L’allarme sulla scuola: «La riapertura può provocare una nuova ondata incontrollabile»: il rapporto Iss-Inail
«Riattivare quasi completamente i contatti sociali e le scuole di ogni ordine e grado, come avvenuto in tarda estate, può determinare un’onda epidemica non contenibile, senza severe misure restrittive». È quanto emerge dallo studio congiunto dei ricercatori della Fondazione Bruno Kessler, dell’Istituto Superiore di Sanità e dell’Inail, pubblicato sulla rivista scientifica Pnas (Proceedings of the National Academy of Science of the United States) e basata sui dati della prima ondata della pandemia di Coronavirus. «Nello studio – secondo quanto riferito dall’Iss – è stato utilizzato un modello di trasmissione del virus per stimare l’impatto di diverse strategie di mitigazione introducendo anche la stima del rischio nei diversi settori produttivi in maniera innovativa. I risultati di questa ricerca sono stati utilizzati per definire i possibili scenari a seguito delle riaperture della Fase 2 e per definire i possibili scenari e interventi nella fase autunnale».
La riattivazione dei contatti sociali e delle scuole può determinare un’onda epidemica non contenibile
Secondo la ricerca, «la riapertura delle scuole dagli asili fino alle scuole medie potrebbe avere un impatto limitato sulla trasmissibilità di SARS-CoV-2 a causa della minor suscettibilità all’infezione dei bambini e ragazzi fino a circa 14 anni di età», benché «la riattivazione quasi completa dei contatti sociali e delle scuole di ogni ordine e grado, come avvenuto in tarda estate, può determinare un’onda epidemica non contenibile, senza severe misure restrittive». Tuttavia, sottolineano i ricercatori, l’analisi «non permette di distinguere tra infezione trasmessa all’interno degli edifici scolastici e infezione trasmessa durante le attività peri-scolastiche, quali trasporti, possibili assembramenti fuori degli edifici scolastici, attività extra-scolastiche».
Quanto ad altre situazioni che potrebbero favorire la diffusione dei contagi, dallo studio emerge che «i contatti nel mondo del lavoro, escludendo i servizi essenziali che possono essere ad alto rischio, come nel caso della Sanità, ma non possono essere sospesi, potrebbero non incidere molto sulla trasmissibilità di SARS-CoV-2». Al contempo i ricercatori sottolineano l’importanza di «favorire il più possibile lo smart working, dove possibile».
Lo studio: «Riaperture premature»
Dallo studio emerge che «riaperture premature» possono incidere notevolmente sull’andamento epidemiologico nazionale. Un esempio? Se il lockdown primaverile nella prima ondata di contagi fosse terminato il 20 aprile anziché il 18 maggio, ciò avrebbe portato a un incremento del 500% circa delle ospedalizzazioni cumulative registrate da maggio a settembre 2020. Secondo i ricercatori, inoltre, «un indice Rt minore di 1 è necessario per permettere margine di azione dopo il rilascio delle restrizioni, mentre la bassa incidenza è necessaria per mantenere (e non incrementare) il livello dei casi», a livello di ospedalizzazioni e decessi.
Il dottor Stefano Merler, ricercatore della Fondazione Bruno Kessler, evidenzia che «l’incidenza deve essere sufficientemente bassa da poter essere gestita dai sistemi di prevenzione con l’isolamento dei casi e la quarantena dei contatti. Basandosi sul periodo in cui i servizi di prevenzione hanno cominciato ad andare in sofferenza a causa dell’aumento di incidenza di casi durante la seconda onda, questa incidenza dovrebbe essere inferiore a circa 50 casi settimanali ogni 100.000 abitanti». Infine, chiosa Merler, dalla ricerca emerge che «il potenziale di trasmissione di Covid-19 è ancora altissimo, e suggerisce estrema cautela nella scelta dei contatti sociali che vengono riattivati e nella tempistica di riattivazione degli stessi».
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