Col nuovo anno arrivano il Recovery Plan e la crisi di governo: Conte a caccia di responsabili. Renzi: «Vediamo se ha i numeri»
Recovery plan, delega ai servizi segreti, Mes. Tra il governo e i renziani è guerra aperta. Al premier Giuseppe Conte non è servito a nulla fare un passo indietro sulla task force e aprirsi alle proposte di Italia Viva sul Recovery Plan: la spada delle dimissioni del partito fondato da Matteo Renzi pende ancora sul Conte bis. Tutto mentre il piano di vaccinazione contro il Coronavirus parte a rilento. I renziani non sembrano demordere, e il tempo per trovare la soluzione scorre rapido: il premier ha scelto di convocare prima il Consiglio dei ministri e poi le due Camere per mettere il punto definitivo sul piano da presentare all’Unione europea. In quelle occasioni, Conte potrebbe decidere imporre una nuova maggioranza senza Iv. Ma, come lui stesso sa, non sarebbe un’operazione senza rischi. E già si muove per trovare possibili “responsabili”, fuori dall’attuale maggioranza, che lo salverebbero dalla caduta.
Rischio dimissioni di Iv
Il piano sul Recovery è già pronto e il premier lo presenterà il 7 gennaio in Cdm. A quel punto sarà decisiva la reazione delle ministre renziane, che potrebbero votare contro. Subito dopo Conte andrà alle Camere per il voto, spaccare Italia Viva e uscirne comunque con la maggioranza. Un’operazione rischiosa: uno showdown che potrebbe sancire la fine del Conte II. «Se il premier continua con lo stesso atteggiamento della conferenza stampa di fine anno i margini non ci sono», ha spiegato all’Ansa una fonte dei renziani, facendo intendere che, un minuto dopo la fumata nera sul Recovery Plan, i ministri di Iv si dimetterebbero.
Poi c’è la questione della delega ai servizi segreti, ultimo braccio di ferro tra le parti. Il 30 dicembre, la delegazione di Italia Viva e i ministri Roberto Gualtieri e Enzo Amendola si erano lasciati senza un’intesa. La gestione dei servizi segreti è affidata per legge al premier, che però può delegarla a una persona di sua fiducia. Ma senza un suo partito, appare difficile per Conte fare un nome senza incorrere in rischi di diverso tipo.
Il discorso del presidente della Repubblica Sergio Mattarella era stato pane per i denti di entrambe le parti, che hanno letto il tema della «coesione e della costruzione» a favore della propria fazione. «È tempo di restare coesi e costruire», aveva commentato Conte. «Abbiamo una grande chance per ricostruire l’Italia», ha risposto Renzi. Ma le cose stanno molto diversamente.
L’operazione Responsabili
Secondo indiscrezioni di stampa, per uscire vincitore dall’impasse Conte avrebbe in programma l’operazione Responsabili: in caso di crisi, al momento di un voto di fiducia sul governo Conte 2 alcuni nomi potrebbero decidere di correre in sostegno del premier. Su questo il Partito democratico appare diviso: da una parte c’è Nicola Zingaretti, che reputa quello scenario politico debole e incerto e, soprattutto, non ci sta a «farsi bombardare dai renziani». Anche Dario Franceschini appare scettico, soprattutto a causa delle possibili infiltrazioni del centrodestra (e non a torto).
Dall’altra c’è Goffredo Bettini, che, stando a la Repubblica, avrebbe già iniziato il giro di telefonate per rastrellare nomi per il voto. Tra gli interessati ci sarebbero persone da Forza Italia, da Udc, ex grillini e anche qualche senatore di Iv. Mentre il Pd decide da che parte stare, Conte va per la sua strada: il capo di Gabinetto del premier, Alessandro Goracci, è già a lavoro per trovare nuovi candidati sostenitori della maggioranza.
Rimpasto, Conte-ter o elezioni?
A quel punto le opportunità di Conte sono diverse. Da un lato il premier potrebbe optare per un rimpasto, limare la squadra senza rivoluzionarla, cercando di venire incontro alle richieste di Iv (e non solo) e restando, come struttura dell’esecutivo, nel solco del Conte bis. Ma in caso di un nuovo strappo di Iv, Conte potrebbe anche presentarsi da dimissionario al Quirinale, provando a dare vita a un Conte-ter con una nuova lista dei ministri e rapidi giri di consultazione. In ultima istanza, che a parole andrebbe bene a tutti, c’è sempre l’ipotesi (per ora prematura) delle elezioni: «Meglio stare all’opposizione – dice Renzi – che accettare un Conte ter».
Immagine di copertina: ANSA/RICCARDO ANTIMIANI
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