La variante Covid riporta al tavolo Regno Unito ed Europa. E forse non è una coincidenza
La domanda è frequente e va dalla riflessione storica ben argomentata (per esempio, la pone Alessandro Barbero nelle lezioni pubbliche diventate best seller della pandemia) alla provocazione nei boriosi salotti televisivi: cosa dirà la storia di noi e dell’epoca del Coronavirus? Ora però, alla luce delle ultime 72 ore, è tassativo aggiungere una ulteriore questione: cosa penseranno del panico da variante Covid? Quello che ha portato ai brividi delle borse, gli aeroporti impazziti, le stazioni prese d’assalto, il governo britannico a passare da quasi negazionista a falco delle zone rosse (o Tier)?Sulla storia che ci giudicherà ci sono poche certezze. Qualche dubbio, però, sul panico di cui tutti noi europei siamo stati più o meno partecipi in queste ore possiamo metterlo in fila anche prima di aspettare i posteri e la loro sentenza.
Il primo: più passano le ore e più le voci di virologi, genetisti ed esperti si fanno sentire e molte spiegano che la variante di questi giorni prima di tutto non è di questi giorni e, seconda cosa, potrebbe anche non essere così contagiosa come ha dichiarato il governo inglese. Nelle interviste raccolte da Open il tema è stato affrontato più volte, sia dagli esperti che rispondono alle nostre domande nella rubrica quotidiana Numeri in chiaro, sia dal genetista Marc Gerdol interrogato per un approfondimento scientifico. E il risultato è più o meno questo: la variante inglese è stata isolata a settembre; in Danimarca in particolare circola con una certa diffusione da almeno un mese ma non ha portato ad una vera e propria impennata nei contagi; non è sicuro che sia più contagiosa delle altre: sappiamo solo che nel sud dell’Inghilterra l’aumento dei contagi ha coinciso col diffondersi di questa variante. Ma visto che in Danimarca non è andata così non siamo sicuri che sia in grado di diffondersi più rapidamente.
Eppure il panico si è sparso lo stesso (e qui veniamo al secondo punto). A scatenarlo sono state soprattutto le dichiarazioni del governo britannico che tra sabato e domenica ha detto ufficialmente che la variante era più contagiosa almeno del 70% e di non essere in grado di controllarla. Visto che il Regno Unito è tra gli stati che hanno dedicato maggior spazio e risorse a sequenziare le varianti del Sars-Cov-2, e dunque conosce meglio di altri le valutazioni conseguenti, si rincorrono le ricostruzioni sul perché Boris Johnson abbia deciso di alzare i toni. Secondo alcuni, Johnson si è accorto della crescita dei contagi e, non volendo tornare indietro dal promesso allentamento natalizio, ha preferito puntare tutto sulla variante inattesa.
Anche al netto delle motivazioni che hanno mosso il primo ministro britannico, c’è da valutare un terzo dato: l’Europa ha alzato i toni in modo inaspettatamente e inusualmente veloce. Chiudere i voli in poche ore, convocare un vertice straordinario, sono tutte decisioni che sembrano dettate da una valutazione politica più ampia e non solo scientifica. La Cnn ha commentato che con la variante Covid, la Gran Bretagna ha avuto un primo assaggio di cosa sarebbe uscire dall’Europa senza accordo.
Sicuramente è un fatto che dopo queste ore il tavolo della trattativa sulla Brexit si è riaperto e la prospettiva del No deal si è allontanata. La sera del 22 dicembre il capo delegazione dell’Unione europea Michel Barnier ha annunciato che si continuerà a trattare anche dopo la data limite del 31 dicembre: «Siamo davvero nel momento decisivo: stiamo dando una spinta finale», ha detto. Di lì a poche ore la Francia ha riaperto le frontiere con maggiore celerità rispetto al resto dell’Unione: basta un tampone negativo per entrare nel Paese con qualunque mezzo.
Certo è anche possibile che tutti gli esperti di genetica e virus più autorevoli che si sono espressi questi giorni sbaglino e che davvero il governo inglese sappia con certezza cose sulla variante Covid che pubblicamente non dicono. Se così non fosse, però, ci troveremmo davanti ad una fase più avanzata di un movimento tellurico in atto dall’inizio della pandemia: l’uso di informazioni sul virus a fini politici o comunque nella partita politica internazionale. E, no, i posteri non la prenderanno benissimo.
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