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Coronavirus, i numeri in chiaro. Maga: «Continuare con le restrizioni fino a febbraio, anche per le scuole»

26 Dicembre 2020 - 20:40 Giada Giorgi
Il direttore dell’istituto di genetica molecolare del Cnr, professor Giovanni Maga, mostra cautela sul calo dei decessi, oggi dimezzati: «Numeri, come ormai noto, risalenti a settimane fa. Ora bisogna mantenere le misure per tenere sotto controllo la curva futura»

Se c’è una cosa, tra le altre, che i mesi di pandemia hanno insegnato è l’importanza di prevenire le mosse di un nemico che ancora oggi non smette di mietere vittime in Italia e nel mondo. È sulla base di un’urgenza preventiva che dal laboratorio di virologia molecolare del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr), il professor Giovanni Maga mette anche oggi, 26 dicembre, i numeri in chiaro sui dati Covid delle ultime 24 ore. Con 10.407 nuovi positivi e 206 decessi, «le statistiche parlano chiaramente di una discesa ma è proprio ora il momento di non mollare la presa con le restrizioni», comincia subito a dire.

Approfondiamo la lettura dell’epidemia partendo dai numeri, professore. Il bilancio è positivo su quali fronti?

«Senza dubbio sulla pressione del sistema sanitario. Si sta allentando costantemente. Uno scenario che va di pari passo anche con la gestione domiciliare degli infetti: un mese fa superavano i 700 mila, oggi sono poco più di 500 mila. Anche i numeri in termini di casi rilevati sono in calo, seppur con meno tamponi. Un’anomalia è riscontrabile nei picchi registrati nelle ultime 48 ore nel rapporto tra test positivi e test eseguiti. Un dato che però si colloca in un numero piuttosto stabile da almeno 10 giorni, per cui aspetterei di capire l’andamento dei prossimi giorni».

Il trend dunque è incoraggiante, ma il periodo natalizio è stato non poco complesso in termini di rischi corsi e di misure poste a rimedio. Come regolarsi nel post festività?

«Il virus continua a circolare ovviamente e i segnali positivi di cui parliamo non sono altro che il frutto delle misure di contenimento messe in atto. Questo vuol dire una sola cosa: dobbiamo continuare così».

Un “no relax” che sarà necessario per quanto altro tempo almeno?

«Fino alla fine di gennaio bisogna essere prudenti più del solito. Siamo ancora in una situazione di circolazione intensa del virus per cui togliere il freno non è la scelta da fare, almeno per tutto il prossimo mese».

Ma le scuole riapriranno il 7 gennaio.

«Avrei aspettato febbraio. Non tanto per la scuola in sé ma per quello che l’attività scolastica può comportare, per tutto quello che gravita intorno al movimento di migliaia di studenti, trasporti in primis. È molto evidente quanto le misure più o meno restrittive abbiano ogni volta condizionato in bene o in male i numeri riscontrati. A meno che tutte le disposizioni necessarie siano perfettamente messe in atto per un rientro sicuro al 100% dal 7 gennaio, direi che il sacrificio di attendere febbraio vale la pena sul piano epidemiologico».

Il dato dei decessi è quello che nelle ultime settimane ha preoccupato di più, oggi il numero è dimezzato, a fronte di altri leggeri cali nei giorni scorsi. Come leggere questa diminuzione?

«Rispetto ai picchi che abbiamo visto c’è di fatto un calo oggettivo, in linea con la diminuzione delle persone infette e della migliore capacità assistenziale. Sono numeri però che, è bene ricordare, hanno delle tempistiche di scarto e che ci raccontano quindi quello che è successo settimane fa. Ora si va incontro alla stagione influenzale, è importante tenere in diminuzione anche la curva futura. Da qui torna l’essenzialità delle restrizioni da mantenere».

Domani 27 dicembre sarà il V-Day, la giornata di inizio campagna vaccinale: un simbolo ma anche un via libera effettivo alle prime somministrazioni. Cosa ci diranno i numeri e quando?

«Prima di tutti i numeri, quello che parlerà molto fin da subito è il valore simbolico della giornata di domani: a un anno più o meno esatto dall’inizio di tutto possiamo cominciare a vaccinare. Di fatto un risultato molto significativo. Ci sarà poi da mettere alla prova il sistema non solo di distribuzione ma anche di somministrazione, con il bisogno di operatori sanitari formati all’occorrenza e di una macchina che funziona. Dal punto di vista dei numeri sappiamo bene di non poterci aspettare un effetto immediato, saranno mesi di attesa e di osservazione. Nel frattempo la soluzione sarà quella di non abbandonare la mascherina. Ancora e sempre strumento di protezione efficace».

Efficace anche per la nuova, e a quanto pare più contagiosa, variante Covid?

«Certo e mi rendo conto che, nel timore generale, è questo un aspetto che va ribadito. Qualsiasi potenza di trasmissione si certifichi, attraverso studi tra l’altro ancora in corso, la mascherina e le regole anti virus di base, che conosciamo, continuano ad essere lo strumento di protezione realmente efficaci».

Tornando alle scuole, gli scienziati britannici avanzano l’ipotesi di una maggiore contagiosità della mutazione nei bambini. Un motivo in più per aspettare con le riaperture?

«Questa variante non è più grave del virus che già conosciamo. La questione dei bambini va letta in modo circostanziale. Nel periodo dell’aumento di casi positivi legati alla variante, sono stati riscontrati molti casi nei più piccoli ma c’è anche da dire che le scuole nel Regno Unito erano aperte mentre la maggior parte delle attività erano chiuse. In altre parole, la popolazione scolastica rappresentava uno dei pochi serbatoi dove il virus poteva circolare. Non è detto dunque che la variante in questione abbia necessariamente una maggiore capacità di diffusione tra i bambini. È possibile che in quel contesto avessero solo più probabilità di infettarsi. Non abbiamo dunque ancora evidenze scientifiche su questo aspetto, come su molti altri. È importante dunque ribadire quanto la mascherina, anche per la variante “inglese”, possa funzionare e bastare».

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