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Crisanti sui ritardi nelle vaccinazioni: «In Italia non si riescono a programmare le cose. Senza l’Europa saremmo al tappeto»

03 Gennaio 2021 - 11:32 Maria Pia Mazza
Il direttore del Laboratorio di Microbiologia di Padova: «I dati sui contagi? Se risalgono, bisognerà pensare a immunizzare i più giovani»

Dopo il «fraintendimento di fondo» legato alla richiesta di avere dati concreti sul vaccino anti-Covid, e di conseguenza un «conforto scientifico» dato dall’autorizzazione delle autorità di farmaco vigilanza preposte, il professor Andrea Crisanti ha deciso di «aderire alla vaccinazione in diretta, convinto che si tratti di una svolta». Il vaccino, come spiegato dal direttore del Laboratorio di Microbiologia di Padova in un’intervista al Corriere della Sera, rappresenta «un’altra barriera, più forte del distanziamento sociale e della mascherina». Ma ciò non implica che si possano allentare da subito le misure anti-contagio, né lasciar da parte il tracciamento, anzi.

Questo perché, finora, l’unico aspetto acclarato della suddivisione dell’Italia in fasce di rischio è che «le zone gialle non funzionano e le rosse funzionano, ma non sappiamo se (queste zone e le relative limitazioni) funzioneranno nel momento in cui riapriremo le scuole», prosegue Crisanti. E se i contagi dovessero risalire dopo la riapertura delle scuole del 7 gennaio (data su cui ancora ci sono resistenze, nda) a detta del professore di Padova, «varrà la pena pensare alla vaccinazione dei ragazzi».

Crisanti: «L’immunità di gregge? A fine 2021, forse»

La situazione attuale non permette rilassamenti di sorta, anche perché «tutto dipende dall’R0», ossia il parametro che determina la potenziale trasmissibilità del virus. «Con un R0 tra il 2,6 e il 3 com’è oggi – prosegue Crisanti – per raggiungere l’immunità di gregge basterebbe il 70- 73% di popolazione immunizzata». C’è però l’incognita sull’impatto della variante Covid isolata nel Regno Unito: qui «l’indice R0 varia tra 3,6 e 4», e rischia di alzare la soglia necessaria «all’80-85%». Un piccolo cambiamento potrebbe esserci forse quando si supererà il 50% della popolazione vaccinata, spiega Crisanti, secondo cui «verso fine anno, forse, arriveremo all’immunità di gregge».

«Forse», anche perché i rallentamenti nella campagna vaccinale su larga scala rischiano di pesare. Da un lato nel nostro Paese le vaccinazioni vanno a rilento perché, a detta di Crisanti, «in Italia non si riescono a prevedere e programmare le cose», come nel caso della creazione di una solida catena logistica dell’ultrafreddo (essenziale per il vaccino Pfizer-BioNtech, nda) e della sua capillare distribuzione sul territorio. Dall’altro lato, l’Italia paga lo scotto dei ritardi dello sviluppo e del rinvio dell’approvazione del vaccino Oxford-AstraZeneca. Un ritardo da considerarsi comunque un segnale di «serietà» e «trasparenza» nella comunicazione degli errori.

Una scelta, quella di puntare sul diverse tipologie di vaccino, comunque «oculata», poiché tale investimento «è capace di ridurre i rischi d’intoppo che è normale attendersi». In tutto ciò, però, sottolinea Crisanti, «l’Europa ha giocato un ruolo importante, poiché senza la Comunità oggi il nostro Paese sarebbe al tappeto». Ma ci vorranno ancora mesi prima di raggiungere una buona copertura di persone immunizzate e sino ad allora, avvisa Crisanti, bisognerà continuare a mettere in pratica le norme anti-contagio ormai note. E forse, a fine anno, la mascherina potrebbe essere dimenticata.

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