live del programma Cerbero

Prima di tutto, partiamo da una presentazione. Chi sei e cosa fai nella vita?

«Mi chiamo Davide Marra, sul web sono noto come Mr. Marra. Adesso conduco una trasmissione su Twitch, in diretta live, due volte al giorno. Abbiamo creato questo progetto due anni e mezzo fa, partendo con numeri bassi. Pian piano siamo riusciti a crescere, essenzialmente perché non esisteva in Italia un format del genere. Siamo entrati in una piattaforma dominata dal gaming e abbiamo inserito un vero e proprio talk show. Prima, ho lavorato per dieci anni come personal trainer e ho un canale YouTube, che gestisco tutt’ora, in cui parlo di cinema. Ma YouTube è più un hobby. La trasmissione su Twitch, il Cerbero, è il mio lavoro».

Quando fare lo streamer di Twitch è diventata la tua principale attività remunerativa?

«Noi ci abbiamo puntato sin da subito. Abbiamo fatto investimenti in termini di tempo, e poi anche di strumentazione. I miei due colleghi facevano gli YouTuber a tempo pieno, e hanno trascurato quella piattaforma per Twitch. Dopo sei mesi dal lancio, l’introito è diventato abbastanza buono, tale da permetterci di considerare le nostre live un vero lavoro. Dopo un anno, l’attività ci ha consentito di prendere casa tutti insieme. Una delle sue stanze l’abbiamo adibita a studio da dove trasmettiamo le live».

Twitch | Il logo del canale Cerbero_Podcast

Quanto è ampio il tuo seguito?

«Su Twitch il Cerbero ha 150mila follower, sul canale di YouTube, che è di fatto un luogo per il re-upload delle live, 146mila. Questi numeri, per il bacino di utenza di Twitch che è più piccolo in Italia, sono eccellenti: siamo sul podio dei più seguiti in Italia, considerando anche che gli altri fanno essenzialmente gaming. Ovviamente con seguito, su Twitch, si intende la media di spettatori per live a parità di ore in streaming».

Quanto guadagna, in media, uno streamer su questa piattaforma?

«Il guadagno dello streamer dipende da tre fattori. Quello più influente è quello dei sub, abbreviazione di subscriber, ovvero gli abbonati: ognuno di loro ti garantisce circa 3 dollari mensili. Il Cerbero ha circa 6mila sub. Poi c’è la componente delle donazioni: gli utenti possono donarti quanto vogliono e quando vogliono. Ma noi non ci puntiamo molto, perché sono guadagni molto volatili. Gli streamer che ci puntano lo fanno integrando le donazioni nei propri format: ogni donazione fa in modo che, durante la live, succeda qualcosa. L’ultimo metodo di guadagno è quello delle pubblicità. Twitch ti dà la possibilità di mandare in onda delle pubblicità ogni 8 minuti e, più spettatori in live hai quando vengono trasmesse, più guadagni».

Ecco, quantifichiamo il reddito medio di uno streamer attraverso i guadagni che fate con il Cerbero.

«Guadagniamo circa 20mila dollari mensili con il Cerbero, ovviamente c’è il cambio dollaro-euro e le tasse da pagare, che sono qualcosa di allucinante. Abbiamo dovuto aprire una Srls. Dai ricavi mensili complessivi, a testa paghiamo circa 3mila dollari di tasse».

Cosa hanno reso il Cerbero davvero famoso?

«Intanto abbiamo dato la possibilità ad altre persone di seguire la nostra linea, siamo i precursori della categoria just chatting. Si tratta di una sorta di talk show e creiamo un contributo che sia fruibile anche su YouTube, perché impostiamo la nostra live come un programma televisivo e non uno streaming infinito. Una peculiarità è che siamo tre personalità completamente diverse a condurre la live. Gianluca ha una verve comica molto forte. Simone ha delle componenti musicali e una comicità più black, più scomoda. E io sono il componente che tende di più a parlare e a fare da filo conduttore. Poi c’è la community: noi siamo diventati importanti perché siamo riusciti a creare un universo di personaggi che affascinano, e la community stessa crea dei meme, delle frasi ricorrenti, una narrazione simil Marvel intorno a ciò che succede nel Cerbero».

