Coronavirus, Speranza sul vaccino: «Una svolta, ma non sarà obbligatorio». E spiega cosa accadrà da gennaio
Al ministero della Salute non c’è tempo da perdere. Lo sa bene il ministro Roberto Speranza che, da tempo è al lavoro per l’avvio delle vaccinazioni anti-Covid in tutta Italia. «È come se, dopo una lunga notte, potessimo finalmente rivedere l’alba. Il mattino, però, dobbiamo esserne consapevoli, è ancora lontano», dice in un’intervista a la Repubblica. Il timore del ministro è che con l’arrivo dei vaccini i cittadini abbassino la guardia, abbandonando mascherine e distanziamento sociale.
Il 7 gennaio «si riparte»
Una cosa è certa: dal 7 gennaio «si riparte» (anche la scuola, al 50% per le superiori con massima priorità al tracciamento). «Si tornerà al sistema delle aree colorate, che ha dimostrato di funzionare, abbassando l’indice Rt da 1,7 a 0,82 senza bloccare tutto il Paese». «Ho fiducia negli italiani – aggiunge – a ogni passaggio hanno sempre dimostrato di capire. Per questo penso che, di fronte a chi ha dubbi o paure sul vaccino, le istituzioni debbano rispondere con trasparenza, portando le evidenze scientifiche. Senza insulti, senza scontri ideologici, senza trattare chi mostra perplessità come un troglodita».
Gli effetti del vaccino si vedranno «in primavera»
Il ministro della Salute – che ha trascorso il Natale con la moglie e i due figli e senza il padre di 79 anni, rimasto solo a Potenza – è certo che quello di oggi, 27 dicembre, sia un punto di svolta. Un’opportunità che, però, non bisogna sprecare, pensando che sia tutto finito: «È un momento da accogliere con gioia, ma dobbiamo essere consapevoli che non ne vedremo l’impatto epidemiologico ancora per un tempo significativo. Perché ci sia un effetto sull’indice Rt – spiega – abbiamo bisogno che si vaccinino 10–15 milioni di persone, numeri che avremo a primavera inoltrata. Abbiamo davanti mesi in cui l’unica arma a disposizione continueranno a essere le misure non farmacologiche, che non potremo dismettere».
«Gli anticorpi efficaci dopo 7-10 giorni»
Numeri alla mano, dalla Pfizer sono arrivate in Italia 9.750 dosi che verranno distribuite a tutte le regioni italiane. La prima allo Spallanzani di Roma, dove è cominciato tutto. Una vaccinazione che avverrà in due momenti, una prima dose e poi una seconda dopo 3 settimane. «Solo dopo 7-10 giorni gli anticorpi saranno efficaci», precisa. Questo significa che, «per immunizzare 10 milioni di persone, serviranno 20 milioni di iniezioni». Al momento, in Italia, è stato autorizzato soltanto il vaccino di Pfizer ma il 6 gennaio potrebbe arrivare quello di Moderna: «Se così sarà, ci consegneranno 1,3 milioni di dosi entro il primo trimestre 2021». A seguire dovrebbero arrivare Astrazeneca, Johnson and Johnson, Curevac e Sanofi.
202 milioni di dosi per l’Italia
«In tutto l’Italia ha opzionato 202 milioni di dosi, seguendo una logica prudenziale», ha spiegato. Saranno 470 mila le dosi di vaccino Pfizer che verranno inviate nel nostro Paese ogni settimana. Priorità assoluta al personale sanitario, agli anziani nelle Rsa, agli over 80 e infine a chi ha tra i 65 e gli 80 anni. Vaccino che, ribadisce Speranza, sarà gratuito e non obbligatorio. «I numeri che arrivano dalle Regioni sulle preadesioni del personale sanitario sono molto confortanti, in alcune aree superano il 95 per cento», aggiunge.
La variante inglese
A preoccupare, per la sua velocità di trasmissione, è la variante inglese: «Tutti i nostri scienziati ci dicono che i vaccini dovrebbero essere efficaci per questa mutazione che, però, ci dimostra come la partita sia ancora da vincere […] Proprio ora che il vaccino ci sta per portare fuori dall’incubo, non possiamo permetterci nessun errore», ha concluso il ministro.
Foto in copertina: ANSA/ANGELO CARCONI
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