Blitz all’alba della polizia russa, presa una collaboratrice di Navalny: «Hanno sfondato la porta e l’hanno portata via per interrogarla»
«Hanno sfondato la porta e l’hanno portata via per interrogarla». Così Alexey Navalny, il dissidente che ha osato sfidare i servizi segreti russi ed è sopravvissuto ad un tentativo di avvelenamento, ha denunciato su Twitter il fermo di una sua collaboratrice, Lyubov Sobol. La donna è accusata di aver violato «con l’uso della violenza o con la minaccia di usarlo» il domicilio di un presunto agente del Servizio di sicurezza federale (Fsb), Konstantin Kudryavtsev, lo stesso con cui Navalny aveva parlato fingendosi un funzionario per farsi raccontare alcuni dettagli sul suo avvelenamento.
Lunedì, dopo la telefonata registrata da Navalny, la sua collaboratrice sarebbe andata presso l’appartamento a Mosca dell’agente, identificato come tale da un’indagine dal sito web investigativo Bellingcat. La donna è stata fermata e portata via per un interrogatorio questa mattina: la polizia avrebbe fatto irruzione nel suo appartamento verso le 7 e, dopo aver allontanato il marito e la figlia, l’avrebbero portata via. Al momento il suo cellulare rimane spento e né la portavoce di Navalny, né il capo del suo fondo, sanno dove si trovi.
Per Navalny, che era finito in coma dopo essere stato avvelenato lo scorso agosto, l’arresto di Sobol, oltre a segnare l’inizio di un’inchiesta nei confronti della donna, è una chiara risposta dei servizi segreti russi all’indagine condotta dallo stesso dissidente per smascherare i suoi avvelenatori, mettendo in grande imbarazzo i servizi segreti russi e il Cremlino, nonostante il governo russo continui a negare tutto. Ma sull’arresto di Sobol – 33 anni e di mestiere avvocato – potrebbe pesare anche la sua intenzione di candidarsi alle elezioni parlamentari che si terranno il prossimo anno in Russia.
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