Locatelli: «Meglio dialogo dell’obbligo: ma chi non si vaccina in corsia è pericoloso». Ippolito: «Possiamo imporlo, ma non allontanare i medici»
«Non c’è alcuna ragione per non fidarsi dei vaccini, sia in termini di sicurezza che di efficacia». È categorico il professor Franco Locatelli, pediatra, membro del Comitato tecnico Scientifico e presidente del Consiglio superiore di sanità. «Aver visto tante persone morire nelle Rsa per la diffusione del Coronavirus dovrebbe essere già una motivazione importante» per abbandonare posizioni scettiche nei confronti del vaccino. In un’intervista a La Repubblica, Locatelli affronta uno dei temi più caldi di questi giorni: trovare la strategia più efficace per sensibilizzare la maggioranza della popolazione ad eseguire la profilassi. Secondo il medico, più che «obbligare» le persone, bisognerebbe «convincerle». E se questo non basta, «si può dire che il vaccino è prerequisito per svolgere le attività sanitarie». Se si opera in corsia o nelle Rsa e si sceglie di non proteggersi, spiega, «si rischia di contagiare anziani fragili, che per il virus possono perdere la vita».
Ippolito dello Spallanzani: «Non si può sospendere chi non si vaccina»
Anche per Giuseppe Ippolito, anche lui membro del Cts e direttore scientifico dell’Istituto nazionale per le Malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma. «Occorre convinzione e non costrizione», ha detto in un’intervista al Corriere della Sera. Ma, qualora non funzionasse, «diventerebbe necessaria l’obbligatorietà. Il vaccino a professionisti come gli operatori sanitari – ha dichiarato – serve anche a tutela degli altri». «La sospensione non è possibile per alcune categorie – ha aggiunto Ippolito – soprattutto ad alta qualificazione. Ma la norma imporrebbe al datore di lavoro l’allontanamento temporaneo del dipendente a rischio per sé o per gli altri in caso di inidoneità».
Immagine di copertina: ANSA/RICCARDO ANTIMIANI
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