Non solo l’Italia. Dagli Usa ai Paesi Bassi, tutti i ritardi sul vaccino anti-Covid che rallentano la corsa allimmunità
È stata definita la più grande campagna vaccinale della storia. Il piano deve funzionare e la pressione sui governi non fa che crescere di ora in ora. Il rischio ora da evitare per non lasciare il ricordo di un grande flop è che si accumulino ritardi capaci di allontanare l’immunizzazione di massa. L’Italia attende con ansia di vincere la scommessa su Astrazeneca, dovendo rendere conto – nel proprio piano vaccinale – dell’acquisto di 40 milioni di dosi, la maggiore quantità accordata rispetto a tutte le altre aziende.
Ma a pendere dalle labbra dell’Ema non è soltanto il nostro Paese. Nonostante l’azione congiunta dell’Europa, diversi Stati membri si ritrovano a combattere una corsa solitaria contro il tempo. E gli allarmi arrivano anche da oltreoceano, da quegli Stati Uniti che pure avevano iniziato le vaccinazioni già nelle prime settimane di dicembre.
In Germania due Regioni faticano a tenere il passo
Secondo l’accordo europeo, la Germania dovrà ricevere 300 milioni di dosi tra vaccino Pfizer, Astrazeneca, CureVac e Moderna. Proprio da Moderna è attesa una delle forniture più grosse: 50,5 milioni di dosi. Carico che ad oggi si rivela essere uno dei punti critici evidenziati dalle polemiche scoppiate nel Paese, soprattutto nei confronti della gestione del governo. Oltre all’acquisto delle 30 milioni di dosi fuori quota da Pfizer, la Germania ne ha chieste a Moderna altre 80 milioni, in un momento in cui il via libera dell’ente regolatore è ancora in sospeso. Ma c’è di più.
I dati a disposizione sulla distribuzione delle dosi evidenziano un gap non indifferente tra gli inizi della campagna vaccinale tedesca e i primi numeri registrati da altri Paesi. Un ulteriore elemento di critica, al quale il governo federale ha deciso di rispondere nei giorni addietro con il discusso acquisto autonomo di dosi Pfizer. «I vaccini sono pochi» ha detto il governatore bavarese Csu, Markus Soeder.
«Il ritmo di produzione non è sufficiente, va rafforzato» ha continuato il leader dei liberali Christian Lindner. Secondo i dati del Robert Koch Institut (RKI), fra il 30 e il 31 dicembre, il totale delle vaccinazioni effettuate è arrivato a 165.575. Un buon numero rispetto ai 32.969 che risultano in Italia al primo di gennaio. Ma ben lontano, per esempio, dal milione di Regno Unito e Israele.
A fare luce sulle parti del Paese che procedono ancora a rilento nella vaccinazione è la Bild. In particolare sono due le aree più problematiche, le stesse che sulla curva dei contagi riscontrano il tasso di incidenza più alto. La Turingia, con 327 casi ogni 100 mila abitanti, e la Sassonia, 246 su 100 mila, sono al momento le zone più indietro con le somministrazioni.
Come evidenziato anche dai dati dell’RKI, dal 27 dicembre in Sassonia sono state somministrate 2.653 dosi, solo il 3,88% della quantità disponibile pari a 68.250 di dosi Pfizer arrivate nella regione. Non va meglio in Turingia con 810 persone sottoposte a somministrazione, corrispondenti a meno del 2,08% delle 39.000 dosi di vaccino disponibili.
Problemi che stanno mettendo a dura prova pure il piano vaccinale tedesco. A pesare è anche il ritardo del candidato vaccino di Sanofi. Come ribadito dalla rivista tedesca Der Spiegel, nella prima fase di compravendita, l’Unione europea aveva chiesto a BioNtech soltanto 200 milioni di dosi, con un’opzione per altri 100 milioni. Ma l’azienda tedesca, ha continuato Der Spiegel, avrebbe potuto offrire 500 milioni di dosi già al primo giro.
L’accusa è quindi di non aver voluto penalizzare Sanofi, con 300 milioni di dosi ordinate. Il punto ora è che Sanofi è in dichiarato ritardo e non riuscirà a consegnare le dosi prima del giugno 2021. A questo si somma il ritardo di Astrazeneca. Un problema non solo per l’Italia, su cui poche ore fa, si è espresso anche il ministro della Salute Jens Spahn, invitando Ema ad accelerare i tempi per il via libera.
Negli Usa totalmente fallita l’operazione Warp Speed
Insieme al Regno Unito, gli Usa avevano deciso di iniziare la campagna vaccinale prima di tutti. In situazioni critiche come quelle di una pandemia, l’uso di un farmaco ancora non autorizzato può essere consentito laddove serva a soddisfare esigenze terapeutiche per cui non esistono alternative altrettanto rapide.
L’obiettivo iniziale degli Stati Uniti era di raggiungere i 20 milioni di vaccinati entro la fine del 2020. Al momento sono solo 2,6 milioni le persone sottoposte a somministrazione. Un numero riportato e aspramente criticato da Moncef Slaoui, consigliere scientifico di Warp Speed, l’operazione governativa per l’accelerazione dello sviluppo e diffusione dei vaccini.
Il piano francese va a rilento, lo scetticismo corre veloce
Mentre il deputato francese Roland Lescure rassicura sui 20 milioni di cittadini che, secondo i piani del governo, potranno essere vaccinati entro la metà del 2021, la campagna procede a rilento con poco più di 150 persone vaccinate al 30 dicembre. «Non possiamo giudicare la qualità di una maratona dopo un chilometro di corsa» è stata la risposta di Lescure, esponente del partito di Emmanuel Macron En Marche!, ma il confronto con i numeri degli altri Stati europei è un problema.
E anche l’obiettivo dei 20 milioni di vaccinati entro metà anno appare riduttivo. Il pericolo ancora una volta è quello di non riuscire a raggiungere la copertura necessaria per l’immunità di gregge e rendere così davvero efficace la campagna vaccinale.
Il problema per la Francia starebbe nella scarsa adesione della popolazione alla campagna vaccinale. Le ultime dichiarazioni del ministro della Salute Olivier Véran sul tema sono emblematiche. «Questo è il momento delle spiegazioni, della pedagogia, di raccogliere il consenso» ha detto, riferendosi a quanto emerso dagli ultimi sondaggi. Oltre 1 francese su 2, circa il 56% della popolazione totale, sembra intenzionato a non sottoporsi alla formula anti Covid, in un clima di scetticismo dunque per nulla favorevole al raggiungimento dei numeri diffusi dal governo.
I Paesi Bassi non sono ancora partiti
In netto ritardo rispetto a tutti gli altri Stati dell’Europa occidentale ci sono i Paesi Bassi. Ancora fermi ai blocchi di partenza, guardano alla data dell’8 gennaio. L’Istituto di sanità nazionale ha espresso una preferenza per il vaccino di Oxford rispetto a quello di Pfizer, possibile motivo per cui il governo ha deciso di ritardare la partenza. Il ministro della Salute Hugo de Jonge è rimasto sul vago: «Abbiamo optato per una pianificazione attenta, sicura e responsabile», ha detto davanti al Parlamento, dando adito a ulteriori dubbi.
La versione più accreditata è che i Paesi Bassi si siano trovati con un piano vaccinale che puntava tutto sulla formula più economica e più facile da distribuire, ma che deve ancora ricevere il via libera. Intanto, sempre per l’8 gennaio l’ente regolatore europeo, la cui sede è proprio nei Paesi Bassi, ha annunciato una conferenza sulle ultime novità sui vaccini anti Covid.
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