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Coronavirus, Brusaferro (Iss) alza la voce: «L’epidemia è in una fase pericolosa. Come si fa a parlare di ritorno alla normalità?»

03 Gennaio 2021 - 08:17 Redazione
Il presidente dell’Istituto superiore di sanità: «Il vaccino è un segnale di speranza, ma da solo non basta. Le misure di mitigazione sono necessarie»

La data in cui l’Italia avrebbe dovuto riaprire, il 7 gennaio, si avvicina, ma con la curva del contagio da Coronavirus ancora a livelli preoccupanti – ieri sono stati registrati 11.831 casi ma con un brusco calo dei tamponi – il governo si prepara a una nuova stretta. La linea sposata da una parte della comunità scientifica – con in cima l’Istituto superiore di sanità (Iss)- è quella della massima cautela. «Non è il momento di rilassarsi – dichiara al Corriere della Sera Silvio Brusaferro, presidente dell’Iss e componente del Comitato tecnico-scientifico -. Tutti i dati mostrano che l’epidemia non è finita, è ancora in una fase molto pericolosa».

In vista del 7 gennaio, Brusaferro è netto: «Un ritorno alla normalità? Andiamoci piano. Come si può parlare di ritorno alla vita normale? Viviamo in una pandemia, il virus circola diffusamente nel nostro Paese e i servizi sanitari sono sotto stress». Per Brusaferro è necessario «evitare che la curva riparta e questo si può fare adottando con rigore e sistematicamente le misure di prevenzione che ormai gli italiani conoscono». I numeri quotidiani e l’incidenza «sono ancora superiori ai 50 nuovi casi per 100.000 abitanti nei 7 giorni, e il margine di resilienza del sistema sanitario è risicato. Quindi non è possibile fare a meno di misure di mitigazione».

Rt in aumento e nuovi casi ancora alti

A preoccupare Brusaferro non è soltanto il numero dei nuovi positivi, che rimane ancora alto; l’indice Rt, che misura la trasmissibilità del virus, è tornato a crescere. Per capire l’impatto delle chiusure natalizie bisognerà aspettare ancora un po’: il 15 gennaio ci sarà il monitoraggio dell’Iss che si basa sui dati di queste settimane. Nel frattempo, non si può fare affidamento soltanto sul vaccino anti-Covid, che al 2 gennaio era stato somministrato a circa 70 mila persone in Italia. «[…] Il vaccino è un segnale positivo di grande speranza – continua Brusaferro – però per i prossimi mesi dovremo continuare a mantenere uno stretto controllo dei comportamenti individuali e sociali. Il ragionamento “vabbè, ora c’è il vaccino e allora posso riprendere a fare come prima” non è corretto».

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