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Crollato per «scarsa manutenzione e la corrosione di un tirante»: depositata la perizia sul ponte Morandi

21 Dicembre 2020 - 22:46 Redazione
Sul disastro «non ha inciso alcun fattore esterno». E se i controlli fossero stati eseguiti «avrebbero interrotto la catena causale e l’evento non si sarebbe verificato»

La causa che ha portato al crollo del ponte Morandi «è il fenomeno di corrosione a cui è stata soggetta la parte superiore del tirante Sud- lato Genova della pila 9». A dirlo è la perizia firmata dal collegio della giudice per le indagini preliminari Angela Nutini e composto da Massimo Losa, Giampaolo Rosati, Stefano Tubaro, Renzo Valenini, sulle cause del crollo del ponte avvenuto il 14 agosto 2018 e che ha causato la morte di 43 persone.

Le circa 500 pagine di perizia sono state redatte nel novero del secondo incidente probatorio, e provano a rispondere ai 40 quesiti formulati dalla procura per provare a dare una risposta alle cause del crollo. Il crollo, per i periti, è stato determinato anche da «i controlli e le manutenzioni che se fossero stati eseguiti correttamente, con elevata probabilità avrebbero impedito il verificarsi dell’evento».

Su quella maledetta pila 9 dal 1993, data dell’ultima manutenzione, «non sono stati eseguiti interventi che potessero arrestare il processo di degrado in atto e/o di riparazione dei difetti presenti nelle estremità dei tiranti che, sulla sommità del tirante Sud-lato Genova della pila 9 erano particolarmente gravi», scrivono ancora i periti della gip. «Il tirante Sud-lato Genova della pila 9 ha mostrato un’evidente e gravissima forma di corrosione nella zona di attacco con l’antenna. La corrosione dei cavi primari ha avuto luogo in zone di cavità e mancata iniezione formatesi nella costruzione del ponte».

Non solo: «la mancanza e/o l’inadeguatezza dei controlli e delle conseguenti azioni correttive costituiscono gli anelli deboli del sistema; se essi, laddove mancanti, fossero stati eseguiti e, laddove eseguiti, lo fossero stati correttamente, avrebbero interrotto la catena causale e l’evento non si sarebbe verificato», scrivono ancora i periti. «Non sono stati individuati fattori indipendenti dallo stato di manutenzione e conservazione del ponte che possano avere concorso a determinare il crollo, come confermato dalle evidenze visive emerse dall’analisi del filmato Ferrometal».

Nè hanno aiutato i sistemi di ispezioni e di monitoraggio attuati, si legge ancora nella perizia, che «pur conoscendo i rischi di degrado dei materiali nelle specifiche applicazioni, non sono risultati adeguati a individuare le criticità presenti nella parte di viadotto crollata». Insomma «il gestore dell’opera avrebbe dovuto avere una conoscenza adeguata di come l’opera stessa era stata effettivamente costruita valutando la rispondenza tra documenti progettuali e l’opera costruita cosa che avrebbe permesso di individuare il grave difetto costruttivo nell’ultimo tratto del tirante lato Genova/Sud»

In copertina ANSA/Luca Zennaro | Un momento della fiaccolata nel secondo anniversario del crollo del ponte Morandi di Genova, 14 agosto 2020.

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