Per convincere gli italiani a fare il vaccino, non servono segretari di partito ma Barbara D’Urso
Durante la prima ondata dell’epidemia di Coronarivus aveva imparato «come ci si lava le mani» e lo aveva spiegato al Paese reale – odiosa espressione adatta a commentare qualunque sventura – che guarda la televisione. Adesso sarebbe opportuno che Barbara D’Urso (sì, proprio lei) inventasse un nuovo tutorial per convincere gli italiani a fare il vaccino. Almeno quella piccola (?) fetta di italiani che non vuole saperne di affidarsi alla scienza e che di sicuro non darà retta agli appelli dei segretari di partito o dei costituzionalisti, ma che magari lavora nelle Rsa. Recenti sondaggi dicono che otto connazionali su dieci sono favorevoli al vaccino anti-Covid, ma più della metà dei favorevoli non vorrebbe farlo subito. L’Anaao-Assomed, il sindacato dei medici ospedalieri, ha iniziato una ricognizione da cui risulta per esempio che nelle strutture pubbliche dell’Emilia-Romagna si registra un’adesione dell’87% per i medici e del 78% per gli infermieri. In parole povere, quasi un infermiere su quattro preferirebbe non partecipare alla campagna vaccinale.
Se questa è la situazione tra i professionisti sanitari, è legittimo domandarsi quanto possa essere forte il senso di responsabilità in tutte le altre categorie che – per mestiere e desideri – neanche sfiorano temi sanitari. Non è una questione di classe sociale, ma di (scarsa) cultura scientifica e (bassa) propensione a informarsi da fonti affidabili. Di sicuro, in un Paese in cui secondo l’Agcom sei cittadini su dieci credono a fake news, bufale e notizie distorte, Piero Angela può fare molto, ma parte svantaggiato. Mentre Nicola Zingaretti e Matteo Salvini rischiano addirittura di essere controproducenti, generando antipatie politiche uguali e opposte. Barbara D’Urso no. Perché lei parla il linguaggio della realtà. E la realtà, come sosteneva Albert Einstein, è una semplice illusione, sebbene molto persistente.