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Coronavirus, i numeri in chiaro. Il fisico Sestili: «Attenzione alla riapertura di gennaio. Il vaccino protegge tutti solo se lo fa il 70% della popolazione»

24 Dicembre 2020 - 20:15 Maria Pia Mazza
«Nella prima metà del mese vedremo una flessione dei contagi, dalla seconda metà di gennaio i casi dovrebbero ricominciare a salire», spiega a Open Il fisico e divulgatore scientifico

Da settimane, in Italia, il numero di nuovi casi giornalieri di Coronavirus non scende sotto le 10.000 unità. Certo, sebbene il numero dei tamponi sia tornato a crescere, il virus continua a circolare, tant’è che poco meno di 600.000 italiani risultano attualmente positivi al virus. Malgrado la continua lieve decrescita nei numeri dei decessi, questi continuano però a oscillare intorno alle 500 vite perse quotidianamente a causa della Covid. La pressione negli ospedali sembra allentarsi, ma il numero di persone ospedalizzate resta alto: oltre 24.000 persone, di cui 2.589 in terapia intensiva, al netto dei 149 nuovi ingressi avvenuti nelle ultime 24 ore.

Una situazione «stabile da un paio di settimane», e che a gennaio, pressoché certamente, si incrinerà. Ma non si sa né come né quanto. Il dubbio è strettamente legato all’impatto e alla pervasività, al momento non quantificabile, che avrà la ripresa della diffusione del virus, come spiegato a Open da Giorgio Sestili, fisico e divulgatore scientifico, che sul suo sito web accoglie articoli, paper e studi scientifici sul SARS-CoV-2.

Dottor Sestili, salvo l’incremento del numero dei tamponi, i numeri odierni sembrano essere molto simili a quelli dei giorni scorsi. Siamo in una situazione di stallo?

«La situazione è stabile da un paio di settimane. La curva dei contagi è scesa molto velocemente dopo una prima fase, ossia quella delle misure di novembre. Ma questa discesa si è ormai interrotta da un paio di settimane in cui il numero di nuovi positivi continua a essere stabile e a oscillare tra le 10.000 e le 20.000 unità giornaliere, tant’è che oggi siamo a 18.040 nuovi casi, circa 3.500 in più di ieri, ma con più tamponi. L’indice Rt, inoltre, ha ripreso a salire da due settimane. Aveva toccato un minimo, intorno a 0,76 circa il 6 dicembre, ma da allora ha ripreso a salire, anche se fortunatamente non in maniera rapida. Oggi l’indice Rt è a 0,88 e siamo quindi ancora sotto la soglia critica di 1». 

L’indice Rt vicino all’1 desta però alcune preoccupazioni sul lungo periodo, no?

«Un valore molto vicino a 1 significa una situazione di stabilizzazione dei contagi, cioè ogni giorno contiamo all’incirca lo stesso numero di nuovi casi rispetto al giorno precedente, quindi l’effetto delle misure del governo ha dato un buon esito nella fase iniziale. Però le stesse misure non riescono ad abbattere i contagi sotto quota 10.000. Questo potrebbe essere dovuto al fatto che negli ultimi 10 giorni ci sono stati molti assembramenti, molte regioni hanno subito cambi di colore e conseguenti minori restrizioni».

Quali effetti bisogna attendersi nel breve periodo?

«Gli effetti di questi giorni si vedranno dall’Epifania in poi. In queste due settimane di feste la situazione dovrebbe rimanere simile a quella attuale: continueremo a vedere i nuovi contagi oscillare intorno ai numeri odierni, così come continueremo a vedere, credo, una discesa dei deceduti. Si svuoteranno, seppur molto lentamente, anche gli ospedali. È anche vero che comunque attualmente il numero degli ingressi nelle terapie intensive è alto, come ribadito nell’ultima conferenza stampa dell’Iss. Solo oggi i nuovi ingressi sono stati 149, e i reparti si svuotano molto molto lentamente».

Dopo questo stallo si prevede la ricrescita della curva già primi giorni di gennaio, se non prima. Che gennaio ci attende?

«All’inizio di gennaio ci sarà una fase di circa due settimane in cui i contagi inizieranno a scendere, sempre che le persone rispettino le regole delle zone rosse. Il problema è che questa fase di decrescita potrebbe durare solo un paio di settimane, anche al netto della riapertura delle scuole del 7 gennaio. Insomma, se nella prima metà del mese potremmo vedremo una flessione dei contagi, dalla seconda metà di gennaio i contagi dovrebbero ricominciare a salire. Solo allora potremo valutare l’impatto e la portata, che dipende prevalentemente dai comportamenti delle persone». 

In quel periodo dovremmo essere anche all’inizio delle vaccinazioni anti-Covid, e anche questo potrebbe avere un certo impatto.

«L’impatto potrebbe essere negativo nella psicologia delle persone che potrebbero pensare che arrivato il vaccino sia finita l’emergenza. Nelle prossime settimane sarà molto importante la comunicazione, perché arriverà un vaccino che inizialmente sarà somministrato a pochissime persone e categorie, come è giusto che sia, ma ritengo giusto ricordare alle persone che un vaccino per essere efficace, e per determinare un’immunità, deve essere somministrato almeno al 70% della popolazione». 

Serviranno ancora diversi mesi prima di potersi “rilassare”, in sostanza.

«Penso che raggiungeremo, se tutto va bene, percentuali di questo tipo non prima di giugno. Il che significa che per tutto l’inverno e per tutta la primavera, perché non dimentichiamo che la prima ondata l’anno scorso l’abbiamo vissuta in primavera, fino a giugno ce la dovremo cavare solo con i nostri comportamenti e le misure che ormai conosciamo bene. L’incognita sarà la ripartenza a gennaio».

Una ripartenza che sarà però segnata dal proseguimento della seconda ondata o dell’inizio della terza ondata, che dir si voglia. 

«Se vogliamo fare un paragone con la prima ondata, il 4 giugno, quando si è riaperto tutto, registravamo 177 casi giornalieri, un rapporto positivi-tamponi dello 0,7% e avevamo complessivamente 38.000 casi positivi. Noi oggi abbiamo questi numeri moltiplicati quasi per 10, perché abbiamo circa 600.000 casi positivi in tutta Italia. La situazione è estremamente diversa e delicata. Non siamo usciti dalla seconda ondata, l’abbiamo solo temporaneamente frenata».

Una ripresa che trova un terreno “fertile” per ripartire, con l’ulteriore incognita della portata della variante isolata nel Regno Unito, no?

«Una ripresa molto intensa dei contagi e di tutto quello ne consegue, adesso, è molto più facile perché il virus è molto più diffuso. In più c’è questa variante isolata in Gran Bretagna che sembra comunque non creare problemi al vaccino, ma viene valutata come più contagiosa. Bisognerà pesarne l’impatto e un eventuale ulteriore effetto peggiorativo nella diffusione del virus. Nel frattempo, restano le solite norme anti-contagio da seguire scrupolosamente, anche sotto le feste».

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