Perché ti sei fatto promotore di questa particolare forma di sciopero, il #nostreamday?

«Perché, da buon egoista, ti dico che ci sono passato anch’io dalle sanzioni di Twitch. Perciò noi del Cerbero siamo riusciti a empatizzare con tutti gli streamer esposti ai ban. Siamo una categoria lavorativa troppo giovane e proprio per questo abbiamo bisogno di tutele che, al momento, non esistono. Il #nostreamday fa leva sul fatto che tutti hanno bisogno di queste tutele, per un proprio interesse, e ci siamo messi insieme per trasformare questa necessità singola in una battaglia su dei principi comuni, essenziali per il nostro lavoro».

Vi considerate una sorta di dipendenti dall’azienda Twitch, e quindi di Amazon?

«Il punto è che, di fatto, noi lavoriamo su questa piattaforma e dobbiamo sottostare a certe regole. E va benissimo. Il punto è che un libero professionista che ha una collaborazione, generalmente, ha una struttura contrattuale diversa dalla nostra. Ad esempio, quando firmi un contratto partner di Twitch, devi accettare il fatto di dover fare le live in esclusiva solo su Twitch. Ma è una formulazione “paracula”, perché scarica applica una clausola tipica dei contratti subordinati».

Quali sono le parti del contratto che ritieni vessatorie?

«I punti sono i seguenti. Innanzitutto, le regole di questa piattaforma sono semplicemente delle linee guida ampie, generiche che rendono difficoltosa la configurazione dei casi specifici. Faccio un esempio: uno streamer è stato bannato per autolesionismo, il che sarebbe giusto. Ma lo streamer in questione, in quel caso, si stava dando in maniera goliardica due pizze in faccia. È autolesionismo? Giudicate voi. E parliamo di decisioni, quelle riguardanti il ban, che creano un danno economico gigantesco: sono tantissimi i soldi che perdi se non vai in onda per una settimana. Bisognerebbe, invece, fare un controllo sui contenuti precedenti, sulla storia dello streamer, valutare il caso in maniera approfondita. La moderazione italiana della piattaforma non è pronta, perché sono pochi quelli che ci lavorano. Ma prima di prendere una decisione lavorativa, cioè il ban, ci dovrebbe essere una possibilità di appello adeguata. E se lo streamer, dopo essersi opposto alla decisione di Amazon, riesce a dimostrare di aver ragione, andrebbe rimborsato delle perdite economiche e del danno di immagine».

«Poi c’è la disparità di trattamento: senza fare un processo all’intenzioni, alcuni lavoratori vengono bannati per un motivo e altri, per gli stessi, no. Credo che sia un problema pratico, lo staff italiano è insufficiente per controllare tutti. Magari non arrivano abbastanza segnalazioni e non vedono certe irregolarità, ma sostanzialmente, c’è chi può continuare indisturbato a fare un contenuto non permesso, facendo anche una sorta di concorrenza sleale. Io, che ho un canale grosso, rischio di essere segnalato rispetto a chi ha un canale piccolo e che può fare cose peggiori delle mie. Spessissimo, su Twitch, la gestione dei canali è iniqua, anche perché le regole sono discrezionali, basandosi appunto su linee guida molto ampie».

«Ancora, non si capisce quale dev’essere, per Amazon, il limite della satira e della comicità. Molte persone sono state bannate per aver fatto delle battute. Allora noi chiediamo alla piattaforma di essere chiara: si possono fare le battute, bisogna farle seguire da un disclaimer, bisogna dire “stavo scherzando”. Insomma, dateci una linea chiare. Ovviamente, per un canale come al nostro che si basa anche sulla comicità e siamo stati già bannati per questo, il vuoto nel regolamento ci limita e se occorre rinunciare alla comicità per evitare in un giudizio discrezionale della piattoforma, è la morte della creatività».

