Altro che disperati, c’è anche un amministratore delegato tra le persone arrestate per l’assalto al Campidoglio
Può essere rassicurante pensare che ad aver preso d’assalto il Campidoglio il 6 gennaio c’erano soltanto personaggi come lo sciamano Jake Angeli (che di nome fa Jacob Chansley) e altri seguaci della setta QAnon, ma in realtà non è così. Lo dimostra la storia di Brad Rukstales, Ceo di una compagnia di marketing, Cogensia, di Chicago, tra le persone arrestate negli ultimi giorni. Uno dei volti più “rispettabili” dell’insurrezione, un esempio vivente dell’eterogeneità del trumpismo, che serve anche da monito rispetto a spiegazioni che tendono ad archiviare i fatti dell’altro giorno – in cui sono morte cinque persone, tra cui un ufficiale di polizia – come la rivolta del popolo contro le élite.
Il pentimento di Brad
Come la maggior parte dei rivoltosi, Ruckstales, uomo d’affari di mezza età, era andato a Washington dall’Illinois per partecipare alla manifestazione promossa da Trump per contestare la certificazione del voto delle presidenziali. Come ha dichiarato in un’intervista a CBS Chicago, non aveva previsto che la protesta sarebbe presto degenerata, diventando violenta. La trasferta a Washington era il compimento di un percorso di fede che lo aveva portato a donare oltre 30 mila dollari a cause repubblicane nel corso dell’ultimo anno, di cui circa 12 mila dollari direttamente a Trump.
Una volta finito il comizio del presidente però, Rukstales si sarebbe diretto al Campidoglio, con il resto della bolgia. Oggi su Twitter parla di «errore di valutazione» e si difende dicendo di aver semplicemente «seguito centinaia di altre persone, passando per le porte aperte del Campidoglio», un particolare significativo dato gli interrogativi che esistono rispetto alla condotta della polizia quel giorno. Insomma, si è lasciato “trascinare dagli eventi”. A differenza di altri reduci dell’insurrezione dell’Epifania, che non si mostrano per nulla pentiti e in alcuni casi sono passati a pianificarne altre, Rukstales dice di «condannare la violenza e la distruzione che ha avuto luogo a Washington».
Non solo lo sciamano Jake
È significativo anche il fatto che Rukstales sia stato rilasciato poco dopo essere stato arrestato, riuscendo a tornare a casa a Inverness, un sobborgo di Chicago, la sera stessa, tanto che è stato intervistato fuori da casa sua da un giornalista di una emittente locale. La società di cui è Ceo non è stata altrettanto clemente: Rukstales adesso si trova in congedo forzato e l’azienda ha preso le distanze in un comunicato su LinkedIn. Non è la sola ad aver agito così. Mentre le forze di polizia cercavano di identificare e rintracciare i “patrioti” – alcuni dei quali si erano auto-incriminati postando incautamente selfie e video di vario genere sui social media – partiva la caccia agli impiegati “deplorevoli” da parte di diverse aziende americane.
È il caso di Navistar, un’azienda di marketing in Maryland, che ha licenziato un suo dipendente fotografato al Campidoglio con addosso il badge aziendale. Come racconta la Cnn, lo stesso vale anche per Libby Andrews, 56 anni, ormai ex-broker di una società immobiliare (che le ha comunicato il licenziamento via email), e per Paul Davis, avvocato, in precedenza impiegato presso la compagnia assicurativa Goosehead Insurance, la quale ha celebrato il divorzio con tanto di Tweet. Persino un ex rappresentante dello Stato della Pennsylvania ed ex professore universitario presso il Saint Vincent College, Rick Saccone, si è dimesso per aver pubblicato sulla propria pagina Facebook immagini di sé fuori dal Campidoglio.
Ruckstales è stato arrestato per aver effettuato un ingresso illegale all’interno del Campidoglio, ma ci sono almeno 13 casi di persone che sono state accusate di crimini federali – tra cui Cleveland Grover Meredith Jr, che si era presentato al Campidoglio con un fucile d’assalto e con l’intenzione di «bucare la testa con un proiettile» alla speaker della Camera dem, Nancy Pelosi. Milizie, estremisti, cospirazionisti – ma anche “persone comuni”, o «everyday americans» come scrive il New York Times.
Non dovrebbe sorprendere visto che alle scorse elezioni Trump ha ottenuto circa 74 milioni di voti. Benché il numero di cittadini americani con un livello di istruzione medio basso che votano dem è diminuito negli scorsi anni, come rivela una ricerca del Pew Research Center circa il 30% degli elettori di Trump ha un titolo universitario. È anche per questo che la decisione da parte di una serie di aziende e di amministratori delegati di scaricare il presidente nei giorni dopo l’assalto al Campidoglio è stata ritenuta una notizia dal conservatore Wall Street Journal. Il mondo del business scarica Trump.
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