Usa, sui social proliferano le minacce di un nuovo assalto a Capitol Hill. Timori per l’insediamento di Biden
«Stand back and stand by». Questa volta non è Donald Trump a dirlo ma Enrique Tarrio, uno dei capi della milizia di estrema destra, i Proud Boys, arrestato a Washington D.C nei giorni prima dell’assalto al Campidoglio. «State indietro e tenetevi pronti» è diventato quasi un slogan per il gruppo di Tarrio, che su Parler, il social media amato dagli estremisti americani, ha ripetuto il mantra alla fine di un messaggio in cui ribadiva la disponibilità del suo gruppo a sostenere chi era stato arrestato. «Vi troveremo degli avvocati se ne avete bisogno, non siete soli». Tarrio non è l’unico che in questi giorni e in queste ore evoca sui social media una possibile rivincita dei “patrioti” di Trump. Anzi. E queste voci cominciano a sollevare una certa apprensione, soprattutto in vista dell’insediamento di Biden il 20 gennaio.
Il rumorio sui social, dai disillusi agli irriducibili di Trump
Se negli ultimi giorni è cresciuto il disappunto tra chi si è sentito tradito dal video in cui il presidente Trump condannava gli atti criminali che avevano accompagnato la manifestazione del 6 gennaio nella capitale degli Stati Uniti, su siti e social come Parler, tra un post sul finto arresto della figlia di Obama e un altro sui presunti brogli elettorali in Georgia, girano anche post conciliatori in cui il video di Trump viene fatto passare per un deep fake, un prodotto dell’intelligenza artificiale.
Anche la decisione di Twitter di sospendere l’account di Trump è stata accolta con giubilo da chi si aspetta il suo arrivo imminente su Parler (dove peraltro sono già presenti i suoi figli Ivanka e Donald Jr). E se una parte dei patrioti non si sente tradita da Trump o delusa dal fallimento dell’insurrezione del 6 gennaio, c’è anche chi parla di un bis in termini non esattamente pacifici. Su 4Chan, in uno dei forum dedicati al politically incorrect, alcuni utenti parlano per esempio di «finire ciò che è stato iniziato il 6» o addirittura di compiere omicidi. Lo stesso vale per i canali Telegram dei Proud Boys.
Questa volta le forze dell’ordine non possono farsi trovare impreparate. Ci sono ancora dubbi da sciogliere sul perché i manifestanti siano riusciti a superare con facilità la barriera di sicurezza. Soprattutto visto che, come racconta bene un episodio del podcast The Daily del New York Times, per diverse settimane prima del 6 gennaio su Parler e affini era un susseguirsi di messaggi in cui si offrivano passaggi in macchina per chi voleva portare con sé un’arma a Washington (perché rischiare di essere fermati in aeroporto?) o in cui si diceva, in maniera più o meno esplicita, che ci sarebbe stato un assalto al Campidoglio. Perché nessuno ha preso sul serio quei messaggi?
Coprifuoco, una rete “anti-patrioti” e i militari per blindare il Campidoglio
Nonostante la debacle del 6 gennaio, la cerimonia di giuramento si terrà comunque al Campidoglio, come hanno confermato i senatori Roy Blunt e Amy Klobuchar, che presiedono il comitato inaugurale. Oltre al Presidente eletto e la vicepresidente Kamala Harris, saranno presenti anche il vicepresidente in carica Mike Pence, alcuni ex presidenti degli Stati Uniti, tra cui George Bush e Barack Obama, i nove membri della Corte suprema e la maggior parte dei membri del Congresso (anche se non è ancora chiaro quanti repubblicani parteciperanno). L’attenzione naturalmente è altissima e le misure di sicurezza saranno ancora più stringenti del solito.
Poche ore dopo il caos di mercoledì, una recinzione alta oltre due metri è stata eretta attorno al Campidoglio. Ci rimarrà per almeno 30 giorni. A Washington D.C è stato dichiarato lo stato di emergenza che durerà fino al giorno successivo all’inaugurazione. Come ha confermato Muriel Bowser, la sindaca di D.C. che a differenza del capo della polizia di Capitol Hill non si è dimessa in seguito agli scontri, più di 6.200 membri della Guardia Nazionale saranno in città entro questo fine settimana. Visto che si tratta di un evento di sicurezza nazionale – che le agenzie federali stanno pianificando da più di anno – saranno coinvolti anche i servizi segreti degli Stati Uniti, la FEMA (Federal Emergency Management Agency), il dipartimento della difesa e le agenzie di intelligence.
Insomma, il Campidoglio sarà blindatissimo. In tempi normali oltre un milione di cittadini partecipano all’insediamento (circa 2 milioni nel caso di Obama), ma quest’anno saranno di meno, anche a causa del Covid che negli Stati Uniti continua a far registrare centinaia di migliaia di casi al giorno. A un massimo di 3 mila persone sarà permesso entrare nella cerchia ristretta vicino al presidente dove solitamente ci sono 200 mila spettatori. Rimane il rischio che i rivoltosi possano agire in anticipo, inscenando una nuova protesta per guastare la festa a Biden. Già prima del 6 gennaio, sui social si faceva strada l’ipotesi di una nuova manifestazione a Washington il weekend del 16-17. Su alcuni forum si parla addirittura di una «marcia armata».
Le voci di un nuovo assalto sono state confermate anche da Twitter, che nel post in cui dava la notizia della sospensione permanente dell’account di Trump ha aggiunto che i «piani per future proteste armate hanno già iniziato a proliferare dentro e fuori dalla piattaforma, compreso un attacco contro il Campidoglio degli Stati Uniti» in vista del «Million militia march» (la marcia di un milione di milizie) programmata per il giorno dell’insediamento.
Alcuni gruppi, come l’Eighty Percent Coalition, una coalizione pro-Trump presente alla manifestazione del 6 gennaio, hanno fatto un passo indietro, ritirando la richiesta di organizzare una manifestazione il 16 gennaio. Ma, come ha dichiarato alla Cnn Jonathan Greenblatt, Ceo dell’Anti-Defamation League, tra i gruppi di ricerca che avevano suonato l’allarme nelle settimane scorse, molti estremisti e suprematisti bianchi si sentono galvanizzati, nonostante l’insurrezione sia finita in un nulla di fatto. «Ci aspettiamo – dichiara Greenblatt – che la violenza possa degenerare ulteriormente prima che si veda un miglioramento».
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