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La corsa contro il tempo per tornare a scuola il 7 gennaio: i nodi irrisolti sui trasporti, gli incastri sugli orari decisi dai prefetti

19 Dicembre 2020 - 10:50 Redazione
Rimane scettico il Veneto di Luca Zaia: gli incontri nelle prefetture hanno portato alla decisione di rendere più frequenti le corse dei mezzi nell’orario di punta al mattino. Ma protestano i privati dei trasporti che non sarebbero ancora stati coinvolti nel piano di rientro a scuola

Che la scuola riapra da giovedì 7 gennaio 2021 è (quasi) l’unica certezza su questo fronte, sempre che la curva dei contagi da Coronavirus non riprenda a salire esponenzialmente. Quello che rimane in bilico sono i piani esecutivi messi in moto dagli uffici scolastici direttamente con le aziende di trasporto, e che in questi giorni le prefetture stanno provvedendo a delineare. Si lavora per studiare un modo per spostare un milione e mezzo di studenti in sicurezza sui mezzi pubblici e ripartire con la scuola al 75 per cento (o al 50) in presenza. Per ora, come ricordato a la Repubblica dalla ministra dei Trasporti De Micheli, i mezzi pubblici restano con una capienza al 50 per cento, «e spero mantengano questo livello fino all’estate».

I piani dei prefetti su orari e trasporti

Le prefetture guidate dal ministero degli Interni, e quindi dalla ministra Lamorgese che ha stilato un rapporto a riguardo, hanno fatto sapere che sugli ingressi nelle scuole si sta pensando allo scaglionamento in due tranche: ore 8 e ore 10, l’unica chiave possibile per il rientro degli studenti nelle loro aule. A fianco, diceva il rapporto, «bisogna avviare la revisione degli orari per gli uffici pubblici». Le prefetture hanno accolto l’indicazione e l’hanno portata con decisione ai tavoli. Su questa via, che prevede l’uscita di scuola tra le 1314 e le 1516 si sono incamminati il Piemonte, tutte le province dell’Emilia Romagna eccetto Forlì-Cesena e altre in Friuli Venezia Giulia, Toscana, Lazio (dove ieri, 18 dicembre, i privati dei trasporti si lamentavano di non essere stati ancora coinvolti) e Abruzzo. Anche nelle dodici province della Lombardia, ultima delle quali Mantova, si è parlato genericamente di due turni. Qui però toccherà alla discrezionalità di ogni singolo istituto stabilire gli orari definitivi.

Rimane in forse il Veneto di Luca Zaia che sta cercando di rendere più efficiente il trasporto pubblico nelle ore di punta per gli studenti: gli incontri nelle prefetture hanno portato alla decisione di rendere più frequenti le corse nell’orario 89. Il tasto dolente rimane il Sud Italia. Il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, sulla ripresa dell’anno scolastico dopo la Befana ha solo detto: «Ho i miei dubbi». Michele Emiliano dà l’ok per la ripresa, ma vorrebbe non fosse imposto l’obbligo di frequenza: «In Puglia abbiamo consentito alle famiglie che preferiscono la didattica a distanza, la stragrande maggioranza, di chiederla».

L’appello di Scienziate per la Società

«Tutti gli studi concordano che i danni agli studenti tenuti lontani dalla scuola (e di conseguenza, i danni al futuro del loro Paese) sono enormi. La Dad ha causato deficit di apprendimento e demotivato i ragazzi». Così, le Scienziate per la Società – comitato costituito da 12 ricercatrici – ha fatto appello al Governo e alle istituzioni, in una lettera pubblicata sul Corriere della Sera, per la ripresa, il più presto possibile, delle lezioni. Per le scienziate, l’assenza di istruzione in presenza, in questi mesi, «ha accentuato le difficoltà degli studenti di famiglie svantaggiate e privi di accesso a computer o Internet».

Inoltre, sono cresciuti «il disagio mentale e i disturbi psichici. Sono aumentati anche i ricoveri per traumi cranici e altri incidenti domestici, indice di maggiore esposizione di bambini e ragazzi a incuria domestica e abuso. La chiusura delle scuole avrà conseguenze economiche altissime in tutto il mondo». Infine, «deve essere ricordato che la chiusura delle scuole è stata devastante per le madri lavoratrici, che rappresentano il 76% dei congedi parentali Covid».

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