Coronavirus, il primario di Bergamo Lorini: «Dopo due anni le pandemie vanno via da sole. Lo insegna la storia»
Luca Lorini è pronto per il vaccino che gli verrà somministrato il prossimo 27 dicembre, data ormai ribattezzata come V-Day, giorno in cui, per alcune categorie professionali come medici e infermieri, arriveranno in Italia le prime 9 mila dosi di farmaco contro il Coronavirus. Il direttore del dipartimento di emergenza, urgenza e area critica, cioè il capo delle terapie intensive dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo dice che su una questione del genere non bisognerebbe affatto indugiare. Vaccinarsi, spiega a la Repubblica, «è importante e vitale, e se facciamo le cose bene ci prepariamo a vivere finalmente momenti migliori di quelli che abbiamo vissuto».
La decisione è arrivata ieri mattina, 22 dicembre, durante una riunione. «C’erano venti vaccini per l’ospedale. Di comune accordo abbiamo individuato persone rappresentative, che sono state sul campo a curare i pazienti e che possono veicolare un messaggio. Non è elegante parlare in terza persona. Lo faccio solo per capirci: se i bergamaschi, dopo tutto quello che hanno visto e vissuto da febbraio a oggi, vedono che Lorini fa il vaccino, pensano: allora è bene che lo faccia anch’io».
Nessuno meglio di lui potrebbe fare dichiarazioni simili. A marzo, con la diffusione della prima ondata, ha lavorato sempre in prima linea. Quello che vedeva tra le corsie dell’ospedale era «qualcosa che ho realizzato e elaborato dopo. Mentre sei nel mare in tempesta e nuoti, cerchi di salvare tutta la gente intorno a te. Poi quando il mare torna calmo, capisci che cosa è successo. I morti, i sopravvissuti, la forza che ci hai messo. La seconda ondata è stata molto più debole».
Per Lorini questo biennio, alla fine, rimarrà nella storia. «Come la febbre spagnola. Ma al netto di un dolore immenso a Bergamo qualche aspetto positivo resterà. Come ospedale abbiamo resistito a uno tsunami e la gente bergamasca si è dimostrata seria, dignitosa, forte. Siamo stati aggrediti alle porte dalle orde barbariche. Ma abbiamo retto».
Sul futuro non troppo remoto il primario assicura: «Avremo una grande popolazione di pazienti coperta. Tra quelli che hanno avuto il virus – che sono più dei 2 milioni di cui si parla – e i vaccinati, penso che metà del 2021 potremo viverla come nel periodo pre-Covid. Rimane, certo, l’incognita della capacità di variazione del virus. Ma di solito dopo due anni le grandi pandemie se ne vanno via da sole. Lo insegna la storia di 2 mila anni».
E a chi pone riserve sulla campagna vaccinale spiega: «Ho visto i dati dell’Iss. La seconda dose ha un’efficacia superiore al 90%. Se io oggi so che solo il 10 per cento si può infettare, vado tranquillo. Sono molto ottimista».
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