Polonia, ancora in piazza per rivendicare il diritto all’aborto e chiedere le dimissioni dei governo
Non si placa la mobilitazione in Polonia contro il divieto, ormai diventato totale, di aborto. Oggi a Varsavia sono scese in piazza alcune migliaia di persone per manifestare ancora una volta, a quasi due mesi di distanza, il loro no contro la sentenza della Corte Costituzionale che sancisce nel paese un divieto quasi totale di aborto. Le manifestazioni chiedono ormai anche le dimissioni del governo conservatore. In piazza e per le strade donne, ma anche uomini che hanno percorso la città e raggiunto l’abitazione del vice primo ministro Jaroslaw Kaczynski, ovvero colui che viene visto come l’uomo forte della destra polacca, dei conservatori al potere e colui che è dietro alla decisione della Corte. La casa del vice primo ministro è diventata nei giorni il target delle manifestazioni che continuano a susseguirsi.
Era il 22 ottobre scorso quando la Corte Costituzionale, riformata dal partito ultra-cattolico Legge e Giustizia (PiS), al potere ha deciso di bandire l’aborto in Polonia anche in caso di grave malformazione del feto. L’interruzione volontaria di gravidanza resta possibile (in teoria) nei casi di stupro e incesto o quando la vita della madre è in pericolo. Il malcontento serpeggia non solo tra le donne e in termini di diritti umani e civili. Tensione infatti anche tra i contadini: alcuni di loro nella notte hanno lasciato un maiale morto davanti alla residenza di Kaczynski, e hanno buttato uova e patate nelle strade. L’accusa al governo è quello di non avere fatto nulla a fronte del calo dei prezzi dei generi alimentarie.
In copertina EPA/Marcin Obara | La manifestazione a Varsavia, 13 dicembre 2020.
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