Dietro il boom di contagi in Veneto c’è la variante inglese? Crisanti contro Zaia: «Non c’entra niente: è un disastro per colpa di test e zona gialla»
Sembrava che la causa della recrudescenza del contagio da Coronavirus in Veneto, così impetuosa nell’ultimo mese, fosse l’ormai celebre variante Covid, la cosiddetta variante inglese perché isolata nel Regno Unito. Almeno secondo quanto ripete da tempo il governatore Luca Zaia, nettamente smentito dal direttore di Microbiologia dell’Università di Padova Andrea Crisanti: «Dubito che possa essere la variante inglese la causa del disastro», dice il microbiologo in un’intervista a la Repubblica.
Il professore di Microbiologia all’Università di Padova appare convinto: «Ho visto il documento dell’istituto zooprofilattico, datato 24 dicembre. Primo: la variante inglese non è stata veramente trovata. Secondo: per dire che una variante genetica del virus sta provocando un’incidenza così alta – attualmente, in Veneto si trovano 927 positivi ogni 100 mila abitanti – e quel numero di malati devi dimostrare che è maggioritaria rispetto alle altre. I casi studiati nel report sono pochi per fare questa deduzione. È come se in Sicilia trovi un ragazzo biondo e ne deduci che tutti i siciliani sono biondi».
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24 mutazioni del genoma rispetto al ceppo di Wuhan
Crisanti ricorda che la variante inglese si distingue per 24 mutazioni del genoma rispetto al ceppo di Wuhan. E, a supporto del suo scetticismo, afferma che «l’istituto zooprofilattico ha sequenziato il genoma rilevato su 26 tamponi. In nessun caso ce n’è uno uguale al 100% a quello inglese. Alcuni pezzetti corrispondono, ma non nella loro interezza». Insomma, mutazioni simili, ma non uguali. Soprattutto, il professore sottolinea che seppur fossero stati individuati alcuni casi di variante, «due o tre casi statisticamente non spiegano dati epidemiologici così drammatici. In Inghilterra, la percentuale di contagiati dalla variante è passata dal 10 all’80% nell’arco di un mese».
L’incidenza dei tamponi rapidi
Anche le due varianti autoctone individuate in Veneto, «senza aver dimostrato che sono predominanti e hanno un vantaggio selettivo», non possono essere elevate a cause del boom di contagi nella regione. Piuttosto, Crisanti attribuisce ai «tamponi rapidi per testare il personale medico e delle Rsa» una delle ragioni della violenza di questa seconda ondata: «Tre volte su dieci danno un falso negativo». Un altro fattore determinante per il medico è «il fatto che il Veneto è rimasto sempre zona gialla», come il Lazio, ma senza il «livello accettabile di contact tracing e di test molecolari» della regione del Centro Italia.
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