Piano vaccini, la versione di Arcuri: «Non siamo in ritardo: troppo presto per prendercela con le regioni»
Domenico Arcuri, commissario straordinario all’emergenza Coronavirus, prende carta e penna e scrive al Corriere della Sera per delineare il quadro, dal suo punto di vista – e nelle inevitabili polemiche – della campagna vaccinale contro Covid-19 che ha preso il via il 27 dicembre scorso con il simbolico V-Day europeo e che stamane vede quasi 180 mila persone aver ricevuto la prima dose del siero Pfizer – l’unico al momento disponibile in Italia. «Per vaccinare il numero massimo di cittadini italiani nel tempo più breve possibile servono un numero adeguato di vaccini, un piano logistico e organizzativo efficiente e strutture capaci di somministrare le due dosi rapidamente e nel corretto intervallo», scrive Arcuri al Corriere.
L’acquisto dei vaccini
Il commissario fa il punto su dosi e acquisti: un fronte su cui fin dal principio si è scatenata la polemica politica e non solo: «L’Italia ha promosso un sistema centralizzato, conferendo all’Ue la responsabilità di negoziare con le aziende produttrici, di acquistare il massimo numero possibile di dosi e di ripartirle fra i Paesi membri in percentuale alla popolazione».
La quota dell’Italia è del 13,46%, ricorda Arcuri. «Non solo: tutti i Paesi si sono impegnati a non procedere ad acquisti diretti. È stata ed è una bella pagina dell’Europa. Sono stati opzionati i vaccini di 6 aziende che porterebbero in Italia 178 milioni di dosi quest’anno e 48 nel 2022. Poi serve che l’autorità di certificazione europea, l’Ema, e quella italiana, l’Aifa, ne autorizzino l’immissione in commercio».
Come noto, l’agenzia europea fino a questo momento ha autorizzato solo l’utilizzo di Pfizer, mentre «nei prossimi giorni tutti facciamo il tifo perché venga autorizzato quello di Moderna». Le dosi del vaccino Pfizer che arriveranno in Italia quest’anno sono 40 milioni: 2.349.750 a gennaio e 1.879.800 a febbraio, dice Arcuri, «con una frequenza di 470 mila dosi la settimana». 470 mila dosi a settimana. «Saremmo i primi a volerne molte di più. Perciò aspettiamo Moderna: sarebbero altre 20 milioni di dosi per l’Italia».
Il piano logistico
Il commissario difende anche il piano logistico e organizzativo, approvato a dicembre dal parlamento. «In poche ore i vaccini, insieme a siringhe, aghi e diluenti, sono stati consegnati ai 293 punti di somministrazione preposti alla vaccinazione. Che spetta alle Regioni», chiosa Arcuri. La vaccinazione, ricorda, non è obbligatoria ed è gratuita per tutte e tutti. La logica delle priorità passa dal «livello di esposizione potenziale al contagio e la fragilità».
«Prima il personale sanitario e sociosanitario dei presidi ospedalieri, con l’obiettivo di far diventare Covid-free i nostri ospedali, nonché il personale e gli ospiti delle Rsa, perché non siano mai più teatro di quei terribili focolai»: totale 1 milione e 800 mila persone che dovrebbero ricevere entrambe le dosi di Pfizer entro febbraio. Poi, come noto, si passa agli over 80 anni, oltre 4 milioni.
A seguire le persone che hanno tra i 60 e gli 80 anni, le forze dell’ordine, gli insegnanti e il personale scolastico, i fornitori di servizi pubblici essenziali, gli operatori del trasporto pubblico locale, il personale carcerario e i detenuti. Poi tutto il resto della popolazione. Serviranno fino a 120 milioni di dosi per tutti gli italiani: «quando ci saranno, sarà avviata la campagna di vaccinazione di massa, che speriamo di concludere in autunno».
La differenza tra regioni
«In qualche caso sono stati utilizzate il 50% delle dosi ricevute, in qualche altro il 3%», nota Arcuri. Da un lato il Lazio, con il record di vaccinazioni, dall’altro regioni come soprattutto quella più sotto accusa in questo momento: la Lombardia, falcidiata dal virus ma con percentuali irrisorie di vaccinati a 4 giorni dall’avvio della campagna. «Sono passati solo 4 giorni dall’inizio della campagna, è davvero presto e sarebbe strumentale fare già consuntivi», dice il commissario.
«In queste prime settimane i destinatari dei vaccini sono i medici, gli infermieri e le Rsa. Poi serviranno dei rinforzi. Abbiamo avviato una call pubblica e ricevuto 22 mila candidature di medici e infermieri. Quattro giorni fa è entrata in vigore la norma che ci consente di attivarli».
In copertina ANSA
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