«L’altro punto fondamentale riguarda il permaban. Twitch è l’unica piattaforma che ha regole così stringenti sul ban. Nelle altre piattaforme, se ti chiudono un profilo, puoi riaprine un altro, salvo casi rarissimi di pedopornografia, violenza. Se ti bannano in maniera permanente su Twitch, invece, non solo non puoi aprirti più un altro canale, ma non puoi nemmeno più comparire in forma solo vocale in altri canali. Mai. Molti streamer fanno le live irl, ovvero in real life: si tratta di streamer vanno in giro commentando quello che vedono. Se sei stato bannato, ad esempio, è meglio che eviti di partecipare alla Games Week, perché se finisci nella live di qualcun altro, bannano anche lui. Oppure, ed è successo, devi avere paura ad andare in un locale dove ci sono i tuoi amici streamer, perché se finisci in una live irl di un tuo collega, fai perdere il lavoro anche a lui».

Sei soddisfatto dell’endorsement di Fedez alla vostra protesta?

«Contrariamente a quanto si dica, Fedez non ha paura di metterci la faccia quando crede in qualcosa. Al di là dell’amicizia che ha con me o con Sdrumox, che è lo streamer bannato, è un grande supporter di queste battaglie».

Spesso sulla piattaforma viene utilizzato un linguaggio crudo, a volte volgare bisogna ammetterlo. Dove dovrebbe finire, per te, su Twitch il limite della libertà di espressione e iniziare quello del rispetto della dignità altrui?

«Secondo me il limite dipende dal singolo canale. Rai YoYo ha un limite. Il Tg5 ne ha un altro. Una piattaforma di questo tipo, non può mettere sotto lo stesso cappello creator che hanno un target diverso. Come si potrebbe risolvere la questione? Con le categorie, ad esempio una “+18”, dove possono accedere solo maggiorenni. Sostanzialmente, per me il limite c’è nel momento in cui vai a configurare quello che fai: uno stand-up comedian non ha limite sulla sua satira. Un teatrante, un cineasta, un giornalista, hanno dei limiti propri della categoria a cui appartengono. Twitch non è più solo una piattaforma di gaming per ragazzini, ma sta diventando una piattaforma di informazione, di tutto. Si potrebbe fare come con i bollini sui programmi televisivi, opzione implementata anche da YouTube. Ovvio, poi, che i reati valgono su Twitch come nella realtà. Nel nostro caso, se a volte siamo volgari, ovviamente compensiamo con molta attenzione alle discussioni che le ingloblano: non è mai un delirio, un cazzeggio, fine a se stesso. Se facciamo una battuta molto pesante, poi argomentiamo».

Se ci fosse l’opportunità di organizzare un tavolo di concertazione con Amazon e le istituzioni, vi siedereste al tavolo?

«Assolutamente sì».

C’è qualche realtà politica con cui avete avuto un’interlocuzione?

«La Giovane Roma di Federico Lobuono ci ha dato una grossa mano. Hanno subito fatto proprie le nostre problematiche e ci stanno aiutando con la comunicazione istituzionale. Ma stiamo parlando di uno step successivo, dopo lo sciopero di oggi vedremo come sarà recepita dalla politica la nostra richiesta di diritti».

Se non si trova un accordo sulle vostre richieste, saresti disposto ad abbandonare Twitch?

«Penso che sia molto più probabile che sarò costretto ad abbandonare Twitch per una sanzione di Amazon. Con tutte queste problematiche, sarà inevitabile il permaban, prima o poi. Molti problemi che abbiamo riscontrato, sono nati da vuoti contrattuali, delle zone grigie che, se non verranno sistemate, influiranno sulla nostra presenza nella piattaforma. Ci sono delle clausole vessatorie che riguardano il ban. Quando viene bannata una persona, Twitch ci dice di non parlarne. Cosa vuol dire? Non posso criticare la scelta fatta da una piattaforma? Questa si chiama censura».

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