Ai medici specializzandi solo crediti formativi per fare le vaccinazioni: «Con quelli non paghiamo le bollette»
In protesta con indosso il camice bianco, o meglio grigio, nelle maggiori piazze d’Italia per ricordare «che il lavoro va pagato». Centinaia di medici specializzandi dichiarano con forza la rabbia e l’avvilimento per la decisione del ministro alla Salute Roberto Speranza e di quello all’Università Gaetano Manfredi sul loro apporto alla lotta al virus: per gli iscritti al primo e secondo anno delle scuole di specializzazione che saranno coinvolti nella campagna vaccinale anti Covid verranno elargiti ben 4 crediti formativi. Nessun contratto, nessun compenso economico, al contrario di quanto avverrà per i 3 mila medici selezionati dal bando indetto dal commissario Domenico Arcuri. Per il ministro Manfredi la somministrazione del vaccino da parte degli specializzandi «è un’attività che si inserisce nel percorso di formazione», ma i diretti interessati non ci stanno. «Con i crediti non paghiamo le bollette», scrivono sui cartelloni preparati per i sit in e cercano di spiegare quanto, in realtà, somministrare un vaccino rientra nelle competenze solo per alcuni aspiranti specialisti, non certo per un cardiologo o per un chirurgo.
La storia del percorso formativo dunque sembra ai giovani medici una scusa per non essere retribuiti ed è per questo che anche la Federspecializzandi chiede che l’adesione alla campagna sia su base volontaria. Nessuno dovrà essere costretto a mettersi in prima fila nel servizio all’interno dei padiglioni a forma di primula per vaccinare la popolazione. Almeno se queste rimarranno le condizioni imposte dal governo. La Presidente di Federspecializzandi Federica Viola annuncia una vera e propria mobilitazione nazionale della categoria perché «Manfredi e Speranza non pensino di poter sfruttare forza lavoro a costo zero». Una protesta che si aggiunge a quella tuttora in corso e portata avanti ormai da mesi sul concorso di accesso alle scuole di specializzazione. Svoltosi a settembre, con due mesi di ritardo causa pandemia, è stato travolto da ricorsi e contestazioni su modalità e tempistiche, e oggi, 16 dicembre, dovrebbe vedere la conclusione dell’iter giudiziario con la pronuncia definitiva da parte del Consiglio di Stato.
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