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Coronavirus, i numeri in chiaro. Sebastiani (Cnr): «Il contagio frena grazie restrizioni delle feste. Ma la curva delle vittime è in crescita»

10 Gennaio 2021 - 20:38 Giulia Marchina
Sulla campagna vaccinale, il matematico sostiene sia cruciale «porre molta attenzione alle modalità di gestione dei soggetti da vaccinare»

In Italia sono +18.627 i casi di Coronavirus. Un dato in leggerissimo calo rispetto ai +19.978 di ieri, secondo l’ultimo bollettino della Protezione Civile e del ministero della Salute. Le vittime oggi sono 361, per un totale di 78.755 decessi dall’inizio della pandemia. I ricoverati raggiungono quota 23.427 (ieri 23.260). In terapia intensiva sono poi ricoverati 2.615 pazienti; di questi, 181 hanno fatto il loro ingresso n reparto nell’ultima giornata. I casi totali dallo scoppio dell’emergenza sanitaria sono 2.276.491, i dimessi e guariti 1.617.804, gli attualmente positivi 579.932. I dati arrivano a fronte di +139.758 tamponi eseguiti nelle ultime 24 ore. «La chiave comunque resta quella di “tenere alta la guardia”», spiega a Open il matematico del Cnr Giovanni Sebastiani.

Professore, qual è la situazione di oggi, relativamente ai dati in nostro possesso?

«Confermata la frenata del contagio grazie alle misure restrittive introdotte durante le vacanze di Natale-Epifania. L’analisi sulle differenze della curva della percentuale dei casi positivi sui casi testati conferma la previsione che ho fatto quattro giorni fa ovvero che tra questa e la prossima settimana avremmo raggiunto il picco. A conferma di ciò, i valori medi della percentuale dei positivi nelle ultime tre settimane sono 22%, 27% e 30%, mentre abbiamo il 30% in quella corrente».

Quindi non è possibile abbassare la guardia…

«Ora abbiamo la maggior circolazione del Coronavirus e di quelli dell’influenza. Prendo atto della lungimiranza delle Regioni e province autonome che hanno rimandato l’inizio della didattica in presenza. Penso che non sia una buona scelta andare avanti con gli slogan, ma con la prudenza e la forza dei numeri».

Cosa succede, invece, alle terapie intensive e alla curva dei decessi?

«Se il valor medio della percentuale dei positivi sui casi testati della prossima settimana sarà inferiore al 30%, prevedo che tra 7-10 giorni anche le curve dei ricoveri in terapia intensiva e nei reparti ordinari raggiungeranno il picco e invertiranno il trend corrente di debole crescita. La curva della media dei decessi in questa settimana conferma la previsione di, seppur debole, trend in aumento, che prevedo continuerà per tutta la prossima settimana».

Nei prossimi giorni il governo deciderà se adottare la proposta dell’Istituto superiore di Sanità di istituire una zona rossa qualora l’incidenza settimanale dei positivi superi la soglia di 250 casi per centomila abitanti.

«Lo scopo è di muoversi nella direzione della ripresa del controllo del tracciamento dei casi positivi allo scopo di limitare la diffusione dell’epidemia.  Poiché il tracciamento in Italia avviene in modo “manuale”, dato il numero di operatori impiegati, la soglia è molto più bassa, cioè 50 nuovi casi a settimana per 100 mila abitanti. Sulla base dei dati di questa settimana, per nessuna regione-provincia autonoma si ha il controllo del tracciamento, mentre Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Marche, Veneto e entrambe le province del Trentino hanno incidenza maggiore o uguale alla soglia di zona rossa. È da notare che tutte queste regioni-province autonome formano una zona connessa. Questo fatto è importante in relazione all’utilità di limitare al minimo i flussi di persone tra regioni».

Vede controindicazioni a riguardo?

«Non mi è chiaro come questo criterio si coniughi con la procedura di assegnazione dei colori in base ai valori dei 21 (in realtà 16) indicatori del monitoraggio settimanale. Inoltre, poiché il valor medio dell’incidenza decresce, diminuendo il numero di test diagnostici effettuati, penso che sia importante introdurre una soglia minima per il numero di test effettuati a settimana per centomila abitanti».

A campagna vaccinale avviata, ha idea su quali possano essere i risvolti di questa prima tranche?

«Aspetto prima di tutto l’andare a regime: al momento infatti alcune regioni-province autonome hanno somministrato una bassa percentuale dei vaccini a loro disposizione, mentre altre li hanno già fatti quasi tutti e si stanno per fermare. Siccome l’efficacia del vaccino è superiore al 90% solo dopo 4 settimane dalla prima dose (e avendo fatto anche la seconda), inizierò a tempo debito ad analizzare la curva del numero di persone che hanno fatto entrambe le dosi. Al momento nessun soggetto in Italia ha fatto entrambe le dosi.

Il punto del richiamo è fondamentale e ritengo vitale che vengano seguite al massimo le condizioni in cui sono stati prodotti i dati sulle prestazioni del vaccino. Proposte come quella di allungare il tempo tra le due dosi, come avviene ora nel Regno Unito, penso che non vadano prese in considerazione. Occorre inoltre porre molta attenzione alle modalità di gestione dei soggetti da vaccinare minimizzando assembramenti e code e di conseguenza anche il rischio paradossale di contagiarsi lo stesso giorno della vaccinazione».

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