Il Tribunale Civile di Roma rende illegittimi i Dpcm? Non funziona così
Il 23 dicembre 2020 su Affaritaliani.it viene pubblicato un articolo dal titolo «Covid, atti del governo illegittimi. Tribunale di Roma: i Dpcm tutti illegali», ma il messaggio che viene fornito dal titolo ai lettori non risulta corretto e vanno poste le dovute precisazioni.
«La sentenza “bomba” sui Dpcm di Conte: “Sono illegittimi e incostituzionali”» titola Il Giornale, mentre Libero pone la domanda: «Dpcm, il tribunale civile di Roma: “Illegittimi e incostituzionali”, Giuseppe Conte ha agito fuori dalla legge?». Cerchiamo di rispondere.
Per chi ha fretta
- L’organo competente a dichiarare una legge incostituzionale è la Corte Costituzionale.
- Non si tratta di una sentenza, ma di un’ordinanza del Tribunale Civile di Roma.
- Non risulta che il giudice abbia rimesso agli atti alla Consulta in merito ai Dpcm.
Analisi
C’è già un problema, ossia che non si tratta affatto di una «sentenza» come afferma Il Giornale. Stiamo parlando di un’ordinanza relativa a un processo civile:
A differenza della sentenza, l’ordinanza non ha il carattere della stabilità o della definitività; […] Da tanto si capisce che l’ordinanza è provvedimento molto più flessibile, limitatamente decisorio e non stabile.
Risulta curioso come Il Giornale citi ItaliaOggi che parla di ordinanza.
Un’analisi sull’ordinanza (Trib. Roma, Sez. 6° Civile, ord. n. 45986/2020 R.G. del 16 dicembre 2020) viene riportata il 21 dicembre 2020 da LaLeggePerTutti.it nell’articolo «Canone affitto: niente riduzione durante l’emergenza Covid». Si tratta del caso di un inquilino moroso che a seguito dell’emergenza Covid19 aveva chiesto una riduzione dell’affitto del locale ospitante il suo negozio:
La morosità era acclarata e il conduttore aveva chiesto una riduzione dell’importo dovuto al proprietario per i canoni scaduti, in considerazione della «grave crisi scaturita dalla pandemia», ma il tribunale ha respinto questa prospettazione.
Insomma, secondo il giudice l’inquilino è tenuto a pagare:
Inoltre, venendo al caso specifico degli affitti non pagati, secondo il tribunale non c’è nessuna possibilità di ottenere per via giudiziaria una riduzione del canone poiché «l’immobile è stato occupato anche durante la pandemia, e la prestazione corrispettiva, cioè il pagamento del canone, non può venire meno».
Ecco quanto riportato in merito ai Dpcm:
La motivazione è in alcuni tratti sorprendente: per il giudice i Dpcm adottati dal Governo durante l’emergenza sono illegittimi, in quanto durante il lockdown «hanno limitato i diritti fondamentali previsti dalla Costituzione e dalle convenzioni internazionali» ed anche quelli emanati durante la “Fase 2” sono stati definiti «di dubbia costituzionalità», soprattutto perché non è stato operato «un opportuno bilanciamento tra il diritto fondamentale alla salute e tutti gli altri diritti inviolabili».
L’articolo di LaLeggePerTutti.it non va oltre riguardo i Dpcm, ma una cosa è certa: un’ordinanza da parte del Tribunale Civile non è una sentenza della Corte Costituzionale, organo di garanzia nell’ordinamento italiano demandato a verificare se una legge, statale o regionale, sia incostituzionale o meno.
Il giudice può rimettere gli atti alla Consulta (Corte Costituzionale), ma non risulta che il Tribunale Civile di Roma abbia fatto richiesta con l’ordinanza di convalida di sfratto:
Quando cioè un giudice – qualsiasi autorità giudiziaria, dal giudice di pace di una piccola città o dalla commissione tributaria di una provincia fino alla Corte di cassazione, e perfino gli arbitri rituali – si trovi a dover risolvere una controversia, per decidere la quale dovrebbe fare applicazione di una norma di legge, e dubiti della conformità di questa norma alla Costituzione, egli ha il potere e il dovere di investire la Corte costituzionale della relativa questione.
Il giudice non può decidere la causa come se la legge non ci fosse, ignorandola, anche se è convinto della sua incostituzionalità (in questo rimane l’antico divieto per il giudice di negare applicazione ad una legge in vigore); ma nemmeno è tenuto ad applicarla meccanicamente: dopo aver sperimentato il tentativo di una interpretazione “conforme” a Costituzione, deve invece proporre il dubbio di costituzionalità davanti all’unico organo che ha l’autorità per risolverlo, appunto la Corte costituzionale. Le vie di accesso alla Corte sono dunque tante quanti sono i giudici comuni, di qualunque grado. Si può dire, in sintesi, che nessun giudice è obbligato ad applicare una legge della cui costituzionalità egli dubiti, ma che solo la Corte costituzionale può liberarlo definitivamente dal vincolo, dichiarando l’illegittimità costituzionale della legge e così consentendogli di decidere la causa senza tener conto di essa.
Ci sono alcune questioni da tenere in considerazione. Secondo un articolo pubblicato da Diritto.it, essendo il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (Dpcm) un atto amministrativo non viene sottoposto al vaglio del Presidente della Repubblica e non risulta essere sottoponibile al giudizio della Corte Costituzionale. Resta il fatto che nel corso del 2020 sono stati approvati dei decreti legge che hanno delegato il Presidente del Consiglio ad emanare i Dpcm per applicare per affrontare con celerità l’emergenza in corso.
Conclusioni
Il Tribunale non ha rimesso gli atti alla Corte Costituzionale perché i Dpcm sono degli atti amministravi e come tali può non applicarli senza ricorrere alla Consulta.
Nota: Le conclusioni sono state sostituite con un testo più chiaro. Questo era il testo precedente: «I Dpcm non sono stati dichiarati incostituzionali e non risulta nemmeno che il Tribuale di Roma abbia chiesto di farlo all’organo competente, ossia la Corte Costituzionale».
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