Il Cts boccia le Regioni sulle piste da sci. La riapertura degli impianti potrebbe andare oltre il 7 gennaio
Era già difficile pensare che gli impianti di sci, chiusi dall’inizio del primo lockdown, potessero riaprire davvero il 7 gennaio. Il verbale della riunione del Comitato tecnico scientifico (Cts) che si è tenuta il 24 dicembre ha però definitivamente chiuso quasi ogni possibilità a questa prospettiva, visto che le linee guida delle Regioni per evitare il contagi da Coronavirus stono state bocciate. Nel verbale sono state segnalate diverse carenze a cui ancora è necessario dare una risposta prima di riaprire. Gli impianti di risalita infatti hanno «caratteristiche strutturali e di carico tali da poter essere assimilati in tutto e per tutto ai mezzi utilizzati per il trasporto pubblico locale». E per questo motivo «rappresentano un contesto a rischio di aggregazione medio-alto».
I problemi principali riguardano quindi proprio la gestione delle seggiovie. Sicuramente sarà richiesta la mascherina per poter accedere alle strutture. In caso di ovovie o cabinovie, o comunque strutture chiuse, la capienza sarà ridotta al 50%. Per le seggiovie invece si potrà anche salire al 100%. Controverso poi il punto sulla calotta, la barriera di plastica che viene abbassata in caso di vento o neve: «Dovesse rendersi necessaria la chiusura della calotta dovrà necessariamente prevedersi la riduzione della capienza al 50% anche per le seggiovie, fermo restando l’obbligo di mantenere la mascherina durante tutto il trasporto».
Una delle soluzioni per evitare assembramenti potrebbe essere quello di limitare il numero di ski-pass vendibili per ogni giornata. Anche qui però bisogna studiare un sistema che sia efficace e tenga conto anche di chi acquista abbonamenti settimanali o stagionali: «Si sottolinea la necessità di declinare criteri chiari per la definizione di tali tetti massimi che tengano conto non solo delle quote giornaliere ma anche di quelle settimanali e stagionali», conclude il Cts.
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