Coronavirus, i numeri in chiaro. Il virologo Maga: «Non allentiamo le restrizioni: dobbiamo tenere duro per almeno altri due mesi»
Passato il Natale, e dopo il breve periodo di allentamento, domani, 31 dicembre, l’Italia torna in zona rossa. L’allerta continua a essere massima in vista di cenoni tra amici e parenti, nonostante le limitazioni imposte dal governo, e anche a seguito di un incremento dei nuovi contagi. Nelle ultime 24 ore i dati diffusi dalla Protezione civile hanno segnalato più di 16mila nuovi casi, a fronte, però, di 40mila tamponi in più rispetto al dato del giorno precedente. «A Natale abbiamo fatto pochissimi test, per questo abbiamo visto un calo nei giorni precedenti. Ma quello che dobbiamo continuare a valutare è il rapporto tra tamponi e contagi, un rapporto che rimane stabile», chiarisce a Open il direttore dell’istituto di Genetica Molecolare del CNR di Pavia, Giovanni Maga.
Professore, è già possibile osservare un effetto Natale sui nuovi dati giornalieri?
«È davvero difficile poter vedere adesso le conseguenze del periodo natalizio. Dovremmo aspettare almeno fino al 6 gennaio per fare una qualche valutazione. Quello che è chiaro è che la percentuale tra tamponi e test è rimasta pressoché invariata e continua a essere attorno al 25%».
Che cosa ci dice questo dato sulla circolazione del virus?
«Per il momento la diffusione dell’infezione è in una fase di stabilità. Le misure che abbiamo messo in campo hanno raggiunto il massimo effetto possibile. E se dovesse esserci un qualche rimbalzo natalizio spero che sia contenuto, visto che – a parte qualche giorno di grande movimento – mi sembra che nelle giornate di zona rossa le persone siano state tranquille. Tuttavia, tra ieri e oggi e si è visto parecchio movimento. L’aspetto poco favorevole è che il tasso di positività non scende più in modo significativo, e questo ci deve far pensare che se vogliamo dare una ulteriore spinta a un maggiore contenimento dell’infezione bisogna continuare con le restrizioni»
Suggerisce quindi di continuare anche nei prossimi mesi con la divisione dell’Italia a zone?
«La strategia di differenziazione sembra aver funzionato. Se guardiamo l’andamento regionale in termini di incremento percentuale c’è stato un miglioramento, ma ci sono ancora regioni che crescono in maniera significativa. Tra queste il Veneto, l’Emilia Romagna e la Puglia, dove vediamo aumenti su base settimanale superiori al 5%: il doppio rispetto alle altre Regioni. E’ necessario mantenere la stretta, compatibilmente con la sofferenza dell’economia. Fino alla fine di febbraio siamo in un periodo ancora rischioso, ci troviamo in una stagione favorevole a una ripresa del virus. Ma con la primavera le cose potrebbero migliorare: dobbiamo tenere duro ancora per un paio di mesi».
Che cosa ci dicono invece i dati sulle terapie intensive scese sotto il livello di allerta?
«Con questi numeri possiamo dire che il sistema sanitario sta reggendo bene. Sta diminuendo anche la platea delle persone che hanno contratto il virus. Il problema è fare in modo che la situazione continui a rimanere stabile e a migliorare. Non penserei ad alleggerimenti importanti delle misure di contenimento, con il rischio di avere rimbalzi a gennaio e con interventi che poi dovrebbero essere più pesanti».
Oggi, 30 dicembre, sono iniziate le vaccinazioni di massa. Le dosi distribuite sono finora oltre 8mila. È un piano troppo lento?
«Il rifornimento di dosi sembra in realtà andare come da programma e dovremmo rapidamente essere in grado di raggiungere una copertura importante. L’elemento di incertezza sull’approvazione del vaccino di AstraZeneca crea sicuramente qualche intoppo. Ma vista la decisione del Regno Unito di dare il via libera al suo utilizzo, presto potrebbe seguire anche l’Ema facilitando così la nostra campagna di vaccinale. Per avere una buona copertura bisognerà aspettare fino alla fine del primo semestre del 2021 quando dovremmo aver raggiunto 15-20 milioni. Fino ad allora continueremo a indossare la mascherina e a fare molta attenzione al distanziamento».
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